È noto che la conquista che mi impegna maggiormente a tutti i livelli in questo periodo della mia vita è la verticale.
Andare sotto sopra, guardare il mondo al contrario.
Tempo fa la mia insegnante del mattino, che è attenta, paziente e piuttosto acuta, a fine lezione mi ha detto che su tanti altri punti non avevo problemi, ma su quella roba lì, che è portare il peso oltre il limite, andare oltre il punto di equilibrio, andare oltre la safety zone, si vedeva che mi bloccavo. Il blocco è nella testa, ha detto lei.
Questo io lo sapevo e quando c'è di mezzo la testa non è mai facile. Con un muscolo basta un po' di allenamento, con la testa non sai mai dove andare a parare. È così subdola.
«Questo lo so - ho risposto io - ma come posso lavorarci?»
Lei ha pensato un po' e poi mi ha detto.
«Forse hai paura di perdere il controllo, forse è su quello che devi lavorare. Prova a mollare il controllo, inizia dalle piccole cose».
«Ok». Ho detto io e me ne sono andata.
Che la questione del controllo sia la rovina mia e forse della maggior parte dell'umanità è chiarissimo, ma sentivo che c'era dell'altro. E forse anche questo significa non voler perdere il controllo, voler sapere io di cosa si tratti esattamente.
Ad ogni modo, quando si lascia una domanda a vagare nel corpo accadono cose portentose e così la mattina dopo, mentre facevo tutt'altro ho capito che ero a uno stadio seguente.
Sono andata sul tappeto e ho tirato su le gambe.
Non sapevo quale tipo di blocco avessi aggirato e perché, ma l'avevo fatto.
Ma dalla felicità che ho provato ho capito che oltre alla questione del controllo ce n'era un'altra, ben più profonda.
La paura di volare.
Che non significa paura di perdere un aereo, perché quella non l'ho mai avuta.
Volare significa andare alto, concedersi l'infinito. Volare significa concedersi la felicità.
Volare significa annullare la gravità.
Ma ci sono ancora molte cose da capire.
Molti blocchi da superare.
Ma se il premio è volare, sono disposta a lavorarci.
Andare sotto sopra, guardare il mondo al contrario.
Tempo fa la mia insegnante del mattino, che è attenta, paziente e piuttosto acuta, a fine lezione mi ha detto che su tanti altri punti non avevo problemi, ma su quella roba lì, che è portare il peso oltre il limite, andare oltre il punto di equilibrio, andare oltre la safety zone, si vedeva che mi bloccavo. Il blocco è nella testa, ha detto lei.
Questo io lo sapevo e quando c'è di mezzo la testa non è mai facile. Con un muscolo basta un po' di allenamento, con la testa non sai mai dove andare a parare. È così subdola.
«Questo lo so - ho risposto io - ma come posso lavorarci?»
Lei ha pensato un po' e poi mi ha detto.
«Forse hai paura di perdere il controllo, forse è su quello che devi lavorare. Prova a mollare il controllo, inizia dalle piccole cose».
«Ok». Ho detto io e me ne sono andata.
Che la questione del controllo sia la rovina mia e forse della maggior parte dell'umanità è chiarissimo, ma sentivo che c'era dell'altro. E forse anche questo significa non voler perdere il controllo, voler sapere io di cosa si tratti esattamente.
Ad ogni modo, quando si lascia una domanda a vagare nel corpo accadono cose portentose e così la mattina dopo, mentre facevo tutt'altro ho capito che ero a uno stadio seguente.
Sono andata sul tappeto e ho tirato su le gambe.
Non sapevo quale tipo di blocco avessi aggirato e perché, ma l'avevo fatto.
Ma dalla felicità che ho provato ho capito che oltre alla questione del controllo ce n'era un'altra, ben più profonda.
La paura di volare.
Che non significa paura di perdere un aereo, perché quella non l'ho mai avuta.
Volare significa andare alto, concedersi l'infinito. Volare significa concedersi la felicità.
Volare significa annullare la gravità.
Ma ci sono ancora molte cose da capire.
Molti blocchi da superare.
Ma se il premio è volare, sono disposta a lavorarci.
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