Sunday, December 28, 2014

Il ritorno.

Poi accade che decidi di tornare alla normalità.
Dopo il viaggio interplanetario e dopo un giorno intero trascorso nell'abbrutimento, che lì per lì, nel ciondolare in pigiama, mentre fuori il cielo prima è solo grigio e poi decide di riversare sulla testa di tutti tonnellate di acqua, che anche se è vita, è pur sempre umida e se sei nell'abbrutimento, non la vuoi, insomma lì per lì ti sembra che tutto questo niente è proprio quel che serve per riprendersi. E forse per un giorno è anche vero.
Poi il giorno dopo, che è oggi, ti scuoti.
Fai una colazione megagalattica, scrivi alcune pagine di quaderno perché a volte lo fai, ascolti la musica, ma quella non è proprio una novità, lavi tazze e annessi serviti per la colazione, ti vesti e esci, senza porre tempo in mezzo.
Arrivi qui, nel bar preferito per scrivere, perché non sei uscita solo per passeggiare, ma con intenzioni addirittura operative e trovi perfino la connessione wifi funzionante, cosa rara qui, perché il mondo aiuta gli audaci.
E capisci che sei felice e che questa è la vita, con la elle e la vi maiuscole.
Perché prima di tornare nel mondo bisogna tornare a se stessi e questo sicuramente è uno degli innumerevoli modi per farlo.
Non dimentichiamo il cappuccino sul tavolo, ottimo.
Essere padrona di tempo e spazio.
Ricevere messaggi da un'amica che potrebbe insegnarmi le verticali ma decidere che per ora voglio stare al computer e scrivere.
Ma sia chiaro che andare sotto sopra in modo stabile è l'obiettivo principale del 2015. 
E sapere già che oggi a un certo punto mi infilerò in una lezione di yoga, proprio perché gli obiettivi del 2015 iniziano già nel 2014 in modo da arrivarci già in scivolata, come su una tavola da surf, una specie di rincorsa e anche per ricordare a me stessa che in fondo non esistono frontiere tra un anno e l'altro.

Sunday, December 14, 2014

La magia nell'aria.

Ci sono giorni in cui la respiri, la magia nell'aria, quella che già c'è, perché c'è e quella che qualcuno riesce a creare e allora ti si appiccica addosso. Almeno un po'.
Ieri sono andata a un concerto.
Avevo cercato i biglietti giorni addietro.
Anzi non è andata neppure così. 
Ero andata in biglietteria per ben due volte per un altro spettacolo, ma tutto mi diceva che non dovevo vederlo e poi mi hanno anche detto che era brutto, e allora meglio così. Uscendo dalla biglietteria avevo però visto di questo concerto e avevo deciso che dovevo vederlo. E così ero rientrata, convinta che trovare il biglietto per quello fosse cosa semplice.
Macché.
È tutto esaurito da mesi, mi avevano risposto.
Ieri sera però ho deciso ugualmente di recarmi a teatro, nella speranza che qualcuno rivendesse il proprio perché avesse trovato di meglio da fare.
Arrivo davanti alla biglietteria, mi guardo intorno e non vedo nessuno con un biglietto in mano, allora entro con sguardo speranzoso e chiedo al ragazzo 'C'è niente per me? Me ne serve solo uno!'
Il suo sguardo diventa un po' furbo e malizioso. Si rivolge alla sua collega e le chiede 'L'hai sbloccato?' e lei risponde di sì.
«Allora - dice lui, rivolto a me - se ne è sbloccato uno in questo momento, quarta fila posto 22. Che ne dici?»
Beh, non costava proprio pochissimo, ma si può essere taccagni con la fortuna? Assolutamente no.
«Lo prendo».
E da lì, mentre i miei vicini mormoravano di biglietti acquistati a settembre e io tacevo, ho assistito a una delle meraviglie più grandi della mia vita.
A parte il mio idolo, l'uomo che sprizza note dalle mani e dagli occhi e che mi incanta tutte le volte che lo vedo, a parte un'orchestra che adoro perché riesce a fare miracoli sotto la guida di lui e anche di altri. Ma poi c'era lei.
Alcuni dicono che gli artisti non siano altro che canali fra gli dei e l'opera che viene fuori. Lei non è solo un canale, lei è una Dea scesa in terra per creare musica.
Le hanno preparato una pedana di legno, con un tappeto persiano sopra, hanno acceso incenso che si è sparso per tutto il teatro, hanno messo un cuscino rosso e portato il suo strumento che solo a guardarlo incute timore e sacro rispetto.
Poi lei è entrata, vestita di un abito rosso e oro, a piedi nudi, facendo scomparire tutte le nostre orchestrali vestite di nero, perché a volte il colore e la rottura delle convenzioni mangia tutto il resto, e perché un'aura la accompagnava. 
Seduta in terra, con una gamba tutta ripiegata per tutto il tempo senza dare segni di scomodità, ha dominato tutto il palcoscenico, producendo luce e musica divina. Intorno a lei c'era un cerchio magico.
Ecco, dice che bisognerebbe sempre ispirarsi a qualcuno. Io è proprio a lei che vorrei ispirarmi. Lei, che se ne stava con gli occhi chiusi, rapita dalla musica sua e di tutti gli altri, il suo sitar parte di lei e l'armonia fra tutti, che sono sicura, non si sarebbe creata senza la sua energia.
Lo ridico, poche volte ho assistito a qualcosa di così grandioso.
Non so cosa si provi a sentirsi così parte della propria arte, riuscire a creare tanta bellezza seduti su un cuscino a gambe incrociate sprizzando oro, ma penso sia una sensazione meravigliosa.
E ho capito il motivo per cui ero lì e per cui alla fine ero riuscita a trovarlo, quel biglietto.
E allora oggi ho finito il mio quadro, quello del braccio e è il quadro più bello che abbia fatto fino ad ora.
Perché, appunto, la magia è contagiosa, e un po' ci rimane dentro.
Ci sono persone nel mondo a cui non si può fare altro che dire 'Grazie di esistere'.

Saturday, December 13, 2014

La non nutella.

Mi trovo in un luogo nuovo, che è un po' libreria, un po' caffè, un po' teatro. 
Sostanzialmente c'è molto legno e molti libri.
Pochi tavoli, di legno anche loro.
E fanno pane con cioccolata.
È uno di quei posti frequentato da alternativi intellettualoidi, quindi io c'entro poco e niente.
Ad esempio non posso fare a meno di ascoltare, perché ciarla accanto a me, uno che parla con un altro e gli ha detto 'ho letto il tuo libro, ci ho messo un po' per finirlo, ma l'ho letto tutto' e ora si sta arrampicando sugli specchi per fargli un'analisi dettagliata e compiaciuta di quel che ha letto, premurandosi di inserire anche alcune critiche costruttive qua e là perché dire va tutto bene e basta è cosa da non farsi. Lo scrittore lo ascolta con sguardo vago, non si capisce se si trovi d'accordo o se col suo libro volesse dire tutt'altro. Però questa scena mi ha ricordato il motivo per cui non mi passa neanche per l'anticamera del cervello di dare i miei libri agli amici, come molti mi suggeriscono di fare. Mai vorrei trovarmi davanti a qualcuno che si trovi costretto a fare una simile sudata per analizzare in maniera puntigliosa uno dei miei romanzi. Inoltre, non avrei nessuna voglia di starlo a sentire. 
Ma torniamo a noi.
In questo luogo i colori verde, beige e marrone per quanto riguarda il vestiario sono predominanti e lana e morbidezza sono la scelta preferita. La gente cammina con molta lentezza davanti agli scaffali, discutendo di affari importanti e di cultura. Quasi tutti tengono sulla testa il loro berretto e la sciarpa intorno al collo nonostante faccia un caldo da schiantare. In diversi amano stare a discutere di libri autori e teatro, seduti sugli scalini. Sì, ci sono anche degli scalini. Di legno anche loro.
Ma giungo al punto. Naturalmente non appena ho letto sulla lavagna 'pane con cioccolata' ho chiesto informazioni.
«Scusa, intendete pane e nutella?»
«Oh no, assolutamente. Si tratta di una fondente pura che fa... (non ho capito chi) e poi sopra spolveriamo con... (non ho capito cosa), con il pane caldo. Una vera delizia, da provare».
«Comunque a me piace la nutella, io non lo dicevo in senso dispregiativo».
«Oh, no, anche noi (non so a chi altro si riferisse) amiamo molto la nutella, ma questa è un'altra cosa. La vuoi provare?»
«Sì».
«Vai a sederti, te la porto io».
«E poi vorrei anche un cappuccino».
«Va bene, ti porto tutto io».
Inutile dire che in questi luoghi nessuno beve cappuccini. Il tè va alla grande e in alternativa un bel bicchiere di vino rosso, che fa sempre elegante.
Il cappuccino, va detto, per gli alternativi, i macrobiotici, i naturalisti, i vegetariani, vegani, i sani in generale, è visto come una delle maggiori cause di disastro della nostra vita. Appena nomini un cappuccino i loro occhi si accendono di orrore e di paura di rimanerne contaminati solo perché da me menzionato e consumato.
La frase che ricorre maggiormente è 'siamo gli unici mammiferi che continuano a bere latte dopo lo svezzamento'.
Ormai ci ho fatto l'abitudine, ma non si contano le volte in cui mi sono sentita dire questa roba qui, con la quale si voleva ottenere che iniziassi a sentirmi una mammifera anomala, sbagliata, fuori rotta, con un bisogno un po' malato.
Non credo sia necessario specificare che nessuno è riuscito a farmi titubare di un millimetro. Me ne catafotto allegramente. E forse in tutta risposta bevo un cappuccino in più.
Vorrei replicare che siamo anche gli unici mammiferi che usano coltello e forchetta, che bevono vino, che leggono libri, che fanno la doccia, che usano automobili per spostarsi, che si tagliano i capelli, che vengono in luoghi come questo a muoversi lentamente fra gli scaffali, che scrivono in un blog, che si fanno regali per natale, che bevono il tè e sbucciano la frutta. Non voglio dire che siamo anche i più intelligenti, perché non credo che sia così. E poi mi fermo perché non credo di avere ben chiaro quali siano gli altri mammiferi e fare paragoni più specifici potrebbe espormi a figuretta irrimediabile.
Torniamo alla nutella, anzi alla non nutella.
È giunta.
In un piattino, una fettina minuscola di pane dello spessore di cinque millimetri, l'ho misurato col righello che ho nel mio portapenne e matite. La cioccolata in effetti era buona, ma talmente amara che ho dovuto mettere nel cappuccino due bustine di zucchero più del solito, che è già piuttosto abbondante. Inoltre, questa non nutella, per usare un termine di Sciascia, che sto leggendo appunto in questi giorni, allega i denti. Anche se credo si dica così anche in italiano, insomma che il termine non sia suo, ma capita spesso ai suoi personaggi. Che scrittore meraviglioso.
Dunque. A questo qui farei vedere la quantità di pane e nutella che sono capaci di mangiare le talpe sul mare. Credo che ne rimarrebbe inorridito.
Ma un'altra caratteristica di questi luoghi è questa: sono molto parchi, in tutto. Tutto è minuto e contenuto. 
Però una cosa devo dirla.
C'è una meravigliosa connessione wifi, libera anche da pw, che mi sta permettendo di scrivere qui.
Per il resto credo sia luogo più adatto a prendere un tè (cappuccino io) con un'amica, piuttosto che per scrivere, con tutta questa gente che ti gira intorno e non sta ferma un minuto.

Tuesday, December 9, 2014

Balla, sogna, ama.

Rientrata a notte fonda e eccomi già, a mezzogiorno circa, in biblioteca a scrivere.
Il titolo di questo post mi viene dalla copertina di un libro dritto davanti a me, che fa venire voglia di chiudere il computer e andare a ballare, sognare e amare.
Ma gli attentati alla mia disciplina non finiscono qui. 
Non avendo trovato posto a sedere acanto agli amati fumetti di Paperino, mi sono seduta nell'unico posto libero, non molto distante da loro, dove la connessione funziona, come si può vedere da questo post e nello scaffale appiccicato a me ci sono fumetti di Zagor, altra roba che mi piace e che non leggo da un bel po'.
In tutto questo, mi è anche tornato il sonno perché ho dormito poco e mentre alle nove e mezza, quando mi sono svegliata, ero sveglia come un grillo, mi è bastato entrare in questo luogo soporifero perché le palpebre mi diventassero pesantissime.
Ora cerco di scrivere, perché vorrei rientrare nella normale vita lavorativa e poi semmai torno.
Ma la vedo dura, anzi durissima.

Monday, December 1, 2014

Partenze.

E poi ci sono mattine in cui parti.
E può capitare che sia un lunedì e il primo giorno del nuovo mese e queste due cose insieme danno un senso poetico al tutto.
Poi sali su un autobus e capisci, anzi di nuovo senti, che ci sono poche altre cose al mondo più grandiose che partire.
Anche se il giorno prima eri un po' inquieta, perché non si sa, ma succede e pensavi alle cose che lasci, quelle da fare, quelle che volevi fare, poi sali quelle scalette, un sorriso si allarga sul viso, ti lasci andare contro lo schienale e sai che è lì che dovevi stare, in quell'autobus verso una specie di non so dove con una manciata di sconosciuti, che non si sa perché siano lì con te, proprio loro.
Non si viaggia mai solo fuori, si viaggia anche dentro.
E quando parti, in quei primi istanti, tutto è di più. Ami di più, senti di più, il cuore palpita di più, respiri di più, ascolti di più, guardi di più, senti di più. Il mondo si allarga.
E forse non importa neppure tanto dove vai e perché. Stai partendo e questo basta.
Esci da casa che non è come gli altri giorni e un percorso che hai fatto centinaia di volte non è lo stesso, perché i passi che ti muovono sono diversi. Perché ogni viaggio è diverso e insegna quel che sempre dovrebbe essere.
Che nulla è mai uguale.
Ed è questa la perfezione che vorrei cercare. La disuguaglianza nell'uguaglianza.