Tuesday, June 7, 2016

Le palpebre incontrollabili.

Ieri sera sono andata a vedere un film che si intitola Mon Oncle, di un tale che si chiama Tati con l'accento sulla i e che è un film vecchio, di quelli che in genere non vado a vedere. Non perché li abbia già visti, perché di questi filmoni che via via ripropongono nelle sale, io non ne ho visto neppure uno, perché la talpa non è un'esperta di cinema, la talpa è solo una che va al cinema, che vuol dire che va, sprofonda nella poltrona, guarda un film e talvolta sgranocchia pop corn e questo le piace, ma non pretende di capirci granché, anzi è molto probabile il contrario, perché i film le piacciono quasi tutti. 
In genere mi rivolgo alle nuove uscite. Quello di ieri sono andata a vederlo perché i trailer mi attiravano come una stanza piena di giocattoli per un bimbo.
Quel poco che avevo visto sembrava un quadro di Magritte e anche il tanto, ora che ho visto tutto il film. Le immagini e i colori sono meravigliosi, si può dire che sia pura poesia dell'immagine e oltre che in un quadro di Magritte, sembra di stare in un museo di oggetti di design anni cinquanta, o in alcune stanze del Moma.
Nonostante i colori e la poesia, indiscutibile, dopo la metà io mi sarei fatta un sonnellino da cui, se avessi acconsentito al suo arrivo, mi avrebbero risvegliato i custodi stamattina. Quindi di nuovo mi è toccato mettere gli stecchini negli occhi, che di nuovo si flettevano paurosamente. La cosa buffa è che nonostante fossi così annebbiata, non potevo fare a meno di ridere. E siccome quello accanto a me rideva quando ridevo io, a un certo punto mi sono sentita responsabile anche della sua risata. Mica potevo smettere e lasciare che quello giacesse nella tristezza.
Il cinema, con mia grande sorpresa, era pienissimo e davanti a me c'era una fila di ragazzi americani e mi chiedevo cosa capissero, visto che il film era in francese e i sottotitoli in italiano. Ma può darsi che parlassero tutte le lingue del mondo, mica sono tutti come me. Le due davanti a me sarebbero state a rischio stecchini infilzati nel collo, se non fosse che, più o meno nello stesso momento in cui le mie palpebre hanno cominciato a giocarmi brutti scherzi, loro sono sparite. Nell'annebbiamento del sonno e delle risate, non me ne sono accorta subito, ma dopo un bel po' e ho pensato che se ne fossero andate senza che ci facessi caso, niente di più facile. Alla fine del film però le ho viste riemergere e le loro facce non lasciavano dubbi su quale fosse stata la loro attività. Non erano ricorse agli stecchini, si erano messe comode e si erano fatte una bella dormita. Può darsi che avessero anche una copertina, anche se non ho potuto verificare.
C'è da dire che questo cinema ha le poltrone più comode del mondo e se la gente si addormenta in fondo è più normale che rimanere svegli a guardare i film.
Comunque mi sarebbe piaciuto conoscere il signor Tati, perché uno che fa dei film così non so cosa abbia nella testa, ma so per certo che si tratta di roba bella e che il mondo lo vedeva a colori.
La cosa più ardua è stata riuscire a tornare a casa sui piedi, ma è evidente che ce l'ho fatta, perché stamattina mi sono svegliata nel mio letto e non in quella poltrona.

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