Un certo senso di inadeguatezza mi assale quando cerco di usare le parole per raccontare qualcosa. Problemino non da poco per una che vorrebbe sentirsi una scrittrice.
E quali altri modi si possono usare per raccontare? Beh, ce ne sono di più efficaci. Il corpo quando tace lo è molto di più.
Basta pensare a uno sguardo, una smorfia, un gesto e, infine, una danza.
Le parole spogliano dei costituenti più importanti.
Wilde diceva con i suoi modi meravigliosi che raccontare la realtà così com'è non sa di nulla. Per allietare qualcuno con un racconto bisogna inventare.
Raccontare bugie diventa così una gran cosa.
Per come la sento io la pecca non sta nella realtà, perché come si fa a dire che un tramonto non sa di nulla? Tutta la frustrazione va a cadere in quel baratro che si forma fra quel che uno sente, vivendo un'esperienza e quel che si riesce a restituire quando si pretende di volerla raccontare. Quel baratro può essere può o meno largo e profondo, ma c'è.
A volte, mentre parlo, mi colpisce la banalità del mio racconto, rispetto alle emozioni provate e sento come se i veri tesori, quelli che le esperienze, anche minuscole, ti lasciano dentro, non volessero lasciarsi violare.
Quello che vorrei trasmettere rimane dentro. E mentre mi rendo conto del divario, non riesco a fare niente per colmarlo e anzi, se a quel punto cercassi di animarmi, di metterci più energia, farei solo peggio, perché non farei che dare volume proprio a quella parte che mi pare insulsa mentre quella importante continuerebbe a starsene rinchiusa, imperturbata.
L'esperienza, quella vera, mi guarda beffarda, sorridendo dei miei goffi tentativi di raccontarla.
Così stanno le cose.
Ecco perché la realtà bisognerebbe inventarla, perché forse la porzione irreale riuscirebbe a rendere un po' di giustizia all'emozione provata nella piccolezza.
Tutto questo se da un lato è frustrante, da un altro può essere magnifico.
Perché che le parole non bastino a raccontare quel che un cuore sente, vede e prova non è cosa da poco.
E diciamo che il contrario sarebbe terribile.
Tutto queste ciarle potrebbero sembrare una giustificazione con me stessa per avere più o meno abbandonato questo blog, ma non lo è.
Quanto al resto, se la soluzione stia nel mutismo non lo so, anche se tutto porterebbe a crederlo.
Intanto continuiamo a vivere e a provare emozioni, che se poi uno non può raccontarle non è forse così importante.
E quali altri modi si possono usare per raccontare? Beh, ce ne sono di più efficaci. Il corpo quando tace lo è molto di più.
Basta pensare a uno sguardo, una smorfia, un gesto e, infine, una danza.
Le parole spogliano dei costituenti più importanti.
Wilde diceva con i suoi modi meravigliosi che raccontare la realtà così com'è non sa di nulla. Per allietare qualcuno con un racconto bisogna inventare.
Raccontare bugie diventa così una gran cosa.
Per come la sento io la pecca non sta nella realtà, perché come si fa a dire che un tramonto non sa di nulla? Tutta la frustrazione va a cadere in quel baratro che si forma fra quel che uno sente, vivendo un'esperienza e quel che si riesce a restituire quando si pretende di volerla raccontare. Quel baratro può essere può o meno largo e profondo, ma c'è.
A volte, mentre parlo, mi colpisce la banalità del mio racconto, rispetto alle emozioni provate e sento come se i veri tesori, quelli che le esperienze, anche minuscole, ti lasciano dentro, non volessero lasciarsi violare.
Quello che vorrei trasmettere rimane dentro. E mentre mi rendo conto del divario, non riesco a fare niente per colmarlo e anzi, se a quel punto cercassi di animarmi, di metterci più energia, farei solo peggio, perché non farei che dare volume proprio a quella parte che mi pare insulsa mentre quella importante continuerebbe a starsene rinchiusa, imperturbata.
L'esperienza, quella vera, mi guarda beffarda, sorridendo dei miei goffi tentativi di raccontarla.
Così stanno le cose.
Ecco perché la realtà bisognerebbe inventarla, perché forse la porzione irreale riuscirebbe a rendere un po' di giustizia all'emozione provata nella piccolezza.
Tutto questo se da un lato è frustrante, da un altro può essere magnifico.
Perché che le parole non bastino a raccontare quel che un cuore sente, vede e prova non è cosa da poco.
E diciamo che il contrario sarebbe terribile.
Tutto queste ciarle potrebbero sembrare una giustificazione con me stessa per avere più o meno abbandonato questo blog, ma non lo è.
Quanto al resto, se la soluzione stia nel mutismo non lo so, anche se tutto porterebbe a crederlo.
Intanto continuiamo a vivere e a provare emozioni, che se poi uno non può raccontarle non è forse così importante.
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