Monday, December 21, 2015

La magia del piccolo.

Ho scoperto che c'è del magico nel rimpicciolire tutto.
Beh, proprio tutto no, ad esempio non vorrei rimpicciolire la mia bici, o questa tastiera o alcuni dei miei quadri o la sedia su cui sono seduta, parlo dello spazio di tempo.
Come sarebbe a dire, il tempo non si vorrebbe ingrandirlo tutti, io compresa?
E invece bisogna rimpicciolirlo, più che il tempo il lasso di tempo in cui si vive.
Se si rende piccino che più piccino non si può, funziona tutto a meraviglia. In quello spazio minuscolo c'è posto per tutto quello che deve esserci e non per quello che non deve esserci. È fantastico.
E anche i problemi si riducono, anzi smettono di esistere, per il semplice fatto che non ci stanno. Se ad esempio compro una scatolina in cui sta solo una lampadina non posso infilarci anche una penna, questo è il principio.
Ma non finisce qui, perché in quello spazio minuscolo, in cui non c'è modo di andare avanti né indietro, il mondo, nell'attesa che io arrivi, si sistema da solo e siccome io sono piuttosto disastrosa pare che se me ne sto nel mio piccolo quadrato, tutto funziona molto meglio e quando arrivo un po' più in là, nel quadratino successivo, trovo la pappa scodellata.
Una scoperta così a pochi giorni dal Natale era quanto di meglio mi potesse capitare.
In un mondo così io non devo fare niente.
Qual è la differenza tra prima e ora, mi si potrebbe chiedere.
Che prima pensavo di continuo di dover fare qualcosa, ora non solo so che non devo fare niente, ma che addirittura è molto meglio così.
Io lo sapevo che il panciolle era magico, ma non osavo crederci fino in fondo.
In tutto questo, stasera un poeta, un poeta vero, mi ha detto che ho le ali.
Non so se significhi che ho la gobba, a dire il vero, anche perché avevo anche lo zaino sulle spalle, però devo dire che sentirsi dire una cosa simile non è male per niente. Nel mio quadrato piccino credo possano farmi comodo.
Insomma, non solo posso stare in panciolle, ma ho anche le ali, quindi se decido di fare un viaggio non devo neppure pagare il biglietto per l'aereo.
Posso desiderare qualcosa di più?
Ovviamente sì, perché anche nel mio elogio del piccino, sono incontentabile.

Sunday, December 20, 2015

Opposti necessari.

Oltre a instaurare un dialogo col libro che mi guardava in cagnesco da un angolo, da cui l'ho prelevato per poggiarlo su un divano, che mi pareva luogo più amichevole  e più adatto a stabilire un contatto, io, anzi no, la talpa, sta ripristinando il terzo. In realtà lei è a un buon punto, insomma un bel pezzo avanti, ma quella è una faccenda maledettamente dura, perché non so dire a quali parti di me parli quel libro, ma certo non a roba facile.
Quindi mentre io dialogo con quello che non mi mette in condizioni facili, nonostante sia io ad averlo creato, la talpa affonda nell'altro e cerca di riportarlo in superficie.
Così impegnata su due fronti complessi, non posso non rispondere al sole che entra dalle finestre, all'operazione natale e regali che mi chiama e da cui mi lascio distrarre volentieri, da un papero che sta nascendo da una tela, da forme più definite che emergono da un'altra e da disegni che mi muovono le mani, perché tutto questo è leggero e la leggerezza è la chiave della vita, quella che tiene a galla anche tutto il resto.
Come del resto il dolce far niente, il cinema e la musica che ho nelle orecchie, senza la quale non potrei muovere un solo passo.
Quindi chi è che tiene tutto insieme, cosa è importante, quelle difficoltà o la leggerezza e la musica, che costituiscono il tessuto connettivo della mia vita?
La leggerezza, senza dubbio, con tutto ciò che si porta dietro.
La domanda, dunque è, posso lasciare solo lei e eliminare tutto il resto?
Caspiterina, non lo so, perché subito mi si ripropone la faccenda delle due facce della medaglia, dell'equilibrio degli opposti, di quel tutto di cui pare sia fatta la vita e di cui pare non si possa fare a meno.
Ma se la chiave che uso per aprire le porte e costruire la trama è la leggerezza ce la posso fare però, non è vero?
Intanto, prima di cedere al sole mi rituffo in quelle profondità che leggerezza o non, quando chiamano bisogna ascoltarle.
Poi però cederò al sole.
Io però mi sa che le medaglie le preferirei fatte di due facce uguali.

Wednesday, December 16, 2015

Gli alieni.

Poco fa, non tanto, pochi minuti fa, ho pensato 'Cosa c'è di più bello che stare qui, in casa a lavorare, mentre cucino dei peperoni (quasi mai cucinati)?' e allora ho capito di essere posseduta da un alieno.
Il motivo per cui lo scrivo qui è che se dovessi sparire, quindi, non mi si dovrà cercare nei luoghi comuni come bar, stazioni, vie delle città etc, ma su altri pianeti e si dovranno cercare le tracce di navicelle spaziali atterrate sul tetto nuovo.
Essendo già posseduta (vedi lavoro + peperoni + elogio), è evidente che l'atterraggio alieno è avvenuto a mia insaputa una di queste notti e mentre tutto continuava a sembrarmi normale, nulla lo era più.
Spero solo che, oltre a rendermi aliena a me stessa, non mi abbiano sciupato il tetto nuovo col loro strambo veicolo, perché questa è una cosa che mi farebbe veramente innervosire e che li farebbe pentire di avermi fra loro, posso assicurarlo.
Bene.
Ora torno al mio lavoro e ai miei peperoni, rossi e gialli. 
Quelli verdi non li compro mai e neppure quelli rossi e gialli che a volte sono un po' verdi.

Monday, December 14, 2015

Esplosione creativa.

Siccome siamo sempre alla ricerca di problemi, ne troviamo a bizzeffe.
Il mio ora è costituito dall'avere troppe idee.
Naturalmente se ne avessi avute poche sarebbe stato un problema lo stesso e infatti l'introduzione parla chiaro. Non esiste situazione immune dal problema. Assodato questo, perché fare il punto, anche se non piacevole, tranquillizza, troppe idee non aiutano.
Innanzitutto mi fanno venire molta ansia, perché la mia mezz'oretta di lavoro al giorno è decisamente insufficiente a sostenerle. Inoltre ho la consapevolezza che anche se lavorassi cento ore non basterebbero. Questa è una consapevolezza che mi fa comodo, certo, ma è così, perché niente basta mai. Più alzi l'asticella, più rimani insoddisfatto, ecco perché mi impegno ogni giorno a tenerla bassa e anche questo compito richiede uno sforzo non da poco.
Tornando alle idee numerose, mi affollano il computer e la casa. Affidandole a questo strumento con cui sto scrivendo e alle mura della mia dimora, spero di liberare spazio dal mio cervello e in un certo senso è così, però il sapere che zampettano in tutti gli altri luoghi, anche se non è propriamente la mia testa da cui le ho buttate fuori, non mi fa sentire tranquilla, quindi è come se un po' rimanessero anche lì. Insomma, è difficile liberarsene.
Cosa comporta tutto ciò. 
Occorre precisare che io sono una talpa un po' dispersiva e poco organizzata, ecco perché passo le giornate a cercare metodi che mi aiutino in questo, senza trovarli. Perché forse il disordine è in me e se in una camera non rifai il letto è inutile che apri le finestre per fare entrare aria, il letto rimane disfatto. Questo è un po' quel che accade a me.
Le idee dicevo, perché mi disperdo anche qui, come si può vedere.
Grazie al loro numero cospicuo ho cartelle piene di idee per libri e racconti, blocchi da disegno pieni di schizzi, due libri e quattro quadri iniziati.
Se tutto si fermasse qui, forse potrei pensare di poterlo affrontare, ma non accade così, perché le idee non capiscono quando è il momento di fermarsi e appena ne arriva una nuova io le corro dietro. È come una lepre nel bosco che mi corre davanti e io sono una talpa, non posso che seguirla quella lepre che saltella libera. La talpa è curiosa, contrariamente a quanto si possa pensare e adora saltellare dietro alle novità, rischiando talvolta di perdere la strada del ritorno, cosa molto facile per lei.
Il punto è che l'idea la devi acchiappare quando arriva, quindi questo mi porta a mollare tutto, prendere la tela, ad esempio e fissarci sopra l'impronta di quella lepre. 
E così i lavori iniziati aumentano e anche la confusione.
Non c'è fine a questo processo, e il solo modo per affrontarlo è imparare a muoversi in mezzo a tutto questo, starci tranquilla insomma. 
E questo richiede una grande pratica zen, che io amo, ma non so afferrare e il fatto che con lo zen usi il termine afferrare la dice lunga su quanto sia lontana dall'essenza di quella pratica.
Un tempo pensavo che per acquisirla o avvicinarmici avrei dovuto ritirarmi in un eremo, in alto su una montagna irraggiungibile. Ora penso che lo zen vada cercato qui dove sono e anche questa naturalmente è una scusa per stare dove sono esattamente come sono.
Le mie naturalmente non sono idee speciali e fino a un po' di tempo fa pensavo che si trattasse di roba abbastanza inutile, ma ora non lo penso più, perché sono idee, nient'altro che idee che mi piace seguire, come un leprotto nel bosco.
Però forse devo trasferirmi in un bosco in cui ce ne siano meno.
Ma mi divertirei, poi?

Sunday, December 13, 2015

Il timer.

Stamattina volevo lavorare, ero molto decisa.
Decisa come non mai.
Però poi, proprio mentre mi accingevo a cominciare, ho incontrato un problemuccio.
Ho sentito un bisogno incontenibile di installare un timer che fissi le mie sessioni di lavoro, che secondo uno dei corsi che sto seguendo pare essere uno strumento indispensabile se si vuole concludere qualcosa di buono.
Quindi mi sono lanciata alla ricerca.
'Due minuti, lo cerco, lo installo e mi metto al lavoro'.
Ma cercarlo, per non so quale problema, non mi ha preso solo due minuti, deve essere accaduto qualcosa per cui dopo un'ora ero ancora lì, scegliendo, installando, sbagliando e cestinando. Ne ho provati quattro, nessuno dei quali era adatto al mio nobile compito.
Alla fine mi sono stufata e ho smesso di cercare, però era anche passato il tempo che avrei dovuto dedicare al mio lavoro.
Però proprio non riesco a capire dove fosse l'errore, visto che mica stavo guardando i cartoni animati, stavo cercando uno strumento per migliorarlo il mio lavoro.
A volte accadono cose incomprensibili e io ho una soluzione per questi momenti incerti e oscuri. Spengo tutto e esco.
Quindi vado.
Senza timer e senza lavoro, sperando di trovare qualcos'altro altrove.
Anche perché il libro finito è sempre lì, nell'angolo che mi guarda in cagnesco. Vai a capirle le opere, prima le crei e poi ti buttano fuori di casa.

Tuesday, December 8, 2015

Giorni non facili.

Fra i libri che sto leggendo ce n'è uno su come svuotare la testa.
L'ho comprato piena di allegria e convinta che per me fosse cosa semplicissima, visto che già di partenza non è molto piena, ci girellano due o tre pensieri sempre uguali e metterli a sedere su una panchina non dovrebbe essere così difficile.
Illusa.
I miei non sono come gli altri, sono ostinati e dispettosi e io lo sono più di loro, quindi fra noi si è instaurato uno stato di lotta che non ha tregua.
Il libro dice anche e lo ripete come fosse la parte più importante da comprendere, che non si deve assolutamente combattere contro quegli impertinenti, perché più li combatti più loro stanno lì. Dice invece che li devi guardare come se niente fosse e alla fine loro, stanchi della tua indifferenza, se ne andranno da un'altra parte che non so se sia un'altra testa o nel mondo fuori, all'aperto, questo il libro non lo dice.
Quel che i libri non dicono e che nessuno ti insegna, è che ti possono dire quello che vogliono, tu ascolti e capisci solo quello che ti va di capire o che sei in grado di capire.
Il libro non considera le talpe bizzose e non capisce che io non ci penso neanche a fare finta che quelli lì non esistano e guardarli in cagnesco è l'unica cosa che ho voglia di fare, quindi trascorro le mie giornate in una strenua lotta con i miei pensieri con lo scopo di avere una testa vuota, una, come la chiamano loro, peaceful mind. Lo capisco che raggiungere la pace attraverso la guerra contenga un certo controsenso, ma tant'è, allo scopo di ottenere una mente quieta io sto lottando come una pazza. Il risultato al momento è tutt'altro che quieto, ma naturalmente sono più che convinta di vincere.
Sempre questo libro dice che non si può avere felicità senza tristezza, che sono due facce della stessa medaglia. Quando ho letto questa cosa prima ho storto il muso e poi stavo per buttarlo nel fuoco, come avrebbe fatto Pinocchio, ma non ho potuto farlo perché il fuoco non ce l'avevo, allora l'ho tenuto. 
Allora mi sono ricordata del giorno in cui avevo saputo di essere in finale. Ero stata super felice tutto il giorno. Poi del giorno in cui ho saputo di non aver vinto. Sono stata triste per tre o quattro minuti. Quindi tirando le somme, ho guadagnato una giornata di felicità contro qualche minuto di tristezza. Vista così, è una gran cosa e la medaglia non ha per niente le facce uguali e se sapessi dove vive quello che ha scritto questo libro andrei a dirglielo di corsa, ma mi accontenterò di questa vittoria silenziosa.
L'altro problema che ho, e qui il libro non mi dà uno dei suoi inutili consigli, è che da quando ho finito il libro sento un certo disagio. È come se in casa abitasse una persona nuova che mi guarda da un angolo, sta lì ferma e non parla e io non so cosa dirle, allora mi tocca stare sempre fuori per non vederla e tornare a notte fonda e andare a letto senza accendere le luci per non vederla. Ma per quanto ancora potrò vivere così? Prima o poi dovrò pur riappropriarmi della mia casa e dei miei spazi. Ci sarebbe la soluzione di buttarlo fuori di casa, del resto è casa mia, mica sua, ma la trovo un'operazione difficile, per non dire impossibile, e non capisco perché. Fatto sta che il problema esiste e il disagio anche.
Come si può capire, non sono giorni facili.

Sunday, December 6, 2015

Sono felice per.

La colazione.
C'è chi si sveglia spinto dal desiderio di salvare il mondo, chi per mettere insieme una squadra di hockey, chi per fare il giro del mondo, chi per fare volontariato, chi per governare un grande paese, chi per fare il panettiere, chi per correre per almeno trenta chilometri, chi per guardare dieci film in un giorno, chi per piantare una piantagione di banane, chi per costruire almeno due grattacieli, chi per fare l'amore tutto il giorno, chi per preparare la torta più buona del creato, chi per fare una scoperta che gli cambi la vita, chi per andare a trovare un amico lontano, chi per arrampicarsi su un albero e stare lì tutto il giorno, chi per lanciarsi col deltaplano, chi per camminare tutto il giorno sulle mani, chi per non fare niente, chi per buttare all'aria tutto, chi per stendersi su un prato e molte altre cose comuni. Io mi sveglio per la colazione. In mancanza di motivazioni più forti, la tazza di caffellatte sospesa davanti ai miei occhi è il primo motore delle mie giornate. Non voglio dire l'unico per non sembrare sfigata, però devo dire che se mi sforzo non è che me ne vengano in mente molti altri. Ma la tazza ha un potere forte, che è quello di rimanere immutato nel corso dei secoli. Non cala di un micron, semmai cresce.

Il tesoro.
Anni fa un po' inconsapevolmente comprai una serie di fascicoli, che, a parte guardarli un po' lì per lì, riponevo nei contenitori per non farne più di niente. Ma ero molto felice quando arrivavano. Non è molto che ho riaperto il baule in cui li avevo riposti per farne ciò per cui li avevo comprati: usarli e trarne degli insegnamenti preziosi. E così ho scoperto che lì dentro c'era un mondo che mi stava aspettando. Voglio dire che avevo un tesoro in casa e non lo sapevo. Scoprirlo è stato fantastico. Ma siccome usarli comporta fatica, a volte mi sfavollo anche di questa scoperta che non mi lascia più libera e anche questo mi rende felice, perché vuol dire che la mia natura talposa è intatta.

La musica.
Grazie a Spotify potrei smettere di uscire di casa, quindi forse non è un bene che io l'abbia scoperto. Se la mattina, dopo la colazione, mi infilo le cuffie e prendo in mano una matita, accade che mi dimentichi di uscire e degli impegni che avevo. È come un salto in un altro mondo che fa saltare le connessioni con questo. È bello.

Il tramonto.
Perché avviene davanti ai miei occhi e soprattutto perché grazie alle mie tendine furbe, mia nuova e ottima invenzione, posso fare fuori il sole mentre lavoro e questo mi dà un'enorme soddisfazione, perché per un paio d'anni l'ha avuta vinta lui. Prima lo copro, poi tramonta e tutto funziona.

Il cinema.
Non tutti, solo alcuni. Ma ci sono delle sale che hanno un'attrazione pazzesca su di me e grazie a questo potere ho visto molti film brutti, solo per andare a sedermi lì, perché la mia capacità di discernimento di fronte a quelle sale lì, sparisce. Anche questo è bello.

I piedi.
Perché i piedi sono pazzeschi. Grazie a loro posso camminare, posso danzare e posso andare in bicicletta. Lo so, lo so bene, anche con le mani faccio tante cose, con gli occhi e tutto il resto, sì lo so che tutto serve, tutto è importante eccetera, ma secondo me i piedi sono pazzeschi, li uso moltissimo. Anche se ultimamente sono un po' arrabbiata con loro perché non mi aiutano come dovrebbero con le pirouettes e anche se so che non è del tutto colpa loro, anzi lo è in minima parte, se li metto al primo posto devono anche essere disposti a prendersi colpe che non sono loro. Credo sia colpa loro anche il mio non riuscire a fare la verticale, perché avendoli messi al primo posto vogliono stare in basso, dove sono sempre stati. Perché a furia di trattarli così, sono diventati prepotenti. Ma sono loro i primi, non c'è dubbio.

La libertà.
Che è meravigliosa, e lo è talmente tanto che diventa tiranna. Non è facile averci a che fare, è davvero una strana amica, però è sacra. Può dare le vertigini e far venire voglia di rinchiudersi in una scatola, tanto può fare spavento, eppure se lei non ci fosse nulla avrebbe senso. Ogni giorno la convivenza con lei è diversa. È un essere guizzante che si trasforma, la prova più difficile delle mie giornate,  ma è qui, e se imparo a trattare con lei, insieme possiamo fare grandi cose. Forse è anche per questo che non ho vinto, perché come ho detto è tiranna e trovare il giusto punto di tensione è uno degli scopi della sua esistenza nella mia vita.

Tutto.
Perché mi piace tutto quello che faccio e se dovessi inventare, scrivere, disegnare, dipingere, danzare le mie giornate, credo che le creerei proprio così. E credo che anche me stessa non mi creerei molto diversa da come sono. Del resto questo è quel che ho e mi ci sono affezionata e piano piano ho trovato diversi strumenti sul cammino per mettere a punto quel che non funziona. Non vorrei cambiare squadra, ecco, sarebbe un gran casino se lo facessi.

La vita è una roba strana e se ci si tira su le maniche anche quando fa freddo allora vuol dire che va tutto bene.

Non ho vinto.

Stavo venendo qui per scrivere un post di tutt'altro tenore, ma prima di aprire questa porta ho deciso di fare un girello e di aprire prima altre porte e a volte invece non bisognerebbe fare deviazioni, ma andare dritti al punto. 
Fatto sta che ho appena scoperto che non ho vinto e anche se per tutto il mese e anche più mi sono detta che non mi interessava granché, anzi non è che me lo sia detta, era un po' vero, non ci pensavo mai e non stavo lì a guardare. A parte la felicità iniziale poi la cosa mi era scivolata via, almeno così credevo fino a pochi minuti fa, perché invece vedere che non ho vinto non mi ha fatto piacere per niente, anche se non so cosa avrebbe comportato vincere, non so bene cosa comporti vincere, perché non mi è mai successo e forse questo dovrebbe farmi capire che non è roba per me.
Comunque non ho vinto e per un attimo mi sono saliti alla testa vecchi pensieri, tipo che scrivo a fare, che cavolo sto facendo e anche in questo blog cosa ci vengo a fare visto che non ho un solo lettore.
Ma quei pensieri sono vecchi, appunto.
Perché non è per i premi che scrivo e neppure per vincere, scrivo perché ne ho voglia e perché mi piace, punto e basta.
E forse nessuno mi legge perché il mio desiderio di trasmissione non è così forte.
Però non ho vinto, accidentaccio.
Chissà, forse sarebbe stato divertente. O forse no.
Non lo so, non lo saprò mai.
Beh, chiudo questo post e scrivo quello che avevo in mente, che sarà un po' in contrasto con questo e con l'accaduto, ma non voglio essere distolta dai miei percorsi e non sarà una notizia così a rovinarmi la giornata.
Uffa però.

Friday, December 4, 2015

La fine improvvisa.

Oggi, anzi ora, pochi minuti fa, è accaduta una cosa strana.
Forse ho terminato il mio quarto libro.
La fine mi ha colto di sorpresa e nonostante non sia la prima volta che la fine mi sorprenda lungo il cammino, tutte le volte non solo me ne stupisco, ma la cosa mi lascia costernata e con un senso di tristezza che mi porta quasi alle lacrime.
Non ci vorrebbe molto ora a lasciarmi andare al pianto, ma vorrei evitare perché ho le lenti a contatto nuove e quando piango mi si impiastricciano tutte e così oltre alla tristezza di un libro forse finito a tradimento, otterrei anche di vedere tutto appannato. Non è il caso che aggiunga disagio al disagio.
Il quarto libro nel giorno quattro. Questo dovrebbe consolarmi, ma non lo fa.
È successo troppo all'improvviso.
E ora?
E poi, come è potuto accadere visto che non faccio mai niente?
Il mio oroscopista personale un po' di tempo fa diceva che non dovevo strafare, che potevo vivere di rendita del lavoro svolto in passato e anche se io non conservavo ricordo di questo lavoro già svolto, l'ho preso in parola, perché è il mio oroscopista di fiducia.
Così come adesso mi dice che se uno si affanna e fa molti zig zag, che vuol dire fare i pazzi per arrivare prima, non arriva affatto prima, ma impiega lo stesso tempo di chi si mette nella sua corsia e va alla sua velocità.
Fatto sta che applicando queste regolette contrarie all'affanno evidentemente sono arrivata al punto senza rendermene conto, il che rende il mio oroscopista ancora più geniale e me triste, ma è un prezzo che forse bisogna pagare.
L'unica consolazione che riesco a vedere in tutto questo, è che ora posso spegnere il computer e uscire, che so, a prendere un cappuccino o a comprarmi un altro cappottino, forse ancora rosso o giallo.
Ma non ne ho voglia, perché non l'ho deciso io e soprattutto perché il fatto di poterlo fare lo rende immediatamente poco interessante, quindi mi sa che non uscirò per i prossimi quattro giorni, proprio perché potrei farlo liberamente.
Quando le cose vanno storte del resto non ci si può fare niente.
A questo punto credo che mi farò un tè, perché sono le cinque.
E poi non lo so, proprio non lo so cosa farò. 
Forse mi toglierò le lenti e mi lascerò andare alle lacrime.
Sì, credo che farò così.