A volte si fanno cose sceme, anzi correggo, io faccio cose sceme, perché secondo me non tutti le fanno.
Allora sempre io, perché è proprio di me che sto parlando, mi chiedo il perché delle cose sceme che faccio ma non trovo mai una risposta.
Allora mi do quella generica e rassicurante che (il farle) serve per imparare a non farle più. Cioè il riconoscere che sono sceme dovrebbe servire a non farle più, ecco lo scopo.
Certo sarebbe molto più facile capirlo prima, ma questo non è dato a tutti e comunque non a me.
E se una le ripete le cose sceme, non una sola volta ma tante?
Allora vuol dire che sono un po' dura e che mi ci vuole pazienza.
E se la pazienza non ce l'ho?
Allora è un casino e forse non c'è altra soluzione che continuare a fare le cose sceme e poi tirare la testa nel muro, dal che si capisce che una vita così non è mica facile.
La cosa buona, perché per fortuna un lato positivo c'è sempre, è che assieme a quelle sceme ne faccio di non sceme e soddisfacenti e forse il grado positivo di queste supera in lunghezza quelle di grado negativo, così che facendo una somma algebrica posso sempre contare su un certo avanzo positivo, che naturalmente conservo in una scatola per i giorni in cui non c'è compensazione. Capitano anche quelli.
Quindi forse alla fine è una questione di più e meno e non importa stare tanto a guardare cosa c'è sotto.
Altra domandina.
È possibile una vita fatta di soli segni più?
Uhm.
Forse no, non la mia e poi chi mi dice che non sarebbe noiosa. Come dire una vita senza passi falsi, senza scivoloni, senza cadute piccole e grandi.
Comunque non credo di dovermi preoccupare di tale assenza, presente o futura.
