Mi trovo in un luogo nuovo, che è un po' libreria, un po' caffè, un po' teatro.
Sostanzialmente c'è molto legno e molti libri.
Pochi tavoli, di legno anche loro.
E fanno pane con cioccolata.
È uno di quei posti frequentato da alternativi intellettualoidi, quindi io c'entro poco e niente.
Ad esempio non posso fare a meno di ascoltare, perché ciarla accanto a me, uno che parla con un altro e gli ha detto 'ho letto il tuo libro, ci ho messo un po' per finirlo, ma l'ho letto tutto' e ora si sta arrampicando sugli specchi per fargli un'analisi dettagliata e compiaciuta di quel che ha letto, premurandosi di inserire anche alcune critiche costruttive qua e là perché dire va tutto bene e basta è cosa da non farsi. Lo scrittore lo ascolta con sguardo vago, non si capisce se si trovi d'accordo o se col suo libro volesse dire tutt'altro. Però questa scena mi ha ricordato il motivo per cui non mi passa neanche per l'anticamera del cervello di dare i miei libri agli amici, come molti mi suggeriscono di fare. Mai vorrei trovarmi davanti a qualcuno che si trovi costretto a fare una simile sudata per analizzare in maniera puntigliosa uno dei miei romanzi. Inoltre, non avrei nessuna voglia di starlo a sentire.
Ma torniamo a noi.
In questo luogo i colori verde, beige e marrone per quanto riguarda il vestiario sono predominanti e lana e morbidezza sono la scelta preferita. La gente cammina con molta lentezza davanti agli scaffali, discutendo di affari importanti e di cultura. Quasi tutti tengono sulla testa il loro berretto e la sciarpa intorno al collo nonostante faccia un caldo da schiantare. In diversi amano stare a discutere di libri autori e teatro, seduti sugli scalini. Sì, ci sono anche degli scalini. Di legno anche loro.
Ma giungo al punto. Naturalmente non appena ho letto sulla lavagna 'pane con cioccolata' ho chiesto informazioni.
«Scusa, intendete pane e nutella?»
«Oh no, assolutamente. Si tratta di una fondente pura che fa... (non ho capito chi) e poi sopra spolveriamo con... (non ho capito cosa), con il pane caldo. Una vera delizia, da provare».
«Comunque a me piace la nutella, io non lo dicevo in senso dispregiativo».
«Oh, no, anche noi (non so a chi altro si riferisse) amiamo molto la nutella, ma questa è un'altra cosa. La vuoi provare?»
«Sì».
«Vai a sederti, te la porto io».
«E poi vorrei anche un cappuccino».
«Va bene, ti porto tutto io».
Inutile dire che in questi luoghi nessuno beve cappuccini. Il tè va alla grande e in alternativa un bel bicchiere di vino rosso, che fa sempre elegante.
Il cappuccino, va detto, per gli alternativi, i macrobiotici, i naturalisti, i vegetariani, vegani, i sani in generale, è visto come una delle maggiori cause di disastro della nostra vita. Appena nomini un cappuccino i loro occhi si accendono di orrore e di paura di rimanerne contaminati solo perché da me menzionato e consumato.
La frase che ricorre maggiormente è 'siamo gli unici mammiferi che continuano a bere latte dopo lo svezzamento'.
Ormai ci ho fatto l'abitudine, ma non si contano le volte in cui mi sono sentita dire questa roba qui, con la quale si voleva ottenere che iniziassi a sentirmi una mammifera anomala, sbagliata, fuori rotta, con un bisogno un po' malato.
Non credo sia necessario specificare che nessuno è riuscito a farmi titubare di un millimetro. Me ne catafotto allegramente. E forse in tutta risposta bevo un cappuccino in più.
Vorrei replicare che siamo anche gli unici mammiferi che usano coltello e forchetta, che bevono vino, che leggono libri, che fanno la doccia, che usano automobili per spostarsi, che si tagliano i capelli, che vengono in luoghi come questo a muoversi lentamente fra gli scaffali, che scrivono in un blog, che si fanno regali per natale, che bevono il tè e sbucciano la frutta. Non voglio dire che siamo anche i più intelligenti, perché non credo che sia così. E poi mi fermo perché non credo di avere ben chiaro quali siano gli altri mammiferi e fare paragoni più specifici potrebbe espormi a figuretta irrimediabile.
Torniamo alla nutella, anzi alla non nutella.
È giunta.
In un piattino, una fettina minuscola di pane dello spessore di cinque millimetri, l'ho misurato col righello che ho nel mio portapenne e matite. La cioccolata in effetti era buona, ma talmente amara che ho dovuto mettere nel cappuccino due bustine di zucchero più del solito, che è già piuttosto abbondante. Inoltre, questa non nutella, per usare un termine di Sciascia, che sto leggendo appunto in questi giorni, allega i denti. Anche se credo si dica così anche in italiano, insomma che il termine non sia suo, ma capita spesso ai suoi personaggi. Che scrittore meraviglioso.
Dunque. A questo qui farei vedere la quantità di pane e nutella che sono capaci di mangiare le talpe sul mare. Credo che ne rimarrebbe inorridito.
Ma un'altra caratteristica di questi luoghi è questa: sono molto parchi, in tutto. Tutto è minuto e contenuto.
Però una cosa devo dirla.
C'è una meravigliosa connessione wifi, libera anche da pw, che mi sta permettendo di scrivere qui.
Per il resto credo sia luogo più adatto a prendere un tè (cappuccino io) con un'amica, piuttosto che per scrivere, con tutta questa gente che ti gira intorno e non sta ferma un minuto.
Sostanzialmente c'è molto legno e molti libri.
Pochi tavoli, di legno anche loro.
E fanno pane con cioccolata.
È uno di quei posti frequentato da alternativi intellettualoidi, quindi io c'entro poco e niente.
Ad esempio non posso fare a meno di ascoltare, perché ciarla accanto a me, uno che parla con un altro e gli ha detto 'ho letto il tuo libro, ci ho messo un po' per finirlo, ma l'ho letto tutto' e ora si sta arrampicando sugli specchi per fargli un'analisi dettagliata e compiaciuta di quel che ha letto, premurandosi di inserire anche alcune critiche costruttive qua e là perché dire va tutto bene e basta è cosa da non farsi. Lo scrittore lo ascolta con sguardo vago, non si capisce se si trovi d'accordo o se col suo libro volesse dire tutt'altro. Però questa scena mi ha ricordato il motivo per cui non mi passa neanche per l'anticamera del cervello di dare i miei libri agli amici, come molti mi suggeriscono di fare. Mai vorrei trovarmi davanti a qualcuno che si trovi costretto a fare una simile sudata per analizzare in maniera puntigliosa uno dei miei romanzi. Inoltre, non avrei nessuna voglia di starlo a sentire.
Ma torniamo a noi.
In questo luogo i colori verde, beige e marrone per quanto riguarda il vestiario sono predominanti e lana e morbidezza sono la scelta preferita. La gente cammina con molta lentezza davanti agli scaffali, discutendo di affari importanti e di cultura. Quasi tutti tengono sulla testa il loro berretto e la sciarpa intorno al collo nonostante faccia un caldo da schiantare. In diversi amano stare a discutere di libri autori e teatro, seduti sugli scalini. Sì, ci sono anche degli scalini. Di legno anche loro.
Ma giungo al punto. Naturalmente non appena ho letto sulla lavagna 'pane con cioccolata' ho chiesto informazioni.
«Scusa, intendete pane e nutella?»
«Oh no, assolutamente. Si tratta di una fondente pura che fa... (non ho capito chi) e poi sopra spolveriamo con... (non ho capito cosa), con il pane caldo. Una vera delizia, da provare».
«Comunque a me piace la nutella, io non lo dicevo in senso dispregiativo».
«Oh, no, anche noi (non so a chi altro si riferisse) amiamo molto la nutella, ma questa è un'altra cosa. La vuoi provare?»
«Sì».
«Vai a sederti, te la porto io».
«E poi vorrei anche un cappuccino».
«Va bene, ti porto tutto io».
Inutile dire che in questi luoghi nessuno beve cappuccini. Il tè va alla grande e in alternativa un bel bicchiere di vino rosso, che fa sempre elegante.
Il cappuccino, va detto, per gli alternativi, i macrobiotici, i naturalisti, i vegetariani, vegani, i sani in generale, è visto come una delle maggiori cause di disastro della nostra vita. Appena nomini un cappuccino i loro occhi si accendono di orrore e di paura di rimanerne contaminati solo perché da me menzionato e consumato.
La frase che ricorre maggiormente è 'siamo gli unici mammiferi che continuano a bere latte dopo lo svezzamento'.
Ormai ci ho fatto l'abitudine, ma non si contano le volte in cui mi sono sentita dire questa roba qui, con la quale si voleva ottenere che iniziassi a sentirmi una mammifera anomala, sbagliata, fuori rotta, con un bisogno un po' malato.
Non credo sia necessario specificare che nessuno è riuscito a farmi titubare di un millimetro. Me ne catafotto allegramente. E forse in tutta risposta bevo un cappuccino in più.
Vorrei replicare che siamo anche gli unici mammiferi che usano coltello e forchetta, che bevono vino, che leggono libri, che fanno la doccia, che usano automobili per spostarsi, che si tagliano i capelli, che vengono in luoghi come questo a muoversi lentamente fra gli scaffali, che scrivono in un blog, che si fanno regali per natale, che bevono il tè e sbucciano la frutta. Non voglio dire che siamo anche i più intelligenti, perché non credo che sia così. E poi mi fermo perché non credo di avere ben chiaro quali siano gli altri mammiferi e fare paragoni più specifici potrebbe espormi a figuretta irrimediabile.
Torniamo alla nutella, anzi alla non nutella.
È giunta.
In un piattino, una fettina minuscola di pane dello spessore di cinque millimetri, l'ho misurato col righello che ho nel mio portapenne e matite. La cioccolata in effetti era buona, ma talmente amara che ho dovuto mettere nel cappuccino due bustine di zucchero più del solito, che è già piuttosto abbondante. Inoltre, questa non nutella, per usare un termine di Sciascia, che sto leggendo appunto in questi giorni, allega i denti. Anche se credo si dica così anche in italiano, insomma che il termine non sia suo, ma capita spesso ai suoi personaggi. Che scrittore meraviglioso.
Dunque. A questo qui farei vedere la quantità di pane e nutella che sono capaci di mangiare le talpe sul mare. Credo che ne rimarrebbe inorridito.
Ma un'altra caratteristica di questi luoghi è questa: sono molto parchi, in tutto. Tutto è minuto e contenuto.
Però una cosa devo dirla.
C'è una meravigliosa connessione wifi, libera anche da pw, che mi sta permettendo di scrivere qui.
Per il resto credo sia luogo più adatto a prendere un tè (cappuccino io) con un'amica, piuttosto che per scrivere, con tutta questa gente che ti gira intorno e non sta ferma un minuto.
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