Parlando con un'amica che non è poi neppure molto amica, dato che la vedo all'incirca una volta all'anno, è piuttosto la sorella di una mia amica, ad ogni modo parlando con questa tizia, mi si è presentato in tutta la sua spaventosa grandezza il problema dell'inadeguatezza delle parole.
Che per una scrittrice non è poca cosa, anzi dire che è spaventoso è dire poco. Può gettare nel panico e trattenerti lì con forza finché una tazza di caffellatte non venga a riprenderti e a calmarti il tremore.
Naturalmente parlavo della mia vacanza e forse il problema viene acuito dal fatto che io spesso non ho punta voglia di raccontare. Però mentre parlavo mi rendevo conto che quelle banalità che descrivevano la pura realtà, non avevano nulla a che vedere con le emozioni che avevo provato. Sembravano due binari diversi e inconciliabili.
Ero sempre io? Era la stessa vacanza? Di cosa e di chi stavo parlando?
In verità questo è un problema che in molti si sono posti.
Ma poi la realtà esiste? E se sì, come è in realtà? Con quei quanti che non stanno fermi un attimo e che sono energia e non materia, non c'è forse un baratro tra ciò che vediamo e ciò che è? E allora non è forse molto più forte la percezione di quel che non c'è, di quel che noi crediamo di vedere?
C'è gente che si è suicidata intorno a questo problema.
Ma insomma, questo baratro che si percepisce riguardo alla realtà è più o meno lo stesso che intercorre tra quello che racconto e quel che sento e che so di non avere la capacità di riprodurre se decido di attenermi solo alla cosiddetta realtà.
Inadeguatezza personale? Può darsi.
Wilde diceva che descrivere la realtà così com'è è puro tedio. La realtà bisogna inventarla o quantomeno ingigantirla perché diventi interessante e si trasformi in bellezza.
Allora mi sono messa a pensare a cosa potrebbe rendere il mio racconto vicino alla percezione che ne ho avuto e suonerebbe più o meno così.
Me ne stavo andando per i fatti miei, pedalando nel mondo verde, felice e contenta e talmente immersa da sentirmi un po' verde anch'io (Umpf!), quando mi sono trovata sulla stradina un dinosauro enorme. Per entrarci tutto aveva sradicato perfino qualche albero e non ne voleva sapere di lasciarmi passare. Il mio cuore affascinato, tanto ero pazza in quei giorni lì, batteva all'impazzata. A un certo punto lui, senza tanti discorsi, ha dato una zampata alla mia bici, mi ha piazzato sul suo groppone, ha aperto due ali talmente enormi da poterci fare un pic nic in venti e si è alzato in volo.
'Mettimi giù, bruto', urlavo io, ma lui andava nel vento e se non fossi stata così imbizzita e un pochino spaventata mi sarei e goduta quel girello.
Inoltre, rischiavo di scivolare giù e ridurmi in polpetta di talpa ogni due minuti, perché lui curvava come un matto, quindi cercavo di aggrapparmi a due scagliette ma non erano sufficienti, allora a un certo punto gli ho girato le braccia intorno al collo e ho appiccicato il muso su quella che suppongo fosse la sua nuca.
'Così mi strozzi però', fa lui.
'Allora vai più piano', rispondo io.
'Che divertimento c'è ad andare piano? E poi mi chiamano lo spericolato...'
'Proprio tu mi dovevi capitare?'
'In effetti c'è un mio amico più calmo, lo chiamano il soave, ma secondo me con lui ti saresti divertita meno'.
'In realtà io mi stavo divertendo dov'ero, anche senza il tuo intervento'.
'Non ci posso credere. Laggiù su due routine e due pedali? Che banali voi umani'.
'Vacci piano con gli insulti'.
'Va bene, ma smetti di soffocarmi, mi si sta oscurando la vista'.
'Ma come faccio a tenermi? Per caso non ce le hai due manigliette?'
'No che non ce le ho. Voi umani volete sempre aggrapparvi a qualcosa. Voltati sulla schiena, togli le braccia dal mio collo e mettile sotto la testa che il mio collo è un po' duro, guarda il cielo, senti il fruscio del vento, lasciati andare e goditi il volo. E non pensare a cadere, perché nessuno è mai caduto dal mio dorso, a patto che tu riesca a rilassarti'.
E allora feci proprio come mi aveva detto.
Cos'altro potevo fare?
Dunque, un racconto tipo questo potrebbe avvicinarsi alla realtà vissuta.
Quindi la morale è che sto rivalutando l'importanza delle bugie.
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