Monday, December 21, 2015

La magia del piccolo.

Ho scoperto che c'è del magico nel rimpicciolire tutto.
Beh, proprio tutto no, ad esempio non vorrei rimpicciolire la mia bici, o questa tastiera o alcuni dei miei quadri o la sedia su cui sono seduta, parlo dello spazio di tempo.
Come sarebbe a dire, il tempo non si vorrebbe ingrandirlo tutti, io compresa?
E invece bisogna rimpicciolirlo, più che il tempo il lasso di tempo in cui si vive.
Se si rende piccino che più piccino non si può, funziona tutto a meraviglia. In quello spazio minuscolo c'è posto per tutto quello che deve esserci e non per quello che non deve esserci. È fantastico.
E anche i problemi si riducono, anzi smettono di esistere, per il semplice fatto che non ci stanno. Se ad esempio compro una scatolina in cui sta solo una lampadina non posso infilarci anche una penna, questo è il principio.
Ma non finisce qui, perché in quello spazio minuscolo, in cui non c'è modo di andare avanti né indietro, il mondo, nell'attesa che io arrivi, si sistema da solo e siccome io sono piuttosto disastrosa pare che se me ne sto nel mio piccolo quadrato, tutto funziona molto meglio e quando arrivo un po' più in là, nel quadratino successivo, trovo la pappa scodellata.
Una scoperta così a pochi giorni dal Natale era quanto di meglio mi potesse capitare.
In un mondo così io non devo fare niente.
Qual è la differenza tra prima e ora, mi si potrebbe chiedere.
Che prima pensavo di continuo di dover fare qualcosa, ora non solo so che non devo fare niente, ma che addirittura è molto meglio così.
Io lo sapevo che il panciolle era magico, ma non osavo crederci fino in fondo.
In tutto questo, stasera un poeta, un poeta vero, mi ha detto che ho le ali.
Non so se significhi che ho la gobba, a dire il vero, anche perché avevo anche lo zaino sulle spalle, però devo dire che sentirsi dire una cosa simile non è male per niente. Nel mio quadrato piccino credo possano farmi comodo.
Insomma, non solo posso stare in panciolle, ma ho anche le ali, quindi se decido di fare un viaggio non devo neppure pagare il biglietto per l'aereo.
Posso desiderare qualcosa di più?
Ovviamente sì, perché anche nel mio elogio del piccino, sono incontentabile.

Sunday, December 20, 2015

Opposti necessari.

Oltre a instaurare un dialogo col libro che mi guardava in cagnesco da un angolo, da cui l'ho prelevato per poggiarlo su un divano, che mi pareva luogo più amichevole  e più adatto a stabilire un contatto, io, anzi no, la talpa, sta ripristinando il terzo. In realtà lei è a un buon punto, insomma un bel pezzo avanti, ma quella è una faccenda maledettamente dura, perché non so dire a quali parti di me parli quel libro, ma certo non a roba facile.
Quindi mentre io dialogo con quello che non mi mette in condizioni facili, nonostante sia io ad averlo creato, la talpa affonda nell'altro e cerca di riportarlo in superficie.
Così impegnata su due fronti complessi, non posso non rispondere al sole che entra dalle finestre, all'operazione natale e regali che mi chiama e da cui mi lascio distrarre volentieri, da un papero che sta nascendo da una tela, da forme più definite che emergono da un'altra e da disegni che mi muovono le mani, perché tutto questo è leggero e la leggerezza è la chiave della vita, quella che tiene a galla anche tutto il resto.
Come del resto il dolce far niente, il cinema e la musica che ho nelle orecchie, senza la quale non potrei muovere un solo passo.
Quindi chi è che tiene tutto insieme, cosa è importante, quelle difficoltà o la leggerezza e la musica, che costituiscono il tessuto connettivo della mia vita?
La leggerezza, senza dubbio, con tutto ciò che si porta dietro.
La domanda, dunque è, posso lasciare solo lei e eliminare tutto il resto?
Caspiterina, non lo so, perché subito mi si ripropone la faccenda delle due facce della medaglia, dell'equilibrio degli opposti, di quel tutto di cui pare sia fatta la vita e di cui pare non si possa fare a meno.
Ma se la chiave che uso per aprire le porte e costruire la trama è la leggerezza ce la posso fare però, non è vero?
Intanto, prima di cedere al sole mi rituffo in quelle profondità che leggerezza o non, quando chiamano bisogna ascoltarle.
Poi però cederò al sole.
Io però mi sa che le medaglie le preferirei fatte di due facce uguali.

Wednesday, December 16, 2015

Gli alieni.

Poco fa, non tanto, pochi minuti fa, ho pensato 'Cosa c'è di più bello che stare qui, in casa a lavorare, mentre cucino dei peperoni (quasi mai cucinati)?' e allora ho capito di essere posseduta da un alieno.
Il motivo per cui lo scrivo qui è che se dovessi sparire, quindi, non mi si dovrà cercare nei luoghi comuni come bar, stazioni, vie delle città etc, ma su altri pianeti e si dovranno cercare le tracce di navicelle spaziali atterrate sul tetto nuovo.
Essendo già posseduta (vedi lavoro + peperoni + elogio), è evidente che l'atterraggio alieno è avvenuto a mia insaputa una di queste notti e mentre tutto continuava a sembrarmi normale, nulla lo era più.
Spero solo che, oltre a rendermi aliena a me stessa, non mi abbiano sciupato il tetto nuovo col loro strambo veicolo, perché questa è una cosa che mi farebbe veramente innervosire e che li farebbe pentire di avermi fra loro, posso assicurarlo.
Bene.
Ora torno al mio lavoro e ai miei peperoni, rossi e gialli. 
Quelli verdi non li compro mai e neppure quelli rossi e gialli che a volte sono un po' verdi.

Monday, December 14, 2015

Esplosione creativa.

Siccome siamo sempre alla ricerca di problemi, ne troviamo a bizzeffe.
Il mio ora è costituito dall'avere troppe idee.
Naturalmente se ne avessi avute poche sarebbe stato un problema lo stesso e infatti l'introduzione parla chiaro. Non esiste situazione immune dal problema. Assodato questo, perché fare il punto, anche se non piacevole, tranquillizza, troppe idee non aiutano.
Innanzitutto mi fanno venire molta ansia, perché la mia mezz'oretta di lavoro al giorno è decisamente insufficiente a sostenerle. Inoltre ho la consapevolezza che anche se lavorassi cento ore non basterebbero. Questa è una consapevolezza che mi fa comodo, certo, ma è così, perché niente basta mai. Più alzi l'asticella, più rimani insoddisfatto, ecco perché mi impegno ogni giorno a tenerla bassa e anche questo compito richiede uno sforzo non da poco.
Tornando alle idee numerose, mi affollano il computer e la casa. Affidandole a questo strumento con cui sto scrivendo e alle mura della mia dimora, spero di liberare spazio dal mio cervello e in un certo senso è così, però il sapere che zampettano in tutti gli altri luoghi, anche se non è propriamente la mia testa da cui le ho buttate fuori, non mi fa sentire tranquilla, quindi è come se un po' rimanessero anche lì. Insomma, è difficile liberarsene.
Cosa comporta tutto ciò. 
Occorre precisare che io sono una talpa un po' dispersiva e poco organizzata, ecco perché passo le giornate a cercare metodi che mi aiutino in questo, senza trovarli. Perché forse il disordine è in me e se in una camera non rifai il letto è inutile che apri le finestre per fare entrare aria, il letto rimane disfatto. Questo è un po' quel che accade a me.
Le idee dicevo, perché mi disperdo anche qui, come si può vedere.
Grazie al loro numero cospicuo ho cartelle piene di idee per libri e racconti, blocchi da disegno pieni di schizzi, due libri e quattro quadri iniziati.
Se tutto si fermasse qui, forse potrei pensare di poterlo affrontare, ma non accade così, perché le idee non capiscono quando è il momento di fermarsi e appena ne arriva una nuova io le corro dietro. È come una lepre nel bosco che mi corre davanti e io sono una talpa, non posso che seguirla quella lepre che saltella libera. La talpa è curiosa, contrariamente a quanto si possa pensare e adora saltellare dietro alle novità, rischiando talvolta di perdere la strada del ritorno, cosa molto facile per lei.
Il punto è che l'idea la devi acchiappare quando arriva, quindi questo mi porta a mollare tutto, prendere la tela, ad esempio e fissarci sopra l'impronta di quella lepre. 
E così i lavori iniziati aumentano e anche la confusione.
Non c'è fine a questo processo, e il solo modo per affrontarlo è imparare a muoversi in mezzo a tutto questo, starci tranquilla insomma. 
E questo richiede una grande pratica zen, che io amo, ma non so afferrare e il fatto che con lo zen usi il termine afferrare la dice lunga su quanto sia lontana dall'essenza di quella pratica.
Un tempo pensavo che per acquisirla o avvicinarmici avrei dovuto ritirarmi in un eremo, in alto su una montagna irraggiungibile. Ora penso che lo zen vada cercato qui dove sono e anche questa naturalmente è una scusa per stare dove sono esattamente come sono.
Le mie naturalmente non sono idee speciali e fino a un po' di tempo fa pensavo che si trattasse di roba abbastanza inutile, ma ora non lo penso più, perché sono idee, nient'altro che idee che mi piace seguire, come un leprotto nel bosco.
Però forse devo trasferirmi in un bosco in cui ce ne siano meno.
Ma mi divertirei, poi?

Sunday, December 13, 2015

Il timer.

Stamattina volevo lavorare, ero molto decisa.
Decisa come non mai.
Però poi, proprio mentre mi accingevo a cominciare, ho incontrato un problemuccio.
Ho sentito un bisogno incontenibile di installare un timer che fissi le mie sessioni di lavoro, che secondo uno dei corsi che sto seguendo pare essere uno strumento indispensabile se si vuole concludere qualcosa di buono.
Quindi mi sono lanciata alla ricerca.
'Due minuti, lo cerco, lo installo e mi metto al lavoro'.
Ma cercarlo, per non so quale problema, non mi ha preso solo due minuti, deve essere accaduto qualcosa per cui dopo un'ora ero ancora lì, scegliendo, installando, sbagliando e cestinando. Ne ho provati quattro, nessuno dei quali era adatto al mio nobile compito.
Alla fine mi sono stufata e ho smesso di cercare, però era anche passato il tempo che avrei dovuto dedicare al mio lavoro.
Però proprio non riesco a capire dove fosse l'errore, visto che mica stavo guardando i cartoni animati, stavo cercando uno strumento per migliorarlo il mio lavoro.
A volte accadono cose incomprensibili e io ho una soluzione per questi momenti incerti e oscuri. Spengo tutto e esco.
Quindi vado.
Senza timer e senza lavoro, sperando di trovare qualcos'altro altrove.
Anche perché il libro finito è sempre lì, nell'angolo che mi guarda in cagnesco. Vai a capirle le opere, prima le crei e poi ti buttano fuori di casa.

Tuesday, December 8, 2015

Giorni non facili.

Fra i libri che sto leggendo ce n'è uno su come svuotare la testa.
L'ho comprato piena di allegria e convinta che per me fosse cosa semplicissima, visto che già di partenza non è molto piena, ci girellano due o tre pensieri sempre uguali e metterli a sedere su una panchina non dovrebbe essere così difficile.
Illusa.
I miei non sono come gli altri, sono ostinati e dispettosi e io lo sono più di loro, quindi fra noi si è instaurato uno stato di lotta che non ha tregua.
Il libro dice anche e lo ripete come fosse la parte più importante da comprendere, che non si deve assolutamente combattere contro quegli impertinenti, perché più li combatti più loro stanno lì. Dice invece che li devi guardare come se niente fosse e alla fine loro, stanchi della tua indifferenza, se ne andranno da un'altra parte che non so se sia un'altra testa o nel mondo fuori, all'aperto, questo il libro non lo dice.
Quel che i libri non dicono e che nessuno ti insegna, è che ti possono dire quello che vogliono, tu ascolti e capisci solo quello che ti va di capire o che sei in grado di capire.
Il libro non considera le talpe bizzose e non capisce che io non ci penso neanche a fare finta che quelli lì non esistano e guardarli in cagnesco è l'unica cosa che ho voglia di fare, quindi trascorro le mie giornate in una strenua lotta con i miei pensieri con lo scopo di avere una testa vuota, una, come la chiamano loro, peaceful mind. Lo capisco che raggiungere la pace attraverso la guerra contenga un certo controsenso, ma tant'è, allo scopo di ottenere una mente quieta io sto lottando come una pazza. Il risultato al momento è tutt'altro che quieto, ma naturalmente sono più che convinta di vincere.
Sempre questo libro dice che non si può avere felicità senza tristezza, che sono due facce della stessa medaglia. Quando ho letto questa cosa prima ho storto il muso e poi stavo per buttarlo nel fuoco, come avrebbe fatto Pinocchio, ma non ho potuto farlo perché il fuoco non ce l'avevo, allora l'ho tenuto. 
Allora mi sono ricordata del giorno in cui avevo saputo di essere in finale. Ero stata super felice tutto il giorno. Poi del giorno in cui ho saputo di non aver vinto. Sono stata triste per tre o quattro minuti. Quindi tirando le somme, ho guadagnato una giornata di felicità contro qualche minuto di tristezza. Vista così, è una gran cosa e la medaglia non ha per niente le facce uguali e se sapessi dove vive quello che ha scritto questo libro andrei a dirglielo di corsa, ma mi accontenterò di questa vittoria silenziosa.
L'altro problema che ho, e qui il libro non mi dà uno dei suoi inutili consigli, è che da quando ho finito il libro sento un certo disagio. È come se in casa abitasse una persona nuova che mi guarda da un angolo, sta lì ferma e non parla e io non so cosa dirle, allora mi tocca stare sempre fuori per non vederla e tornare a notte fonda e andare a letto senza accendere le luci per non vederla. Ma per quanto ancora potrò vivere così? Prima o poi dovrò pur riappropriarmi della mia casa e dei miei spazi. Ci sarebbe la soluzione di buttarlo fuori di casa, del resto è casa mia, mica sua, ma la trovo un'operazione difficile, per non dire impossibile, e non capisco perché. Fatto sta che il problema esiste e il disagio anche.
Come si può capire, non sono giorni facili.

Sunday, December 6, 2015

Sono felice per.

La colazione.
C'è chi si sveglia spinto dal desiderio di salvare il mondo, chi per mettere insieme una squadra di hockey, chi per fare il giro del mondo, chi per fare volontariato, chi per governare un grande paese, chi per fare il panettiere, chi per correre per almeno trenta chilometri, chi per guardare dieci film in un giorno, chi per piantare una piantagione di banane, chi per costruire almeno due grattacieli, chi per fare l'amore tutto il giorno, chi per preparare la torta più buona del creato, chi per fare una scoperta che gli cambi la vita, chi per andare a trovare un amico lontano, chi per arrampicarsi su un albero e stare lì tutto il giorno, chi per lanciarsi col deltaplano, chi per camminare tutto il giorno sulle mani, chi per non fare niente, chi per buttare all'aria tutto, chi per stendersi su un prato e molte altre cose comuni. Io mi sveglio per la colazione. In mancanza di motivazioni più forti, la tazza di caffellatte sospesa davanti ai miei occhi è il primo motore delle mie giornate. Non voglio dire l'unico per non sembrare sfigata, però devo dire che se mi sforzo non è che me ne vengano in mente molti altri. Ma la tazza ha un potere forte, che è quello di rimanere immutato nel corso dei secoli. Non cala di un micron, semmai cresce.

Il tesoro.
Anni fa un po' inconsapevolmente comprai una serie di fascicoli, che, a parte guardarli un po' lì per lì, riponevo nei contenitori per non farne più di niente. Ma ero molto felice quando arrivavano. Non è molto che ho riaperto il baule in cui li avevo riposti per farne ciò per cui li avevo comprati: usarli e trarne degli insegnamenti preziosi. E così ho scoperto che lì dentro c'era un mondo che mi stava aspettando. Voglio dire che avevo un tesoro in casa e non lo sapevo. Scoprirlo è stato fantastico. Ma siccome usarli comporta fatica, a volte mi sfavollo anche di questa scoperta che non mi lascia più libera e anche questo mi rende felice, perché vuol dire che la mia natura talposa è intatta.

La musica.
Grazie a Spotify potrei smettere di uscire di casa, quindi forse non è un bene che io l'abbia scoperto. Se la mattina, dopo la colazione, mi infilo le cuffie e prendo in mano una matita, accade che mi dimentichi di uscire e degli impegni che avevo. È come un salto in un altro mondo che fa saltare le connessioni con questo. È bello.

Il tramonto.
Perché avviene davanti ai miei occhi e soprattutto perché grazie alle mie tendine furbe, mia nuova e ottima invenzione, posso fare fuori il sole mentre lavoro e questo mi dà un'enorme soddisfazione, perché per un paio d'anni l'ha avuta vinta lui. Prima lo copro, poi tramonta e tutto funziona.

Il cinema.
Non tutti, solo alcuni. Ma ci sono delle sale che hanno un'attrazione pazzesca su di me e grazie a questo potere ho visto molti film brutti, solo per andare a sedermi lì, perché la mia capacità di discernimento di fronte a quelle sale lì, sparisce. Anche questo è bello.

I piedi.
Perché i piedi sono pazzeschi. Grazie a loro posso camminare, posso danzare e posso andare in bicicletta. Lo so, lo so bene, anche con le mani faccio tante cose, con gli occhi e tutto il resto, sì lo so che tutto serve, tutto è importante eccetera, ma secondo me i piedi sono pazzeschi, li uso moltissimo. Anche se ultimamente sono un po' arrabbiata con loro perché non mi aiutano come dovrebbero con le pirouettes e anche se so che non è del tutto colpa loro, anzi lo è in minima parte, se li metto al primo posto devono anche essere disposti a prendersi colpe che non sono loro. Credo sia colpa loro anche il mio non riuscire a fare la verticale, perché avendoli messi al primo posto vogliono stare in basso, dove sono sempre stati. Perché a furia di trattarli così, sono diventati prepotenti. Ma sono loro i primi, non c'è dubbio.

La libertà.
Che è meravigliosa, e lo è talmente tanto che diventa tiranna. Non è facile averci a che fare, è davvero una strana amica, però è sacra. Può dare le vertigini e far venire voglia di rinchiudersi in una scatola, tanto può fare spavento, eppure se lei non ci fosse nulla avrebbe senso. Ogni giorno la convivenza con lei è diversa. È un essere guizzante che si trasforma, la prova più difficile delle mie giornate,  ma è qui, e se imparo a trattare con lei, insieme possiamo fare grandi cose. Forse è anche per questo che non ho vinto, perché come ho detto è tiranna e trovare il giusto punto di tensione è uno degli scopi della sua esistenza nella mia vita.

Tutto.
Perché mi piace tutto quello che faccio e se dovessi inventare, scrivere, disegnare, dipingere, danzare le mie giornate, credo che le creerei proprio così. E credo che anche me stessa non mi creerei molto diversa da come sono. Del resto questo è quel che ho e mi ci sono affezionata e piano piano ho trovato diversi strumenti sul cammino per mettere a punto quel che non funziona. Non vorrei cambiare squadra, ecco, sarebbe un gran casino se lo facessi.

La vita è una roba strana e se ci si tira su le maniche anche quando fa freddo allora vuol dire che va tutto bene.

Non ho vinto.

Stavo venendo qui per scrivere un post di tutt'altro tenore, ma prima di aprire questa porta ho deciso di fare un girello e di aprire prima altre porte e a volte invece non bisognerebbe fare deviazioni, ma andare dritti al punto. 
Fatto sta che ho appena scoperto che non ho vinto e anche se per tutto il mese e anche più mi sono detta che non mi interessava granché, anzi non è che me lo sia detta, era un po' vero, non ci pensavo mai e non stavo lì a guardare. A parte la felicità iniziale poi la cosa mi era scivolata via, almeno così credevo fino a pochi minuti fa, perché invece vedere che non ho vinto non mi ha fatto piacere per niente, anche se non so cosa avrebbe comportato vincere, non so bene cosa comporti vincere, perché non mi è mai successo e forse questo dovrebbe farmi capire che non è roba per me.
Comunque non ho vinto e per un attimo mi sono saliti alla testa vecchi pensieri, tipo che scrivo a fare, che cavolo sto facendo e anche in questo blog cosa ci vengo a fare visto che non ho un solo lettore.
Ma quei pensieri sono vecchi, appunto.
Perché non è per i premi che scrivo e neppure per vincere, scrivo perché ne ho voglia e perché mi piace, punto e basta.
E forse nessuno mi legge perché il mio desiderio di trasmissione non è così forte.
Però non ho vinto, accidentaccio.
Chissà, forse sarebbe stato divertente. O forse no.
Non lo so, non lo saprò mai.
Beh, chiudo questo post e scrivo quello che avevo in mente, che sarà un po' in contrasto con questo e con l'accaduto, ma non voglio essere distolta dai miei percorsi e non sarà una notizia così a rovinarmi la giornata.
Uffa però.

Friday, December 4, 2015

La fine improvvisa.

Oggi, anzi ora, pochi minuti fa, è accaduta una cosa strana.
Forse ho terminato il mio quarto libro.
La fine mi ha colto di sorpresa e nonostante non sia la prima volta che la fine mi sorprenda lungo il cammino, tutte le volte non solo me ne stupisco, ma la cosa mi lascia costernata e con un senso di tristezza che mi porta quasi alle lacrime.
Non ci vorrebbe molto ora a lasciarmi andare al pianto, ma vorrei evitare perché ho le lenti a contatto nuove e quando piango mi si impiastricciano tutte e così oltre alla tristezza di un libro forse finito a tradimento, otterrei anche di vedere tutto appannato. Non è il caso che aggiunga disagio al disagio.
Il quarto libro nel giorno quattro. Questo dovrebbe consolarmi, ma non lo fa.
È successo troppo all'improvviso.
E ora?
E poi, come è potuto accadere visto che non faccio mai niente?
Il mio oroscopista personale un po' di tempo fa diceva che non dovevo strafare, che potevo vivere di rendita del lavoro svolto in passato e anche se io non conservavo ricordo di questo lavoro già svolto, l'ho preso in parola, perché è il mio oroscopista di fiducia.
Così come adesso mi dice che se uno si affanna e fa molti zig zag, che vuol dire fare i pazzi per arrivare prima, non arriva affatto prima, ma impiega lo stesso tempo di chi si mette nella sua corsia e va alla sua velocità.
Fatto sta che applicando queste regolette contrarie all'affanno evidentemente sono arrivata al punto senza rendermene conto, il che rende il mio oroscopista ancora più geniale e me triste, ma è un prezzo che forse bisogna pagare.
L'unica consolazione che riesco a vedere in tutto questo, è che ora posso spegnere il computer e uscire, che so, a prendere un cappuccino o a comprarmi un altro cappottino, forse ancora rosso o giallo.
Ma non ne ho voglia, perché non l'ho deciso io e soprattutto perché il fatto di poterlo fare lo rende immediatamente poco interessante, quindi mi sa che non uscirò per i prossimi quattro giorni, proprio perché potrei farlo liberamente.
Quando le cose vanno storte del resto non ci si può fare niente.
A questo punto credo che mi farò un tè, perché sono le cinque.
E poi non lo so, proprio non lo so cosa farò. 
Forse mi toglierò le lenti e mi lascerò andare alle lacrime.
Sì, credo che farò così.

Friday, November 27, 2015

Tetti nuovi e pezzi ritrovati.

Ho una casina nuova.
Cioè, la casina è sempre la stessa, ma il tetto è tutto nuovo, così nuovo che se ci si alza in mongolfiera lo si vede brillare di sotto. Peccato che io non ce l'abbia una mongolfiera a disposizione lassù per fare dei girelli all'occorrenza, ma ciò non toglie che il tetto sia nuovo e che non mi piova più sulla chiorbina e che i muri siano asciutti e puliti.
Tutto questo mi rende felice.
Poi ho recuperato, inaspettatamente, parti di me dimenticate. Erano in una specie di soffitta polverosa.
Tali parti, recuperate o ancora in via di recupero, non so bene, hanno l'aria di essere fondamentali, anche se io non mi ero neppure accorta di averle perse e anche questo quindi mi rende felice.
Perché a volte facendo ricerche, si possono trovare cose che non ci si aspettava di trovare e che non erano neppure quelle che si stavano cercando, ma che non per questo sono meno preziose.
Quindi va tutto bene.

Saturday, November 21, 2015

Trovato.

L'ho trovato!!! L'ho trovato!!!
Il mio adorato cappottino rosso.
Non solo l'ho trovato, ma è anche bellissimo. 
Non l'ho ancora indossato, perché tutto è accaduto solo ieri verso le diciotto e trenta, ma già appeso assieme a tutto il resto spicca e fa la sua meravigliosa figura.
Non ci pensavo ieri, ero uscita per comprare un tubetto di colore (guarda caso rosso anche lui) e una tela. Alla fine ho comprato due tele e quattro tubetti di colore, come faccio sempre quando vado lì.
Comunque passando davanti a un negozio ho visto diverse cose rosse appese e sono entrata, nemmeno fossi un toro invece che una talpa.
Ho sbirciato, si trattava per lo più di magliette stile ultimo dell'anno e quando stavo per uscire una ragazza ha chiesto se poteva aiutarmi.
“Sto cercando un cappottino rosso”. Ho risposto.
“Ne abbiamo uno corto e uno con le maniche nere, te li faccio vedere?”
Vediamoli.
Quello con le maniche nere era orrendo, quello corto era molto carino, ma aveva un difetto, era corto, non era il mio cappotto. Sarebbe stato perfetto se solo fosse stato lungo. Mi piaceva, stavo quasi per prenderlo, ma quel 'se solo' mi bloccava. Ho deciso di pensarci sopra e sono uscita per dirigermi verso colori e tela.
Poi un indizio mi ha portato verso un negozio dove ero già stata.
Stessa domanda dalla ragazza di questo negozio, stessa domanda da parte mia, ma...risposta diversa.
“Ne ho uno bellissimo che mi è appena arrivato”.
Me l'ha fatto vedere e lo era davvero bellissimo, era il mio, era lui.
Ne ho provati altri e lei, nemmeno mi conoscesse da una vita ha detto.
“Cercavi un cappotto rosso? Questo è bellissimo, ti sta benissimo? Devi prendere questo, non l'altro e stasera secondo me sarai felicissima”.
Lo so che il suo mestiere è vendere e con me è anche piuttosto facile, però stavolta era un po' diverso.
Non solo ho trovato il mio cappottino, ma in questi tre o quattro giorni ti davano anche in regalo un orologio e anche se non uso gli orologi, questo è bellino e comunque è un regaletto arrivato assieme al mio cappottino rosso.
Col mio sacchetto, felice che sorridevo e mi veniva quasi la lacrimuccia, sì, per un cappottino rosso, mi sono diretta verso le mie tele e i miei colori e carica dei miei gioielli sono tornata a casa. Nello zaino, tanto per non farmi mancare niente, avevo anche Uack!, collezione mensile dei fumetti di Carl Barks che il mio edicolante mi aveva lanciato mentre passavo dicendomi che era arrivato, anche se nessuno gliel'aveva chiesto. Perché lui sa.
Oltre ad aver trovato quel che desideravo, due sono le lezioni che ho imparato.
Mai giocare al ribasso, nel caso specifico accontentarsi di un quasi-cappottino rosso, ma andare sempre fino in fondo.
E non era vero che non lo volevo più, la mia felicità ne è la dimostrazione, anche quella è una trappola in cui è opportuno non cadere. 
Di nuovo, sempre andare fino in fondo.
Quindi, le lezioni non sono due, ma è una e è sempre la stessa.
Bisogna sempre, sempre andare fino in fondo.

Tuesday, November 17, 2015

Stati di avanzamento.

Essendo giornata di punto, è giusto che consideri lo stato di avanzamento dei miei propositi.
Dunque.
Progressi fatti nelle pirouettes, 0,000001. Ecco, se un progresso si può misurare in cifre, questa è la mia e il natale si avvicina e in men che non si dica mi piomberà addosso e se non sarò arrivata almeno a uno 0,1 non so cosa farò. 
La ricerca del cappottino rosso è stata vana, cioè non proprio vana, perché alcuni li ho trovati, ma non mi piacevano, quindi sul cappotto siamo sullo zero e basta, però sta accadendo che mentre lo cerco mi scopro sempre più distratta e non sono più sicura di desiderarlo davvero. Si può continuare a cercare un cappottino per inerzia?
Forse no.
Avevo anche una serie di amiche allertate che ogni tanto mi mandavano foto di cappotti rossi nelle vetrine, ma anche questi non andavano.
Un giorno una di queste mi ha chiesto 'ma tu hai altri problemi oltre al cappottino rosso?', però mi sa che lei l'ha chiamato cappotto, non cappottino, ma la domanda era proprio questa.
Io ci ho pensato un po' e non mi è venuto in mente altro per cui ho risposto 'no, non credo, anche perché gli altri si risolvono, ma questo no, non lo trovo'.
Lei mi ha guardato sconcertata.
Io ho risposto tanto per dire qualcosa, perché mi succede quasi sempre, quando mi fanno una domanda così a bruciapelo, la mia mente si svuota e anche frugando non ci trovo niente dentro, neppure uno straccio di problema.
Il problema è che continuo a non trovarne, questo è il mio problema.
Inoltre avevo un proposito importante, che era quello di indossare gonne tutti i giorni, ma non sta funzionando per niente. 
Quindi da oggi lo rinnovo.
Solo gonne d'ora in avanti.
Per il momento può bastare, mi sembra di avere il mio bel da fare.

Il punto.

Dice (non so chi, un sacco di gente credo) che ogni tanto si debba fare il punto per non perdersi.
Io ho individuato nella giornata di oggi il tempo giusto per farlo, il che significa che tale tempo dovrò sottrarlo al lavoro, che è naturale che invece avrei voluto lavorare e che soffro tantissimo nel non poter portare avanti i miei progetti, ma se il punto chiama io cosa ci posso fare?
È da non credersi la voglia di lavorare che mi viene quando non posso e il dispiacere che ne deriva. Deve essere questo dispiacere accumulato che poi non mi permette di essere efficiente quando invece potrei.
Comunque oggi, per quanto lo desiderassi profondamente, proprio non posso.
Il punto mi chiama e ne sono fiera.
Devo anche dire che il mio astrologo personale mi ha detto che sto lavorando troppo e che devo rilassarmi. Ha addirittura detto che tutto il lavoro fatto in passato è più che sufficiente per gli anni a venire e che quindi posso vivere di rendita per un bel po'.
Io lo amo, perché non mi ero accorta di essere così avanti e rischiavo di produrre troppo.
Grazie a lui, sono salva da chissà quali terribili conseguenze.

Sunday, November 15, 2015

Leggerezza.

Io non mi occupo di cose serie, non me ne sono mai occupata e non so neppure bene di cosa mi occupi e spesso questo genere di pensieri mi ha turbato e credo che continuerà a farlo di tanto in tanto. Ecco perché in momenti come questi me lo domando ancora di più, mi domando il senso della mia vita, il senso della vita un po' di tutti, cosa dovremmo fare, cosa potremmo fare e soprattutto se sia giusto continuare a fare quello che stavamo facendo, che io, ad esempio, stavo facendo, che certo a volte bisogna fermarsi un attimo. E non per il solito motivo che non ho voglia di fare niente e ogni scusa è buona per fermarmi anche più di un attimo, ma per capire, anche se poi vedo che anche se mi fermo non capisco, non capisco niente.
Questa roba qui di non capire, e sentire ancora di più vacillare il senso, mi successe anche un'altra sera, in cui mi trovai per caso attorniata da persone, persone come me, che vivevano esperienze terribili o le avevano vissute e che facevano molte cose per cercare di risolverle, per rendere il loro pezzo di mondo un po' migliore, un po' più facile e anche se il risultato importa eccome, la cosa più importante era che loro ci provassero. Ci sono persone che sono chiamate a farlo, altre che sono costrette, ma qualunque sia il punto di origine, il fatto è che loro ci sono, nel mondo, in alcuni punti del mondo queste persone ci sono e sono tante. 
E io cosa faccio, mi domandai quella sera e per quale motivo sono così fortunata, ma non la trovai la risposta, come non trovai altro da fare che essere quella che sono, che anche se non mi è molto chiaro, so che sono sempre stata nella parte più leggera del mondo, che la leggerezza è la condizione in cui mi trovo bene, e credo sia anche l'unica in cui so stare. E in momenti come questi mi chiedo quale sia lo spazio per la leggerezza e se abbia un senso che io continui a stare lì, anche se non c'è altro posto in cui sappia stare.
Ha senso, in un momento così, prendere una scatola di matite e guardarle e dirmi  che preferisco quelle tonde, piuttosto che quelle esagonali, perché tenerle in mano è tutta un'altra cosa e allora prenderle e sentire il piacere di rigirarle fra le mani per poi fermarmi e domandarmi perché una cosa così futile sia così importante per me e che senso abbia che proprio oggi o ieri io apprezzi una matita tonda.
Qual è il senso?
Io non lo trovo ma non posso smettere di prendere una matita in mano e sentirne il piacere e poi mettermi le cuffie sulle orecchie e usarle queste matite e poi posarle anche perché mi viene voglia di fare qualcos'altro e poi leggere un fumetto, perché paperino è una delle mie dimensioni preferite e il domandarmi perché non cambia le cose.
Che vivo la leggerezza in un mondo che leggero non è e non sembra avere voglia di esserlo e il senso di quel che sono si perde, ma anche di tutto il resto.
Perché non mi occupo di cose serie.


Sunday, November 8, 2015

È amore.

Mi sono innamorata, ma io lo sapevo che sarebbe successo.
Dell'acquerello o acquarello, che anche se mi sono innamorata non lo so mica come si chiama.
Ma il nome poco importa, si tratta di lui comunque lo si voglia chiamare.
Voglio imparare a dipingere il mare in modo incantevole, nel senso che voglio guardarlo e rimanere a bocca aperta.
Ora sono ben lontana da tale risultato, anzi possiamo dire che i risultati sono sullo schifoso andante, ma ci riuscirò, perché mi sono innamorata, appunto.
E con tale amore posso raggiungere qualunque risultato.
Devo dire che in questo periodo provo un senso di frustrazione rispetto a tutte le arti e tutte le tecniche. Sento che devo andare oltre, sia nella forma, ovvero tecnica che nel contenuto per esprimere le cose a modo mio, che si tratti di immagini o parole, ma sono legata a quello che so, invece sento che voglio andare oltre quel che so e che ho sempre usato, ma non so come si apra quella porta.
Suppongo abbia una maniglia, come tutte le altre porte, ma al momento non la trovo.
E anche i mari, voglio imparare a dipingerli a modo mio.
Credo che questa sia tutta una scusa per non leggere i manuali, seguire corsi e maestri e roba così.
Ma non li voglio fare i corsi, voglio fare tutto, ma proprio tutto, a modo mio.

Friday, November 6, 2015

Viva gli scrittori.

Un uomo che non è capace di dichiarare il suo amore a una donna è indegno di lei.
Mi inchino a Nick Hornby che l'ha scritta, questa frase.
Mi inchino a tutti gli scrittori che mi ricordano come dovrebbe girare il mondo quando tendo a dimenticarmene.
In realtà mi inchino a tutti gli scrittori.
Quindi forse dovrei inchinarmi anche a me stessa.
Ma è un po' complicato. 
E poi forse tutti questi inchini fanno venire il mal di schiena, meglio non esagerare.
Però... grazie Nick!

Monday, November 2, 2015

Cose che capitano.

Stanotte il mio papero si è messo a girellare per la casa.
Saltellava anche, a volte.
Poi, al mattino, è rientrato nella tela.

Sunday, November 1, 2015

Le medie difficoltà.

Da un po' di tempo a questa parte sono in sintonia con il mio oroscopista, anzi lo precedo addirittura, perché quando leggo i suoi oroscopi a me sembra di stare già facendo quel che lui suggerisce.
Sì, perché lui è uno che suggerisce comportamenti, attitudini e, di tanto in tanto, assegna compiti. Alquanto fastidioso a ben guardare.
Ma è il mio oroscopista, che vuol dire che penso che ogni suo oroscopo sia stato scritto per me personalmente, perché così deve essere. Si tratta di una fiducia assoluta.
Anche se lo precedo e tutte queste cose qui, ci sono molte parti dei suoi suggerimenti che non capisco, perché è piuttosto stravagante e forse anche un po' avanti per me, che pur precedendolo, spesso gli arranco dietro scervellandomi per cercare di capire cosa volesse dire.
In uno degli ultimi dava compiti e questo è il vizio peggiore che ha, perché mi sento di doverli seguire, perché come ho già detto, è il mio personale oroscopista e va seguito.
Uno di questi compiti era di fare ogni giorno qualcosa di media difficoltà. Gli altri non me li ricordo e alcuni ricordo di non averli capiti, che è buono così non devo eseguirli. 
Ecco. 
Qualcosa di media difficoltà.
Ho esultato a una prima lettura, perché la frasina era facile da capire.
Impegnati ogni giorno in un'attività di media difficoltà.
Alla seconda lettura e alla terza riflessione ho capito che nascondeva degli inghippi, diciamo degli aspetti che era chiaro che il mio oroscopista non aveva considerato.
Uno era che tutto quello che faccio è almeno di media difficoltà per me, a volte anche lavare i piatti; dalla media difficoltà poi si passa alla alta, poi alla altissima etc. La voce bassa nella mia giornata non è contemplata.
Bravissima, mi sono detta, vedi che lo precedi anche nei compiti e poi fai tutte cose di media difficoltà, caspita avrai un'evoluzione così grandiosa e veloce che quasi mi commuovo e quando stavano già per inumidirsi i miei occhi ho capito che forse non era così grandioso, insomma se lui dice così vuol dire che tutto dovrebbe essere piuttosto semplice, con delle piccole eccezioni inserite da noi, come e quando vogliamo. 
Io non inserisco come e quando voglio, io sono in balia della media difficoltà.
Poi mi sono detta, dai non ti buttare giù, forse non è proprio così e poi ho fatto quello che si fa sempre, cioè un po' di confusione nel cervello per insabbiare tutto e non pensarci più.
Però invece ho continuato a pensarci alla media difficoltà, ci penso tutti i giorni. Perché seguire un oroscopista può anche rendere ossessivi e io forse non avrei neppure bisogno di lui per esserlo. 
Però poi ci sono volte in cui mi accorgo che da una media-quasi alta difficoltà vengono fuori belle cose.
Una di queste è quando un papero mi sorge da una tela. 
Come oggi, che mi sono imbizzita, che non funzionava, che non mi piaceva, che modificavo e sfumavo e rifacevo e coloravo e non capivo più niente perché ci dovevo andare dentro ma al tempo stesso stare anche fuori, che è fantastico, ma stremante e poi non ero contenta e poi, dopo ore l'ho tolto dal tavolo sempre senza essere contenta, anzi essendo molto molto scontenta e poi per caso, dopo qualche ora, l'ho visto, sul tappeto, quel papero uscito dalla tela e era così bello e  aveva una vita così propria che mi sono detta che non potevo averlo fatto io.
E allora questo mi piace, quando le cose sono talmente belle che mi sembra le abbia fatte qualcun altro e invece mi sa che le ho fatte proprio io.
E proprio con quella media, ma diciamo anche alta difficoltà.

Tuesday, October 27, 2015

Grandi scoperte.

Poi, siccome il cuscino non ce l'avevo e la mia postazione era seriamente compromessa, mi sono messa a dipingere.
Che è sempre, dico sempre, una scoperta.
E a un certo punto mi sono detta che era una cosa così bella che doveva pur esserci qualcuno che mi impedisse di farla, ma invece no, non c'era proprio nessun impedimento.
Allora posso essere felice, mi sono detta.
E la risposta è stata sì.
Ed è stato davvero sorprendente.

Monday, October 26, 2015

Problemucci.

Il punto è che vorrei tanto lavorare ma c'è un piccolo problema.
Non posso perché il mio cuscino da lavoro, quello su cui mi siedo, che mi dà ispirazione oltre che comodità, ha preso fuoco.
Per una volta che volevo, ma proprio volevo lavorare...
Beh, me ne farò una ragione.
Che altro potrei mai fare?

Saturday, October 24, 2015

Le pulizie sono pericolose.

Stamattina ho deciso di pulire una delle due stanze che ho.
Perché non tutte e due?
Perché per pulirne una impiego, quando tutto va bene, dalle tre alle quattro ore, che vuol dire che per pulirne due ne impiegherei otto. Una vita.
Perché ci metta così tanto non lo so, anche se me lo sono chiesta tante volte. Comunque questo è il tempo che mi ci vuole.
Ma oggi non è filato tutto liscio, quindi anche le quattro ore non sono bastate e ho anche perso il conto.
Agitando un piccolo foulard fuori dalla finestra per rimuovere eventuali granelli di polvere è volato via anche un sassolino che è finito sul tetto di sotto. Non si trattava di un sassolino qualunque, ma del resto nulla di ciò che è contenuto nella mia tana si può definire 'qualunque'.
Il tetto sotto non era distante, quindi ho pensato di calarmi giù dalla finestra per recuperarlo, ma siccome non sono molto coraggiosa quando ho visto che non ci arrivavo coi piedi e che per raggiungerlo avrei dovuto fare un piccolo balzo, che la pendenza mi faceva un po' paura, che la parte di tetto su cui sarei atterrata non era abbastanza grande da compensare eventuali miei rotolamenti post atterraggio e che non avrei saputo molto bene come rientrare nella stanza dopo, ammesso che fossi sopravvissuta, ho deciso di riportare dentro le gambe e costruire un attrezzo per recuperarlo. Ho legato con del nastro adesivo un cucchiaio all'estremità della scopa, ma non ci arrivava, anche sporgendomi moltissimo, allora ho legato tale scopa attrezzata a un'altra scopa e così ci arrivava, ma il sassolino non ne voleva sapere di risalire saltellando le tegole e il cucchiaio non ne voleva sapere di raccoglierlo e quindi, per dimostrarmi la loro intenzione a non collaborare, il sassolino è rotolato sul tetto sottostante, irraggiungibile con qualunque mezzo, a meno che non decidessi di calarmi con una fune, delle lenzuola legate come fanno i Bassotti per fuggire dalle prigioni o un paracadute. Sono stata molto saggia e ho deciso di abbandonare, ma il mio cuore è rimasto triste. Non sono stata capace di prendermi cura del mio sassolino.
Come non fosse abbastanza, un altro oggetto mi si è ribellato. Una palla da contact. Per pulire la stanza ho portato tutte le cose nell'altra e ho poggiato la palla su un cuscino. Dopo un po', ripassando di lì per caso, ho sentito grande puzza di bruciato, grande non piccola, ho visto del fumo e una fiamma. La palla aveva fatto da lente, bruciato il cuscino e tentato di bruciare i miei peluche e il mio robot. Li avevo messi tutti vicini. Mi era già capitato una volta, ma io non c'ero, la bruciatura era stata piccola e non avevo subito il trauma perché me ne ero accorta molto tempo dopo. 
Ho soffiato sul cuscino, l'ho messo sotto l'acqua, l'ho infilato tutto gocciolante nella spazzatura e ho messo sotto l'acqua anche la palla perché si rinfrescasse le idee e sto valutando l'idea di tenerla bene al chiuso.
Il cuscino era quello che usavo per lavorare, lo mettevo sulla sedia e rendevo così morbida la mia postazione, giù dura nella sua essenza.
Ora non ce l'ho più.
In una sola sessione di pulizie ho perso un sassolino e un cuscino e rischiato di fare una finaccia. Inoltre la casa anziché profumare di detersivo come accade quando si pulisce, puzza di bruciaticcio.
Credo che i messaggi siano questi:
Non devo pulire.
Devo uscire subito perché la casa oggi mi è nemica.
E non devo più lavorare, perché altrimenti non mi avrebbe bruciato proprio quel cuscino.
Credo che andrò anche a vedere il film del mio amico Philippe, Walk, così la prossima volta che dovesse capitarmi qualcosa del genere forse sarò in grado di tendere un filo d'acciaio e andare a riprendermi il sassolino.
Inutile dire che mi dispiace molto di più per lui che per il cuscino. 
Uffa.

Friday, October 23, 2015

Gioie.

È andata così.
Io ho detto, a tutti 'se entro l'anno non imparo le pirouettes, smetto'.
Per anno intendo fino a giugno, e per imparare intendo farle perfette e per farle perfette intendo che devono contenere un attributo importante: la ripetitività. Che significa totale acquisizione. Ecco.
L'ho detto perché se gli obiettivi li tengo per me posso sempre fare come mi pare, se invece li dichiaro è un'altra cosa. 
Questo è il motivo per cui li dico anche qui, perché anche se questo blog non lo legge nessuno è pur sempre un atto di coraggio.
Ma sulla mia dichiarazione coraggiosa è intervenuto l'effetto sorpresa.
La mia insegnante ha detto 'ma che entro l'anno, per Natale le impari', calcando su natale.
L'ha detto con una tale sicurezza che non ho osato contraddirla e poi mica sono tanto scema da mettermi a contraddire una dichiarazione che mi rende così felice.
Solo che.
Tutto il giorno ho dovuto provare pirouettes e in tutti i giorni a seguire, fino a Natale, non potrò fare altro.
Inoltre, riuscirò a gestire la grande emozione di impararle in così poco tempo? Un anno è un approccio lento, ci si prepara, ma questo tempo che non voglio contare se no mi viene l'ansia, è così vicino. Una cosa così grande in un tempo così piccolo. Come faccio a prepararmi?
E poi.
Se non ce la dovessi fare per la festività natalizia, dovrò smettere subito? Forse no, perché io avevo detto anno. Anno, non manciata di giorni.
Le sorprese, quando arrivano, non sono facili da gestire.
E non so se sia meno facile la notizia, col peso che si porta dietro, o il processo di apprendimento.
Poi dice che non lavoro.
Come si fa con queste giornate turbolente?

Thursday, October 22, 2015

Pensieri invadenti.

A volte, tipo due volte all'anno, penso che non ci sia niente di più bello che svegliarmi, fare colazione, aprire il mio computer e mettermi a scrivere.
E siccome questo pensiero e l'emozione che ne consegue prendono molto spazio e tempo smetto anche di scrivere.
Ma questo non credo sia molto importante.

Wednesday, October 21, 2015

Qualche perché.

Sono nata per danzare.
Sono nata per disegnare paperi.
Sono nata per essere felice.
Sono nata per lavorare poc... ehm, volevo dire tanto ... ... ... ... ... ... ... ... (uhm, su questo punto temo di non avere ancora le idee chiare).
Sono nata per scrivere quello che mi passa per la testa senza stare tanto a pensare.
Sono nata per non seguire molte regole.
Sono nata per essere libera.
Sono nata per dormire un numero considerevole di ore.
Sono nata per ascoltare molta musica.
Sono nata per cucinare poco, facciamo pochissimo.
Sono nata per sentire il suolo sotto i piedi, amico.
Sono nata per prendere la forza da lui, sempre il suolo, sempre amico.
Sono nata per stare nei colori.
Sono nata per ridere, molto.
Sono nata per stare in movimento.
Sono nata per sbagliare un bel po'.
Sono nata anche per imparare un bel po', per fortuna.
Sono nata per stare nella parte leggera del mondo.
Sono nata per sorprendermi.
Sono nata per fare magnifiche colazioni.
Sono nata per entusiasmarmi per cose molto stupide e minuscole.
Sono nata per capire molto poco.
Sono nata per capire anche moltissimo, ma solo a tratti.
Sono nata per avere fiducia.
Sono nata per divertirmi.
Sono nata perché sono qui e un motivo ci dovrà pure essere.
E del resto se sono nata così, cosa ci posso fare?
E ricordarmi di qualche perché non può che farmi bene.
Sono solo le mie piccole certezze.

Tipi di intelligenza.

Pare che gli intelligenti emotivi o emotivamente intelligenti che dir si voglia, sappiano avere pazienza e rimandare la gratificazione.
Conseguenza.
Sono la più emotivamente stupida del pianeta.
Però siccome il libro era il più noioso che avessi mai letto e per finirlo e gettarlo nel magazzino virtuale dei libri ho dovuto saltare prima molte righe, poi paragrafi, poi pagine, non credo che le sue stupide sentenze valgano per me.
E poi le intelligenze di una talpa, di qualunque tipo, non sono come quelle degli umani, quindi finché non scriveranno un libro su quelle talpose io potrò fare e sentirmi come mi pare.
Queste sì che sono soddisfazioni.
Va da sé che per un bel po' eviterò come la peste libri simili.

Sunday, October 18, 2015

Coerenza.

Bene, oggi lavoro.
Nessuno potrà distogliermi, nessuna persona e nessuna cosa al mondo potranno strapparmi via dal mio amatissimo lavoro.
Sarò semplicemente perfetta.
Inamovibile.
Come si dovrebbe essere, così io sarò.
Oggi sarò una personcina nuova.
Ecco fatto.
Non ci sono problemi.
Intanto accendo spotify e metto su un po' di musica, necessaria per la concentrazione.
Vediamo un po'...
Ecco scelgo questa.
Lazy weekend.
Oooooh, fantastica, proprio quel che ci voleva, rilassante...
Le posso cantare tutte!
E sprofondare in poltrona, cosa c'è di meglio per una domenica mattina?
Oh, quanto sono felice e fortunata!
...
...
Uh?
C'è qualcosa che non torna, ma non capisco bene dove.

Saturday, October 17, 2015

Sono un genio.

Sono riuscita a risolvere un problema di dimensioni colossali in maniera brillantissima, non avrei mai detto di avere un cervello così vivace.
A volte ci sono pezzi in noi di cui non ci si accorge fino a momenti come questo.
Dunque.
Nella mia casa ho molte finestre e quando lavoro ( o almeno ci provo) il sole, anche se in quel momento sta diluviando e è tutto scuro, decide di fare una visita, anche breve, tanto per farmi dispetto e non solo mi entra negli occhi e mi costringe a strizzarli, ma mi fa venire le gote rosse e io voglio abbronzarmi quando decido io, non lui.
Da un anno sto pensando alla soluzione, non facile, perché se mettessi delle banalissime tendine a vetro coprirei tutto, ma io non voglio coprire tutto sempre, io voglio coprire solo lui quando decide di darmi fastidio e di distogliermi durante quei cinque dieci minuti in cui decido di lavorare.
Tali finestre sono già munite di minuscole tendine decorative in alto, inutili perché lasciano tutto il vetro libero, ma anche per questo motivo utili.
Le tende parasole di Ikea non ci stanno, ci avevo provato a comperarle, ma poi gliele ho riportate, perché a loro puoi riportare quello che vuoi.
Allora ho comprato dei pezzi di stoffa, sono andata da un sarto indiano bravissimo che me le ha fatte diventare dei rettangoli perfetti. In uno dei lati minori ho fatto cucire tre gancini a molletta. Non appena il dispettoso sole mi vede al lavoro, dà una pedata alla nuvola intenta nel suo lavoro di provocare diluvio e si affaccia, io prendo il mio telo rettangolare, attacco le mollette alle inutili tendine corte e lo frego. 
L'unico problema è che questa operazione, cercare le tende-rettangolo, prendere una sedia e appenderle mi ruba tutti i cinque dieci minuti che avevo deciso di dedicare al lavoro e lo sforzo richiede anche che mi prepari un tè, quindi generalmente l'uso del rettangolo parasole alla fine si rivela inutile.
Ma questo non vuol dire che io non mi senta un genio lo stesso.
Ho o non ho trovato una perfetta soluzione? 

W i cartoni!!!

Una mia amica ieri mi ha portato a vedere Suburra.
Mi ci vorranno almeno tre cartoni di seguito per riprendermi.
Il problema è che li ho già visti tutti e alcuni anche due volte.
Come posso fare, quindi?

Thursday, October 15, 2015

Il verde.

Accade che fra i vari amici in carne ed ossa ora ne abbia anche uno fatto di: plastica, viti metalliche, servi motore, cavi, microchip e una manciata di adesivi, un robot insomma.
Accade che io gli chieda quale sia il suo colore e che lui ne dica uno.
È accaduto che nel mio giorno fortunato, prima ancora che io sapessi di esserlo, lui avesse detto: VERDE.
Accade che io odi il verde.
Accade che da quando è successo io sia molto turbata da questo fatto e non faccio che pensare se non sia il caso che io riveda le mie posizioni rispetto a questo colore.
Il problema è che non riesco a giungere a una decisione, ci penso e basta.
In modo piuttosto ossessionante.
Finirò per comprare un cappottino verde, me lo sento.

Dopo il 38.

Accade che dopo un numero 38 una non possa più essere la stessa, perché botte di felicità così intense e durature non ti riportano mai più allo stadio iniziale e questo comporta che tu non possa più fare le cose normali che facevi prima.
Tipo lavorare.
Va bene, non è che lavorassi molto prima, ma almeno ci stavo provando, prima del 38. Dopo il 38 è diventato molto ma moooolto più complicato. Perché ora tutto è molto diverso, tutto È molto diverso, tutto DEVE essere molto diverso.
Sebbene:

La fila nei piccoli supermercati del centro si allunghi sempre più e ora somigli alle code di eurodisney, quando ti sembra che ci siano solo due persone in attesa e dopo scopri che c'è una serpentina che contiene minimo duecento persone. Il vantaggio dei supermercati è che mentre avanzi di piccolo passo in piccolo passo puoi studiare i prodotti sugli scaffali, mentre a eurodisney questo non può succedere.

La pioggia che ti cade sulla testa ti bagni nello stesso modo e soprattutto se non copri i capelli con il cappuccio della felpa ti fa venire il crespo che continuo a non sopportare, anche dopo il 38.

Ascoltare la musica mi porti sempre a canticchiare e ballare come una stupidina.

Il sole negli occhi e sul muso mi faccia imbizzire esattamente come prima, specie se sto cercando di lavorare.

La pila della raccolta differenziata si accatasti come e più di prima, perché dopo il 38 non sparisce da sola come avevo pensato.

Non mi sia tornata la vista, ma sono sempre una talpa.

Odi sempre fare le pulizie.

Non sia diventata una brava cuoca, come per incanto.

Continui a cercare, senza trovarlo, un cappottino molto colorato.

La mia piantina secca continui a rimanere secca nonostante le mie paroline incoraggianti.

Le pirouettes rimangano il mio maggiore tormento, tanto che spesso le sogno mentre dormo e anche mentre sono sveglia.

I film al cinema siano a volte belli e a volte meno belli, ma nonostante questo vorrei vederli tutti.

Stare in pigiama sia rilassante e aiuti moltissimo a non lavorare.

Pioggia  e nuvole siano fantastiche perché non mi spremono il sole negli occhi mentre lavoro, anche se non accade quasi mai, quindi forse sarebbe meglio ci fosse il sole, almeno non mi verrebbero i capelli crespi, ma del resto la vita è piena di contraddizioni.

Continui a non sapere dove sono e dove stia andando.

Nel mio corpo ci stia più o  meno come prima, a volte comoda e a volte meno comoda.

Quindi, dopo il 38 è davvero tutta un'altra storia? Deve essere così, se no significa che devo riprendere il mio proposito di mettermi seriamente a lavorare.
Oddio!
Una lucina terrificante si sta accendendo nella mia testa e se non mi affretto a spegnerla può diventare molto molto pericoloso per il mio già precario equilibrio.

Ho sbagliato.

Ho scoperto che ammettere di essersi sbagliati può essere estremamente salutare.
A un certo punto ti scopri a dirti 'ok, ti sei sbagliata, fattene una ragione'.
'umpf' ti scopri a rispondere e quella cocciuta ti ripete 'inutile che umpfi, ti sei sbagliata punto e basta' e siccome non hai argomentazione alcuna per opporti, ti tocca darle ragione.
E appena le dici 'e va bene, hai ragione' scopri che ti puoi rilassare in poltrona, mettere i piedi su un bel puff e bere un succo d'ananas e ti sembra quasi di stare ai tropici su una spiaggia di sabbia bianca, sotto una palma. Ci sono le spiagge bianche ai tropici? Forse dovrò farci un salto per controllare.
Va bene, lo so, forse a un certo punto tocca togliere i piedi da quel puff, alzarsi dalla poltrona e forti dell'ammissione della sconfitta ricominciare, ma questa è un'altra storia.

Monday, October 12, 2015

Numero 38.

Io, proprio io, la talpa, oggi, cioè proprio ora, sono felice e emozionata.
Ora spiego perché.
Ogni anno butto dentro il concorso 'il mio esordio' un mio libro.
Siccome i libri sono due, il totale è di due anni per due libri e questo è il secondo.
Ma non so come si partecipi a tali concorsi, quindi mi perdo il meglio.
L'anno scorso scoprii di essere tra i semifinalisti, feci un paio di saltelli gioiosi per la casa, per vedere dopo cinque minuti che il tutto era accaduto un mese prima e che eravamo già alla fase dei finalisti e che ero stata eliminata da tempo.
Quest'anno, ed esattamente oggi, ho deciso di andare a controllare, per scoprire con grande sorpresa che sono tra i 51 finalisti selezionati dalla scuola Holden, al numero 38 per la precisione.
Al di là di tutti questi numeri, la sorpresa che ha colpito i miei occhi leggendo il mio nome come fosse quello di qualcun altro, perché quando finisci in queste liste non sei più tu, o almeno non interamente, è stata enorme.
Il fatto è che ora mi tremano le mani e un po' tutto e non so bene cosa si debba fare in un caso come questo, anche se credo che la risposta sia continuare a fare tutto come se niente fosse.
Ma io mica sono capace.
Il problema è che da oggi, che è lunedì, avevo deciso di cambiare totalmente e per la precisione di diventare una talpa che lavora senza indugio, ligia. E ci stavo anche provando, però se il destino ci mette di continuo lo zampino come posso fare?
In tutta onestà, come posso continuare a lavorare mentre mi sento in fibrillazione come fossi un frullatore?
Caspiterina, la scuola Holden mi ha selezionato e sono un numero 38 che d'ora in avanti diventerà un numero che mi appiccicherò un po' dappertutto.
Insomma, sono felice e per questo non posso, ma proprio non posso più lavorare.
Anche se forse il destino mi sta dicendo proprio il contrario, cioè che DEVO lavorare, ma non credo che il suo messaggio sia molto chiaro.
Che giornata fantastica!!!
Che fantastico lunedì!!!!

Wednesday, October 7, 2015

Le verdure.

Come avevo già accennato, da due giorni e mezzo sto mangiando più verdure del solito (colorate, almeno quello) e non sto mangiando salumi (non sono colorati perché sono talmente fantastici che non ne hanno bisogno).
Ecco, il risultato è che sono pallida, a lezione mi sento debole e sono triste. 
Tutto questo l'ho fatto per tre bolle che mi erano venute sulla schiena, che mi facevano molto prurito e perché erano settimane che, devo ammetterlo, mangiavo solo panini. 
Le bolle si stanno rimpicciolendo, ma non credo c'entrino le verdure, è solo che più passa il tempo, più loro si scocciano di stare lì ferme e se ne vanno.
Quindi la dieta che doveva essere salutare termina qui, perché mi sa che mi sta facendo ammalare.
Le verdure, è evidente non fanno bene a tutti e di sicuro non fanno bene a me, quindi dovrò anche modificare i miei propositi in 'mangiare meno verdure possibile' se non voglio fare una finaccia.
Ma loro non sono le uniche ad attentare alla mia salute.
A scuola di danza c'è una tipa che sa tutto di medicina orientale, punti energetici e cure alternative. Ne sa talmente che ogni qualvolta l'insegnante dice che qualcosa si muove male, tipo un braccio rigido, un gomito che non vuole guardare il muro dietro ma dove gli pare, un ginocchio che vuole stare un po' piegato perché gli piace così e perché vuole anche dare fastidio a me, un piede che non si vuole tendere perché è pigro, proprio come me, un mento che non vuole stare su per non sentirsi superbo, un collo che non vuole essere scattante perché invece si sente parecchio aristocratico e potrei andare avanti per una settimana, quindi mi fermo, ecco ogni volta che viene toccato un qualsiasi punto del corpo umano lei individua un problema interno. Oggi ad esempio sulle mie braccia rigide ha detto 'male male, braccia rigide vuol dire malato' e poi, nonostante le mie preghiere di dirmi malata come, non ha voluto dire altro.
E così ha tagliato la testa al toro, cioè a me, malata tutta e non se ne parla più.
La mia insegnante, vedendo la mia espressione costernata ha riso e ha detto 'tranquilla, sei sana come un pesce', cosa che sinceramente penso anch'io. Ma secondo la medicina cinese, con un solo colpo d'occhio, sarei a un piede dalla fossa. Che, in quanto talpa, non è neppure tanto problematico...
Per continuare con questo sfogo di cui ho molto bisogno, in un libro attraverso il quale avrei dovuto risolvere ogni mio problema riguardo alla concentrazione sul lavoro (dal risultato inutile, come si può vedere), ho invece constatato che posso riconoscermi in tutti e sei i tipi analizzati e che le caratteristiche elencate per ognuno, in alcune delle quali lui, l'autore, diceva avremmo potuto ritrovarci, ce le ho tutte, forse tranne due o tre, ma a ripensarci bene mi pare di avere anche quelle. Ci credo che non lavoro, con tutti questi problemi, o tare come vogliamo chiamarle. Mica è colpa mia.
E per concludere ora sto leggendo un libro sull'intelligenza emotiva, per scoprire che ne sono assolutamente priva.
Le alternative sono:
Smetto di leggere. (E così forse lavoro un po' di più)
Mi butto di sotto, perché senza speranze.
Correggo tutti questi problemucci (ma non mi basterebbero cento vite).
Ci rido sopra (ma non sono sicura di riuscirci).
Smetto di mangiare le verdure e così risolvo tutti i miei problemi.
Faccio finta di niente e vado avanti come se niente fosse.
Mento a me stessa e mi dico che sono perfetta.
Imparo a fare la verticale così forse va tutto a posto.
Non so.
Ecco, è proprio quello che farò. L'ultima.