Seduta su un divano azzurro coi cuscini gialli.
Su Marte.
Il buzzino pieno, il sonno negli occhi, il cellulare nelle zampe, vorrei poter dormire.
Ma forse sta male salutare il mondo e rinchiudersi sotto una copertina.
Però mi piacerebbe moltissimo.
Sono una talpa asociale.
Poco ma sicuro.
Ora vado.
Rimango qui seduta però.
Immobile.
Tuesday, December 25, 2012
Sunday, December 23, 2012
Natale.
Ecco il natale.
Il primo senza Foffo.
Non so ancora cosa voglia dire di preciso.
Solo che, mentre gli altri anni ero inquieta e imbizzita, ora ogni tanto, piuttosto spesso direi, piango.
Succede mentre cammino, su un ponte ad esempio. Mentre mangio. Mentre leggo. Mentre scrivo. Così, mentre non faccio nulla. Mentre penso a una parola.
Succede e basta.
Lo so, era un incubo e si sbizzellava e basta e so anche che ora sarei stata lì a pensare di non volerci andare, ma so anche che vorrei lui fosse ancora qui. Perché mi manca un pezzo. Quello che mi faceva imbizzire, boh, la controparte della mia forza probabilmente. Che ora deve alimentarsi e crescere da sola.
Mi sento un po' più sola e un po' più indifesa. Mi sento che manca qualcosa. Anche nella sua parte negativa, che non era affatto esigua.
Beh, è difficile capire tutto. Sì, è la cosa più difficile e per ora non ci provo nemmeno.
Piano piano capirò.
Beh, per chi non lo sapesse, Foffo era mio babbo.
Oggi c'era molta gente. Gli ultimi acquisti o le passeggiate libere prima delle feste.
C'era cielo grigio e un po' di pioggia e invece luce e tramonti spettacolari in altri luoghi, diversi da questo.
Spero che la vita sistemi tutto, perché ci riesce piuttosto bene quando noi non interveniamo.
Spero di rimanere tranquilla.
E di realizzare i miei sogni, anche se a tratti non so bene quali siano e questo credo sia un problema, ma più o meno invece li so. In fondo sono sempre gli stessi.
Forse l'unica cosa che chiedo è di capirmi.
Di vivere bene il presente, il minuto, perché così saprò cosa fare quello seguente.
Di trovare la strada.
Di sapere cosa ci faccio qui.
Ora vado a cena, perché ho fame.
Che è già qualcosa.
Il primo senza Foffo.
Non so ancora cosa voglia dire di preciso.
Solo che, mentre gli altri anni ero inquieta e imbizzita, ora ogni tanto, piuttosto spesso direi, piango.
Succede mentre cammino, su un ponte ad esempio. Mentre mangio. Mentre leggo. Mentre scrivo. Così, mentre non faccio nulla. Mentre penso a una parola.
Succede e basta.
Lo so, era un incubo e si sbizzellava e basta e so anche che ora sarei stata lì a pensare di non volerci andare, ma so anche che vorrei lui fosse ancora qui. Perché mi manca un pezzo. Quello che mi faceva imbizzire, boh, la controparte della mia forza probabilmente. Che ora deve alimentarsi e crescere da sola.
Mi sento un po' più sola e un po' più indifesa. Mi sento che manca qualcosa. Anche nella sua parte negativa, che non era affatto esigua.
Beh, è difficile capire tutto. Sì, è la cosa più difficile e per ora non ci provo nemmeno.
Piano piano capirò.
Beh, per chi non lo sapesse, Foffo era mio babbo.
Oggi c'era molta gente. Gli ultimi acquisti o le passeggiate libere prima delle feste.
C'era cielo grigio e un po' di pioggia e invece luce e tramonti spettacolari in altri luoghi, diversi da questo.
Spero che la vita sistemi tutto, perché ci riesce piuttosto bene quando noi non interveniamo.
Spero di rimanere tranquilla.
E di realizzare i miei sogni, anche se a tratti non so bene quali siano e questo credo sia un problema, ma più o meno invece li so. In fondo sono sempre gli stessi.
Forse l'unica cosa che chiedo è di capirmi.
Di vivere bene il presente, il minuto, perché così saprò cosa fare quello seguente.
Di trovare la strada.
Di sapere cosa ci faccio qui.
Ora vado a cena, perché ho fame.
Che è già qualcosa.
Wednesday, November 7, 2012
Viva Obama!
Obama ha vinto.
Questo è un giorno felice.
Il suo discorso è fantastico, appassionato, pieno di umanità e emozione vera.
Viene voglia di trasferirsi negli Stati Uniti.
Anche se ora vivo in una casa vicina al cielo, piena di sole e di bellezza.
Ma oggi è un giorno felice, in qualunque parte del mondo si viva.
Questo è un giorno felice.
Il suo discorso è fantastico, appassionato, pieno di umanità e emozione vera.
Viene voglia di trasferirsi negli Stati Uniti.
Anche se ora vivo in una casa vicina al cielo, piena di sole e di bellezza.
Ma oggi è un giorno felice, in qualunque parte del mondo si viva.
Monday, March 19, 2012
Talpa insopportabile.
Ora è scomparso. Da Google. Lo splinder talpablog. Non esiste più da nessuna parte.
Sono nervosa. In questi giorni sono nervosa con me stessa e quindi con tutti. Vorrei tutti fuori dalle scatole. Non che abbia molte persone fra i piedi, ma anche quegli accenni di contatto mi snervano. Sono insopportabile.
Perché? Non lo so.
Forse perché le nuvole corrono in un cielo denso e popolato e io trovo difficile trovarne una che porti anche me.
Saturday, March 3, 2012
Non sono una novellina.
Io non sono una novellina.
Che nessuno pensi questo.
Non sono l'ultima arrivata in fatto di blog.
Sì, ci tengo a dirlo e anche parecchio.
Sono solo un po' sbadata e quindi spesso perdo tutti i lavori fatti.
Generalmente si perdono i lavori che sono nel proprio computer, quando loro si stancano di lavorare e ci abbandonano. Nel passaggio da un computer all'altro, sono solita perdere tutto quel che c'è dentro e ricominciare da zero. Nuovo computer, nuovo mondo. Potrebbe sembrare interessante, ma non lo è. Ogni volta si abbatte il ponte di collegamento.
La roba online non si dovrebbe perdere. Il mondo del web, per quanto intangibile, dovrebbe dare più sicurezza riguardo a mantenimento e conservazione. Ma non è così. Io riesco a perdere anche ciò che affido all'immenso mondo del web.
Così ho perso tutto il mio blog precedente. Stesso titolo, ma indirizzo diverso. 872 post o giù di lì. Anni di pensieri scritti.
Quando lo cerco su google, esiste ancora. Ma poi ci clicco e non viene fuori niente. E' rimasta una scatola vuota, che mi dà l'illusione che esista ancora, ma è solo un'illusione, appunto. Ammesso che da qualche parte continui ad esistere, è inaccessibile.
Lo so, il signor splinder aveva avvertito. E io avevo perfino seguito le sue accurate istruzioni. Quel che non avevo capito è che tutti i post così salvati andassero subito riversati in un'altra comunità. Credevo potessero rimanere parcheggiati in quel magazzino, in quella zona neutra, per un tempo indefinito. Credevo fosse come quando depositi tutto il mobilio in una specie di garage finché non hai voglia di cercarti un nuovo appartamento in cui ripiazzarli.
Ma quel magazzino li ha inghiottiti. Si è volatilizzato assieme al suo contenuto. Prezioso per me. Tutti i miei post.
Quando vedo i titoli su google, le lacrime fanno capolino nei miei occhi.
E anche qui ne avevo aperto uno.
Quindi questo è il terzo. Il continuo di quello perduto.
Non so se sia una buona idea. Forse avrei dovuto cambiare tutto. Titolo, contenuti, forse non dovrei proseguire sulla strada di qualcosa che è andato perduto per sempre.
Ma di questo non sono sicura. Se ho agito così, un motivo ci sarà.
All'inizio scrivevo moltissimo sul mio blog, scrivevo addirittura su tutti e due contemporaneamente. Non stavo bene quando non ci scrivevo. Era importantissimo per me. Poi ho iniziato a diradare, forse anche perché tante cose sono cambiate nella mia vita. E così, verso la fine, o forse un po' più che la fine, negli ultimi due o tre anni, ci ho scritto pochissimo.
Forse è anche per questo che è andato perduto, perché le cose non accadono mai per caso.
Però, appena mi sono accorta che era sparito, ho sentito il bisogno di riaprirne uno velocemente e gli ho dato lo stesso titolo.
Non è un ponte con l'altro, perché affonderebbe da un lato, visto che di là non c'è più nulla. Ma è una nuova isola. Non so che tipo di isola, non ne conosco il paesaggio.
Ma se ho sentito il bisogno di riaprirne subito uno, vuol dire che forse il blog per me è importante, anche se non ci scrivevo più.
Sì, credo che lo sia, importante.
Credo sia per questo che sono qui, di nuovo.
Saturday, February 18, 2012
Questo penso.
L'odore della pizza, per la talpa, che poi sarei io, è delizioso. Inebriante.
Gradito anche quando non ha fame.
Stasera ho aperto il portone, perché per rientrare in casa è un'operazione necessaria.
E lui era lì. L'odore della pizza. Talmente intenso da riuscire a visualizzare pizze fluttuanti nell'aria.
Ho preso l'ascensore. Lui era lì dentro, ancora più forte perché si era appiccicato alle pareti in quell'ambiente così minuscolo.
Sono arrivata al mio piano. Uscendo dall'ascensore, non so perché, ero sicura di lasciarmelo alle spalle, non senza dispiacere.
Invece no. Anche lui, il delizioso profumo e loro, le pizze, erano giunte fino al mio piano, che poi è l'ultimo.
Ma l'odore e le pizze a quel punto si erano infilati, senza ombra di dubbio, nella porta accanto alla mia.
Ho aperto la mia, sono entrata, ho richiuso e è finito tutto.
Dovrebbero proibire di mangiare la pizza senza invitare i vicini.
Questo penso.
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