Sunday, June 12, 2016

L'insidia degli obiettivi.

Intanto voglio celebrare la presenza di una connessione adsl nella tana, perché nella mia tana potrei anche fare a meno della cucina, tanto per quanto la uso, ma senza connessione mi sento a disagio un po' come se avessi la febbre. Ma non ce l'ho la febbre, sto benissimo, ho solo bisogno di accendere il talpapod e vedere quel cono di lineette che indicano che posso navigare nella musica, e quelle lineette le voglio vedere anche nel mio telefono e poi voglio accendere il computer e scoprire che le lineette non sono finte (perché lui le disegna lo stesso, anche se non funzionano). Ecco cosa voglio, non è mica tanto difficile da capire.
Dovrebbe bastarmi la natura, dovrei bastarmi io, dovrebbero bastarmi i libri da leggere, dovrebbe bastarmi il fatto che posso disegnare, che posso scrivere, che posso fare quasi tutto senza una connessione. Dovrebbe bastarmi sapere che le cose più importanti posso farle senza una connessione. Dovrebbe, appunto, perché invece non mi basta, perché quando non ce l'ho io mi concentro solo su quella. Mica ci sto a pensare, no, perché le faccio tutte quelle cose che ho scritto, ma ho il disagio che mi percorre e non mi piace essere una talpa percorsa da un disagio, come fosse un'ombra fredda e strisciante. Come si può vedere si tratta di una mancanza subdola, che non sta nei pensieri, ma sta a monte e si insinua in tutto. Pervade. Pervade talmente che anche ora che ce l'ho, eccola, la sto usando, continuo a pensarci.
Ma a proposito di andare verso quello che non c'è, ho scoperto che questa tendenza può essere molto insidiosa. 
E l'ho scoperta con ciò che in questo periodo occupa gran parte delle mie giornate, le pirouettes. La mattina mi sveglio e le provo, poi vado a lezione e in bici penso a loro, poi inizio la lezione e penso a loro, poi arrivano e io ho accumulato una tensione, un'aspettativa che anche se le faccio neppure me le godo. Questa cosa che ho appena detto sarebbe un bel film che non ho mai visto, parliamoci chiaro, ma mi sa che voglio iniziare a scrivere tutte cose che non sono vere, almeno me la posso raccontare.
Però quel che voglio dire è che se una talpa vuole fare le pirouettes, anche se nel frattempo fa un mucchio di cose bene e fa un mucchio di progressi altrove, li sdegna, perché non si chiamano pirouettes. Se le fa dal lato in cui riescono meglio, sdegna anche quelle, perché non sono dove le vorrebbe lei. Insomma, quei giri, o almeno il desiderio di loro si mangia tutto il resto. Però l'altro giorno, mentre facevo qualcosa che non ricordo, mi è saltato in testa che non è così che funziona. Perché la via per arrivare alle cose non è mai diretta e sdegnando tutto il resto mi sa che mi sto tirando la zappa sui piedi che mi servono per girare. 
Da qualche parte ho letto (sarà stato uno delle decine di manuali di self help che leggo) che l'energia va portata sulle cose che si vogliono migliorare e se io continuo a sbuffare per quello che mi manca per fare i giri come li vorrei, lì rimango. Perché snobbare i piccoli progressi in vista di quello enorme è insidioso. Perché non è il modo giusto di stare nel mondo. Perché chi mi dice che la pirouette non parta invece da un tendu?
Il mio oroscopista di fiducia, tra l'altro, dice che non devo prendere scorciatoie, ma devo farmi una bella passeggiata sulla panoramica per arrivare al mio obiettivo, guardare i fiorellini, dare un calcetto ai sassi, fare qualche saltello, sedermi su una panchina a guardare le farfalline, prendermela calma insomma. E lui, anche se mi fa imbizzire talvolta, sa quello che dice. 
Per fare le pirouettes, quindi, devo prenderla larga. 
Però una strada vale l'altra o ce n'è una in particolare da percorrere? Perché va bene, larga sia, ma quale? E poi, si sa, io mi perdo facilmente.

Tanto per avere delle conferme, appena chiuso questo post sono andata ad aprire la mia posta dove ogni tanto mi scrivono quelli dello staff di Learning how to learn e il titolo dell'articoluccio che propongono oggi (anzi lo proponevano venerdì, sono io che lo sto leggendo oggi) è: Focusing on process rather than product.
Suppongo si tratti della stessa panoramica di cui parla il mio oroscopista di fiducia. 
Però la mia domanda rimane la stessa, per quale viuzze deve passare questo process? Dov'è la segnaletica? Perché la vita non la fanno un po' più semplice?

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