Non è un caso che all'inizio di questo post il talpapod abbia proposto una canzone che si intitola Hero, però lui dice I don't wanna be a hero. Non c'è pericolo. Umpf!
Dunque.
Ho bevuto tanta di quell'acqua ( se questo non smette di ripetermi che non vuole essere un eroe lancio il talpapod fuori dalla finestra). Dicevo che ho bevuto tanta di quell'acqua che mi esce dalle orecchie, dal naso, dagli occhi e anche dalla bocca, se la apro.
Inoltre mi fa male la gola.
Inoltre dovrei lavorare e invece andrei a letto. Ora, subito.
Ma non riuscirei a dormire perché ho una sete del diavolo e non capisco perché visto che ho prosciugato il mare.
(Quella stupida canzone è finita, finalmente).
Per il mio ritorno sulla tavola ho scelto la giornata più ventosa della stagione. Da quando sono qui, un vento così non l'avevo mai visto.
Bene, fortunata! Direbbe ogni surfista che si rispetti.
Già.
Ma fosse stato solo il vento. C'erano onde talmente alte che le mie gite a Fuerte Ventura su quegli oceani impetuosi erano niente in confronto.
Mi sono svegliata terrorizzata per la prova e ancora non avevo visto le condizioni, di cui mi sono resa conto solo una volta messa la zampa su quella spiaggia. Stavo già per fare dietro front e rinfilarmi nella rassicurante pineta, quando ho sentito pronunciare il mio nome.
Talpa?
Ho seguito la direzione della voce e non poteva che essere uscita da quel popo' di ragazzotto superabbronzato che stava davanti a una porta.
Gulp! Costui pronuncia il mio nome. Terrore sparito. Le onde? Che volete che siano per una talpa. Il vento? Lo mangio a colazione. Pfui! A me una tavola e una vela sette, anche otto può andare.
Eccomi, sono io sì, la talpa.
Io e il discretone siamo andati a sederci su due seggioline dove lui faceva domande, come fosse stato un medico che interroga sui sintomi per potersi esprimere sulla diagnosi con certezza quasi matematica.
Ma il suo responso invece non aveva nulla di certo e soprattutto niente di rassicurante.
Le condizioni sono difficili, tu fossi una principiante ti direi di no, ma se mi dici che sei andata varie volte, allora si può provare, però lo devi decidere tu. Non è un giorno in cui si può lavorare di fino però puoi imparare molto oggi, ma sarà una cosa più tua però, sarai un po' la tua maestra e bla bla bla.
Mi stava dicendo che era una giornata di merda, per farla breve.
Che vuoi fare allora? Ti va di provare o preferisci fare un altro giorno?
Uhm...una talpa, anche se è imbranata, non rinuncia. Non ho trascorso una mattinata nel panico, non mi sono preparata psicologicamente e fisicamente, non sono venuta venuta qui partendo due ore prima, perdendomi e arrivando quasi tardi, per rinunciare.
Proviamo, sarò sempre in acqua, ma almeno avrò provato.
Tutto quel che fai oggi è importante.
Tradotto, non riuscirai a fare niente con questo tempo, è già tanto se riesci a salire sulla tavola.
Quanti litri erano le tavole che hai usato?
Boh.
La deriva su o giù?
A volte su e a volte giù (per non dire un altro boh)
Oggi però si plana. Hai mai planato?
Se è successo non me ne sono accorta.
Impossibile, quando si plana ti diverti moltissimo.
Uhm...
Va detto che sul concetto di divertimento mi turbo sempre parecchio. Il massimo divertimento per questo sport è andare con cento nodi, come pazzi, onde o non onde. Il massimo divertimento per me è avere un venticello giusto che mi gonfia la vela e mi fa andare, con un mare senza onde, solo qualche dolce ondina ogni tanto, il mare che brilla senza schiuma e i gabbiani che mi parlano. Questo è il wind surf che piace a me e infatti non è wind surf, farei meglio a prendere un pedalò.
Quando ci sono le condizioni ideali, quelle in cui dovrei planare e divertirmi, io sto con le mani talmente strette sul boma che mi viene un male cane agli avambracci, e l'unica cosa che riesco a ripetermi nella testa è 'non cadere, non cadere, non cadere' o anche 'respira, respira, respira' e non credo che l'espressione del mio viso sia di una che si sta divertendo come una pazza.
Comunque, con una tavola larga quanto il tavolo che ho in cucina e una vela 4.5 entriamo in acqua. Io, pantaloncini, licra a maniche lunghe e giubbotto. Lui, pantaloncini più aderenti dei miei, torso nudo e occhiali da sole scuri. Tutti gli insegnanti di wind surf maschi entrano in acqua con gli occhiali da sole per farti subito capire che loro, al contrario di te, non saranno sempre ad annaspare in acqua.
Salgo sulla tavola con una certa sicurezza perché non potevo fare subito una figuretta davanti al discretone.
Sei salita benissimo. Dice.
Talpa gongolante.
Tiro a me la vela, ci riesco, mi sento un portento, do uno strattone per partire e volo in acqua.
Splut.
Il primo di una lunga serie.
La cronaca della mia prima surfata sarebbe piuttosto ripetitiva e deprimente.
Però.
Sono partita quattro volte facendo quattro bordi.
Non sono mai riuscita a virare e tornare indietro.
Inoltre.
Alla prima caduta in acqua boccheggiavo, non solo per l'acqua bevuta, ma perché avevo dimenticato che appena entro in acqua, salgo sulla tavola e cado (perché la sequenza è sempre questa) le mie energie si esauriscono in un istante, come quando il cellulare ha il cento per cento di carica e improvvisamente va a zero e si spegne. Con la differenza che io non posso spegnermi e che dopo un'ora, quando lui mi chiedeva se ero stanca io rispondevo sempre 'per niente', anche se dal primo minuto stavo attingendo a una presa della corrente che non c'era.
La stanchezza è un fatto psicologico, diceva una mia insegnante di danza. Lei mi sa che non aveva mai surfato. E la mia non è stanchezza, è qualcosa di molto peggio. Come ho detto, è la barra dell'energia che precipita senza motivo.
Alla fine, quando io volevo riprovare per portare a casa almeno un'andata e ritorno con virata, il mare ha alzato le onde di un mezzo metro buono e lui, il discretone, non vedeva l'ora che mi arrendessi.
A un certo punto ha anche detto che aveva un problema a un tendine del braccio.
Non ho più muscolo, vedi? Ha detto.
Io ho guardato e non sono riuscita a vedere niente che non andasse nel suo muscolo.
Subito dopo, gli sono franata addosso.
Quando sono riemersa, splut, gli ho chiesto, mica ti ho rotto un altro tendine, splut?
Con un sorriso un po' tirato ha detto di no.
È un fissato sulla sicurezza e ha paura che ci si faccia male, quindi a tratti più che un corso di wund surf sembra un corso di pronto soccorso in acqua.
Io sono troppo impegnata a cercare di stare sulla tavola per pensare a come cadere. Inoltre, quando cado non capisco nemmeno come mi chiamo, figuriamoci come devo stare. E comunque gli ho detto di non starmi dietro se non voleva che gli franassi addosso.
Il discretone, va detto, ha perso un po' di punti quando ha cominciato a confrontare la mia prova di oggi a una partita di calcio.
È stato come un pareggio fuori casa, ha detto.
Però ora non valgono perché ci sono i tre punti (non ho idea di cosa siano 'sti tre punti), quindi dice che doveva essere un pareggio fuori casa però di coppa per essere contenti.
Lì ho capito che era tempo di uscire dall'acqua e salutarlo.
Ma ci rivedremo, con questo discretone poco polveroso e con gli occhiali da sole.
Perché la talpa, anche se è imbranata, non molla.
Dunque.
Ho bevuto tanta di quell'acqua ( se questo non smette di ripetermi che non vuole essere un eroe lancio il talpapod fuori dalla finestra). Dicevo che ho bevuto tanta di quell'acqua che mi esce dalle orecchie, dal naso, dagli occhi e anche dalla bocca, se la apro.
Inoltre mi fa male la gola.
Inoltre dovrei lavorare e invece andrei a letto. Ora, subito.
Ma non riuscirei a dormire perché ho una sete del diavolo e non capisco perché visto che ho prosciugato il mare.
(Quella stupida canzone è finita, finalmente).
Per il mio ritorno sulla tavola ho scelto la giornata più ventosa della stagione. Da quando sono qui, un vento così non l'avevo mai visto.
Bene, fortunata! Direbbe ogni surfista che si rispetti.
Già.
Ma fosse stato solo il vento. C'erano onde talmente alte che le mie gite a Fuerte Ventura su quegli oceani impetuosi erano niente in confronto.
Mi sono svegliata terrorizzata per la prova e ancora non avevo visto le condizioni, di cui mi sono resa conto solo una volta messa la zampa su quella spiaggia. Stavo già per fare dietro front e rinfilarmi nella rassicurante pineta, quando ho sentito pronunciare il mio nome.
Talpa?
Ho seguito la direzione della voce e non poteva che essere uscita da quel popo' di ragazzotto superabbronzato che stava davanti a una porta.
Gulp! Costui pronuncia il mio nome. Terrore sparito. Le onde? Che volete che siano per una talpa. Il vento? Lo mangio a colazione. Pfui! A me una tavola e una vela sette, anche otto può andare.
Eccomi, sono io sì, la talpa.
Io e il discretone siamo andati a sederci su due seggioline dove lui faceva domande, come fosse stato un medico che interroga sui sintomi per potersi esprimere sulla diagnosi con certezza quasi matematica.
Ma il suo responso invece non aveva nulla di certo e soprattutto niente di rassicurante.
Le condizioni sono difficili, tu fossi una principiante ti direi di no, ma se mi dici che sei andata varie volte, allora si può provare, però lo devi decidere tu. Non è un giorno in cui si può lavorare di fino però puoi imparare molto oggi, ma sarà una cosa più tua però, sarai un po' la tua maestra e bla bla bla.
Mi stava dicendo che era una giornata di merda, per farla breve.
Che vuoi fare allora? Ti va di provare o preferisci fare un altro giorno?
Uhm...una talpa, anche se è imbranata, non rinuncia. Non ho trascorso una mattinata nel panico, non mi sono preparata psicologicamente e fisicamente, non sono venuta venuta qui partendo due ore prima, perdendomi e arrivando quasi tardi, per rinunciare.
Proviamo, sarò sempre in acqua, ma almeno avrò provato.
Tutto quel che fai oggi è importante.
Tradotto, non riuscirai a fare niente con questo tempo, è già tanto se riesci a salire sulla tavola.
Quanti litri erano le tavole che hai usato?
Boh.
La deriva su o giù?
A volte su e a volte giù (per non dire un altro boh)
Oggi però si plana. Hai mai planato?
Se è successo non me ne sono accorta.
Impossibile, quando si plana ti diverti moltissimo.
Uhm...
Va detto che sul concetto di divertimento mi turbo sempre parecchio. Il massimo divertimento per questo sport è andare con cento nodi, come pazzi, onde o non onde. Il massimo divertimento per me è avere un venticello giusto che mi gonfia la vela e mi fa andare, con un mare senza onde, solo qualche dolce ondina ogni tanto, il mare che brilla senza schiuma e i gabbiani che mi parlano. Questo è il wind surf che piace a me e infatti non è wind surf, farei meglio a prendere un pedalò.
Quando ci sono le condizioni ideali, quelle in cui dovrei planare e divertirmi, io sto con le mani talmente strette sul boma che mi viene un male cane agli avambracci, e l'unica cosa che riesco a ripetermi nella testa è 'non cadere, non cadere, non cadere' o anche 'respira, respira, respira' e non credo che l'espressione del mio viso sia di una che si sta divertendo come una pazza.
Comunque, con una tavola larga quanto il tavolo che ho in cucina e una vela 4.5 entriamo in acqua. Io, pantaloncini, licra a maniche lunghe e giubbotto. Lui, pantaloncini più aderenti dei miei, torso nudo e occhiali da sole scuri. Tutti gli insegnanti di wind surf maschi entrano in acqua con gli occhiali da sole per farti subito capire che loro, al contrario di te, non saranno sempre ad annaspare in acqua.
Salgo sulla tavola con una certa sicurezza perché non potevo fare subito una figuretta davanti al discretone.
Sei salita benissimo. Dice.
Talpa gongolante.
Tiro a me la vela, ci riesco, mi sento un portento, do uno strattone per partire e volo in acqua.
Splut.
Il primo di una lunga serie.
La cronaca della mia prima surfata sarebbe piuttosto ripetitiva e deprimente.
Però.
Sono partita quattro volte facendo quattro bordi.
Non sono mai riuscita a virare e tornare indietro.
Inoltre.
Alla prima caduta in acqua boccheggiavo, non solo per l'acqua bevuta, ma perché avevo dimenticato che appena entro in acqua, salgo sulla tavola e cado (perché la sequenza è sempre questa) le mie energie si esauriscono in un istante, come quando il cellulare ha il cento per cento di carica e improvvisamente va a zero e si spegne. Con la differenza che io non posso spegnermi e che dopo un'ora, quando lui mi chiedeva se ero stanca io rispondevo sempre 'per niente', anche se dal primo minuto stavo attingendo a una presa della corrente che non c'era.
La stanchezza è un fatto psicologico, diceva una mia insegnante di danza. Lei mi sa che non aveva mai surfato. E la mia non è stanchezza, è qualcosa di molto peggio. Come ho detto, è la barra dell'energia che precipita senza motivo.
Alla fine, quando io volevo riprovare per portare a casa almeno un'andata e ritorno con virata, il mare ha alzato le onde di un mezzo metro buono e lui, il discretone, non vedeva l'ora che mi arrendessi.
A un certo punto ha anche detto che aveva un problema a un tendine del braccio.
Non ho più muscolo, vedi? Ha detto.
Io ho guardato e non sono riuscita a vedere niente che non andasse nel suo muscolo.
Subito dopo, gli sono franata addosso.
Quando sono riemersa, splut, gli ho chiesto, mica ti ho rotto un altro tendine, splut?
Con un sorriso un po' tirato ha detto di no.
È un fissato sulla sicurezza e ha paura che ci si faccia male, quindi a tratti più che un corso di wund surf sembra un corso di pronto soccorso in acqua.
Io sono troppo impegnata a cercare di stare sulla tavola per pensare a come cadere. Inoltre, quando cado non capisco nemmeno come mi chiamo, figuriamoci come devo stare. E comunque gli ho detto di non starmi dietro se non voleva che gli franassi addosso.
Il discretone, va detto, ha perso un po' di punti quando ha cominciato a confrontare la mia prova di oggi a una partita di calcio.
È stato come un pareggio fuori casa, ha detto.
Però ora non valgono perché ci sono i tre punti (non ho idea di cosa siano 'sti tre punti), quindi dice che doveva essere un pareggio fuori casa però di coppa per essere contenti.
Lì ho capito che era tempo di uscire dall'acqua e salutarlo.
Ma ci rivedremo, con questo discretone poco polveroso e con gli occhiali da sole.
Perché la talpa, anche se è imbranata, non molla.
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