Che l'evoluzione non fosse cosa lineare l'avevo già capito. E per evoluzione intendo qualunque tipo di progresso, anche imparare a fare la spesa ad esempio.
Nello specifico parlo di evoluzione musicale.
Un bel giorno mi sono svegliata e ho pensato che mi ci voleva musica nuova, così di punto in bianco.
Fin qui nulla di strano.
La stranezza sta nell'urgenza con cui si è presentata un'esigenza che fino al giorno prima neanche mi aveva sfiorato. Mi andava bene la mia musica e anche il mio ipod classico, che avevo difeso di fronte a tutti e soprattutto di fronte a me stessa.
Da ieri nella mia testa non esiste che la versione touch e non capisco come abbia fatto a vivere senza finora.
Va da sé che questo nuovo aggeggio mi pare l'unico in grado di supportare un nuovo mondo musicale fatto di connessioni wifi che possano spingermi oltre i miei confini musicali. È ovvio che si tratta di salti quantici, e non di graduali e dolci progressi. La vita è fatta di salti che da un momento all'altro ti catapultano da un'altra parte. E nei mesi precedenti, quando credevo di sonnecchiare, il vulcano si preparava ad esplodere.
Non so se questo sia rassicurante o terrificante.
Che non ci sia nulla di tranquillo in me e che mentre penso che non accade nulla e che tutto sia sempre uguale, in realtà una lava incandescente se ne va in giro indisturbata cercando uscite a sorpresa da cui lanciare lapilli tutt'a un tratto.
Ma pare che non esista mai un solo rovescio della medaglia, quindi un'evoluzione è probabile che venga compensata da una sorta di involuzione. Nel mio caso non si tratta proprio di questo, quanto di una constatazione di assenza di progresso. Parlo della mia cultura musicale, quella che va al di là dei supporti elettronici e dei limiti che voglio superare, insomma, della parte più importante, quella che sta sotto a tutto.
Da ieri non faccio che ascoltare e esaltarmi ai suoni di musiche adolescenziali. Intendo più o meno le stesse cose che ascoltavo dai dieci anni in su.
Questo, pur non essendo rassicurante, è un fatto.
A quella musica ballo e mi entusiasmo.
Le copertine contengono spesso visi di ragazzi per cui le ragazzine si strappano i capelli (ecco, questo magari non lo faccio), capelli impomatati e sguardo profondo e accattivante, visi dall'incarnato particolarmente bianco, perché il mito del vampiro acchiappa sempre. Quelle copertine che le guardi e capisci che dureranno lo spazio di un disco e poi nessuno si ricorderà di loro, perché l'adolescenza è anche l'età in cui si cambia idea di continuo e quindi un cantante non può durare più di qualche mese.
Quando ero piccola quel che ascoltavo, tipo grease e san remo, era chiamato 'canzoni', quelli di mio fratello 'brani musicali'. Già la terminologia scavava un baratro fra la mia musica e la sua, magari jazz o musicisti conosciuti in tutto il mondo ma solo da chi se ne intende e che devi stare seduto per poter apprezzare veramente, perché se ti alzi quella musica non ti segue.
Io ascoltavo le mie canzonette perché il gioco è la parte predominante in me, anche ora e quella roba mi permetteva di saltellare dappertutto e cantare a squarciagola, magari con un finto microfono in mano. Anche questo ora non lo uso, ma canto e balzello più o meno nello stesso modo.
Non sono scoperte facili da mandare giù, ma bisogna comunque farci i conti.
Quindi il mio lo chiamerei piuttosto un saltino quantico.
Nello specifico parlo di evoluzione musicale.
Un bel giorno mi sono svegliata e ho pensato che mi ci voleva musica nuova, così di punto in bianco.
Fin qui nulla di strano.
La stranezza sta nell'urgenza con cui si è presentata un'esigenza che fino al giorno prima neanche mi aveva sfiorato. Mi andava bene la mia musica e anche il mio ipod classico, che avevo difeso di fronte a tutti e soprattutto di fronte a me stessa.
Da ieri nella mia testa non esiste che la versione touch e non capisco come abbia fatto a vivere senza finora.
Va da sé che questo nuovo aggeggio mi pare l'unico in grado di supportare un nuovo mondo musicale fatto di connessioni wifi che possano spingermi oltre i miei confini musicali. È ovvio che si tratta di salti quantici, e non di graduali e dolci progressi. La vita è fatta di salti che da un momento all'altro ti catapultano da un'altra parte. E nei mesi precedenti, quando credevo di sonnecchiare, il vulcano si preparava ad esplodere.
Non so se questo sia rassicurante o terrificante.
Che non ci sia nulla di tranquillo in me e che mentre penso che non accade nulla e che tutto sia sempre uguale, in realtà una lava incandescente se ne va in giro indisturbata cercando uscite a sorpresa da cui lanciare lapilli tutt'a un tratto.
Ma pare che non esista mai un solo rovescio della medaglia, quindi un'evoluzione è probabile che venga compensata da una sorta di involuzione. Nel mio caso non si tratta proprio di questo, quanto di una constatazione di assenza di progresso. Parlo della mia cultura musicale, quella che va al di là dei supporti elettronici e dei limiti che voglio superare, insomma, della parte più importante, quella che sta sotto a tutto.
Da ieri non faccio che ascoltare e esaltarmi ai suoni di musiche adolescenziali. Intendo più o meno le stesse cose che ascoltavo dai dieci anni in su.
Questo, pur non essendo rassicurante, è un fatto.
A quella musica ballo e mi entusiasmo.
Le copertine contengono spesso visi di ragazzi per cui le ragazzine si strappano i capelli (ecco, questo magari non lo faccio), capelli impomatati e sguardo profondo e accattivante, visi dall'incarnato particolarmente bianco, perché il mito del vampiro acchiappa sempre. Quelle copertine che le guardi e capisci che dureranno lo spazio di un disco e poi nessuno si ricorderà di loro, perché l'adolescenza è anche l'età in cui si cambia idea di continuo e quindi un cantante non può durare più di qualche mese.
Quando ero piccola quel che ascoltavo, tipo grease e san remo, era chiamato 'canzoni', quelli di mio fratello 'brani musicali'. Già la terminologia scavava un baratro fra la mia musica e la sua, magari jazz o musicisti conosciuti in tutto il mondo ma solo da chi se ne intende e che devi stare seduto per poter apprezzare veramente, perché se ti alzi quella musica non ti segue.
Io ascoltavo le mie canzonette perché il gioco è la parte predominante in me, anche ora e quella roba mi permetteva di saltellare dappertutto e cantare a squarciagola, magari con un finto microfono in mano. Anche questo ora non lo uso, ma canto e balzello più o meno nello stesso modo.
Non sono scoperte facili da mandare giù, ma bisogna comunque farci i conti.
Quindi il mio lo chiamerei piuttosto un saltino quantico.
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