Sunday, October 27, 2013

I miei libri.

Sono una talpa, è vero.
E cosa vuol dire essere una talpa? Beh, in realtà non lo so bene neppure io. Quando tutta questa storia della talpa è partita era solo un gioco, poi è passata ad essere una storia di amicizia e identificazione in un gruppo, poi ad essere addirittura un tatuaggio.
Sì, ho una talpa tatuata sulla scapola destra, con la quale ho un'amicizia molto intima.
Ma noi cambiamo, il mondo cambia e anche le talpe tatuate che ci accompagnano assumono altri significati o forse assumono quelli a cui era predestinate. 
Sono una a cui piace vivere nella buca. Che non vuol dire non amare la luce. Abito al quarto piano di una casa piena di finestre e cerco case luminose, non buie, amo vivere di giorno e dormire di notte. Quando la sera cala, anche le mie palpebre si sentono di dover fare lo stesso. Da quando sono nata, pare abbia sempre seguito i ritmi del giorno e della notte come se facessero intimamente parte di me. Ma mi piace stare nella tana, che non significa buio, ma stare per conto mio, spesso in silenzio e fare le mie cose senza tanto disturbo. 
A conferma di tutto questo c'è un fatto. Qualche mese fa, circa tre, a un corso di teatro mi è stato chiesto di scegliere un animale, perché trasformarsi in un altro essere è un lavoro dell'anima e una cosa che gli attori fanno per ampliare gli orizzonti interpretativi e non. Almeno credo. Io non sono un'attrice, ma questo poco importa. Quel che importa è che d'istinto ho scelto l'orso. 
Insomma, talpe orsi, è chiaro no?
Ora, tutto questo sarebbe di scarso interesse perfino per me, se non fosse che il tutto è in netto contrasto con quello che ho scelto di fare nella vita, da sempre, che è il contrario dello stare nell'ombra, di una buca o di una grotta.
Non lavoro nei sotterranei del mondo, non nel caveau della Gringott Bank, non nei cunicoli di una miniera, non con gli gnomi in un bosco, anche se questo forse mi piacerebbe, insomma, nulla di tutto questo. Ce l'avevo, anzi, un lavoro in cui si può passare piuttosto inosservati, tanto più che si indossa una divisa, che è un camice bianco. Possiamo desiderare qualcosa di più uniforme? No. La gente mi chiamava dottoressa, nello stesso modo in cui era chiamata la mia collega o il mio collega, lui dottore ovviamente. E la sapete una cosa? Ora penso che lo sapessi anche fare quel lavoro, lo avevo imparato. E c'erano anche tante cose che avevo iniziato a trovare piacevoli. Ero una farmacista. Quando andavo a casa non dovevo pensare a nulla, e il lavoro si trovava piuttosto facilmente. Allora quale era il problema? Che non era il mio e io, a un certo punto della mia vita, ho deciso che volevo fare ciò che mi piaceva e scoprire per quale motivo fossi qui, su questo pianeta e una cosa la sapevo di sicuro: che non era stare in un negozio con un camice a fare la dottoressa. No. Non c'era nulla di me, di vero, che potessi mettere dentro a quel lavoro. E allora ho mollato tutto.
Sono una danzatrice, perché quella è una roba in cui mi sento vera e viva. Poi sono una pittrice, perché quando dipingo mi dimentico del mondo che c'è fuori e potrei anche smettere di mangiare e sono una scrittrice. E questo è il vero motivo di questo post, a cui arrivo in fondo, proprio perché sono una talpa. Se non lo fossi avrei aperto dicendo 'Ehi voi, lo sapete che sono una scrittrice?'.
Scrivo perché mi piace, per mettermi alla prova e perché questo è il momento per superare me stessa e attraverso la scrittura posso farlo. Perché scoprirò nuove porzioni di mondo. Perché so che deve essere così.
Ieri una mia amica mi ha detto che dovrei organizzare incontri per fare sapere al globo che scrivo e leggere porzioni dei miei libri e insomma tutta quella roba di marketing con cui pare ci si debba confrontare. Non so se ne sarò capace, ma so che quel che devo fare è riconoscere onore e gloria al fatto stesso che scrivo, ai due libri che ho creato, agli altri che creerò, al fatto che già avere fra le mani un'attività che mi permette di crescere è una fortuna e se con i miei libri poi, riuscirò a dare piacere anche a una sola persona nel mondo, allora potrò essere felice. Perché lo scopo della vita deve essere avere e dare piacere e forse riuscirò a trovare una strada perché questo accada. Sempre consapevole del fatto che quel che conta è il percorso, non il punto di arrivo. Non c'è altro momento che il presente.
Il mio presente è che i miei camici sono piegati e riposti in cima a un armadio, il mio cavalletto è pieno di tele dipinte e da dipingere, le mie zampe battono sulla tastiera e i miei primi due libri esistono. Sono qui, nella colonna destra accanto.
Perché essere una talpa non vuol dire non avere voglia di dire delle cose.
 

Thursday, September 12, 2013

Accade che.

La talpa prenda un cappuccino (nulla di nuovo) in un bar, col sole che le scalda le spalle e anche se è bello e tutto quanto ne farebbe anche a meno, perché fa un caldo bestia.
Accade però che se ti piazzi nel tavolino vicino alle grate che buttano fuori aria fredda, se ti gocciola il naso si trasforma in una stalattite, o forse è una stalagmite quella che arriva dall'alto. Insomma ti trasformi in un pinguino. Quindi questo posto non è termoregolato, ma ciò non toglie nulla alla sua bellezza né al piacere di un cappuccio sul tavolo, assieme al mio computer e la sempre fantastica e ancora presente connessione wifi, che è una di quelle cose talmente apprezzate che arrivo sempre qui pensando di non trovarla più e credo che continuerò a pensarlo per il resto dei miei giorni, per quel viziaccio malefico di credere che le cose belle prima o poi svaniscono come neve al sole.
Non so dire se ritroverò il piacere di avere un blog. Un tempo era parte di me. Ora non lo so più.
Qui dentro c'è anche della musica, a volte piacevole e a volte molesta, ma io volendo ho gli auricolari nelle orecchie e se mi sfavollo metto in moto la mia e tanti saluti al mondo fuori.
Una ragazza e un ragazzo ciarlano nel tavolo accanto al mio e non si chetano un istante, ma hanno delle faccette simpatiche.
Il motivo per cui mi porto il computer dietro non è quello di divertirmi con il wifi ma di lavorare e quindi mi sa che ora mollo.
Ma è stato un gran piacere.


Tuesday, September 10, 2013

Il wifi free.

Dunque.
Ho appena scoperto che c'è il wifi dappertutto.
Ora, io nella mia tana ce l'ho, quindi non dovrebbe avere questo effetto sconvolgente su di me.
E invece ce l'ha.
Connettersi liberamente dove prima non si poteva non è mica come una cosa che a casa tua puoi fare tranquillamente.
È come potere andare in bagno dappertutto senza dover prendere un cappuccino (sebbene questo per me non sia affatto un sacrificio), come cucinarsi un uovo al tegamino per strada, come andare in giro in mutande e maglietta, come bere un bicchiere di coca sprofondati sul divano coi piedi sul tavolino, come salire sugli alberi dove, fino a pochi giorni fa, di alberi non ce n'erano, come poter comprare una gassosa nel deserto del Sahara, come poter parlare a tu per tu con Paperino in persona (sarebbe la felicità più grossa della mia vita), come avere con sé la cesta dei giocattoli e poterla portare ovunque senza dover fare un grande sforzo, anzi punto, come sentire che siamo in mezzo a tutto ma proprio tutto e se non ne approfittiamo è solo perché non ne abbiamo voglia e non perché non possiamo, come sentire che l'aria è un po' più piena di tante cose che non si vedono ma ci sono e sono apparse all'improvviso e sono un regalo, come sentirsi più gioiosi perché 'la possibilità di' è davvero una gran cosa.
E quindi è proprio da questa possibilità che ora sto scrivendo e lasciatemelo dire, non ha lo stesso sapore che farlo a casa mia.

Monday, August 12, 2013

To'!

Il tostapane è l'oggetto più schietto con cui interagisco, di quando in quando.
Quando ti risputa fuori le fette tostate sembra ti dica:
“To', prenditi 'ste fette e vai!”
Con un pizzico di energia o irriverenza in più le lancerebbe direttamente sul pavimento. È solo per caso che rimangono sulla sua testa anziché essere espulse in aria per atterrare in giro chissà dove.
Era da un po' di tempo che non mi ritrovavo ad avere a che fare con lui, l'oggetto, il tostapane.
Lo trovo piuttosto simpatico.


Wednesday, August 7, 2013

Caldo estivo.

Dice faccia caldo. 
Pare faccia caldo. 
Nella casina in cima al cielo alberga il caldo d'estate e il freddo d'inverno, come del resto è giusto che sia. 
Io non presto attenzione né all'uno né all'altro. 
Distesa sul divano, l'unica cosa che riesco a percepire è il venticello che entra dalle finestre e mi accarezza la pelle e mi fa sentire divinamente. 
Ogni tanto un aereo passa tra le stelle che però non sembrano esserne disturbate. 
Ieri ero al mare ma contrariamente alle mie attitudini solite (io amo moltissimo il mare), a un certo punto, mentre ero lì, distesa sulla sabbia, ho sentito il bisogno di venire via. E così ho fatto. 
Poi ho preso il treno e sono tornata nella casina in cima al cielo, che mi aspettava. 
Volevo scrivere. 
Tutto qui. 


Monday, June 10, 2013

Osservo.

Che le coccinelle sono coraggiose. 

Caro vita.

Ho scoperto che un verme costa un euro. Quasi quanto un cappuccino. Non sapevo fossero animali così cari.