Questa
mattina sono rotolata di nuovo giù dalle scale, con gli occhi ancora chiusi, per andare a fare yoga.
Non
so se serva per risvegliare il corpo, quel che so è che lo faccio
dormendo e osservo gli esercizi come se stessi ancora
sognando e li eseguo come se al mio posto ci fosse qualcun altro.
Quando
sono uscita, dopo la lezione, c'era il sole e il cielo azzurro, come
del resto quando sono entrata, perché il cambio dell'ora, che di
fatto mi indispone, pare serva proprio a questo, a farti uscire di
casa nella luce anziché nel buio.
Nel
breve tratto di strada fino a casa sorridevo stupidamente, e anche se
me ne rendevo conto, non potevo smettere.
Se
ci fosse stato un osservatore invisibile nell'aria, avrebbe
attribuito la mia espressione alla pratica dello yoga e avrebbe
pensato 'ma guarda un po', che effetto benefico! Forse tutti
dovrebbero farlo la mattina prima di andare al lavoro, se questo è
il risultato' e forse avrebbe sorriso a sua volta, perché pare che
il sorriso come pure la risata, siano molto contagiosi.
Però
no, in realtà non è per nulla esatto e l'osservatore si sarebbe
sicuramente ingannato.
Il
mio sorriso incancellabile altro non era che la gioia di avvicinarmi
alla colazione. Una tazza di caffellatte guidava i miei passi e
appiccicava quell'espressione estasiata sul mio viso.
Anche
perché a metà lezione avevo pensato di rimanerci secca, dato che in
genere, a digiuno, non ho più di una ventina di passi di
autonomia.
Ora
sono in biblioteca e ho preferito sedermi a un tavolo, piuttosto che
sul divano, perché nonostante il secondo cappuccino che mi sono
fermata a prendere prima di entrare qui, rischiavo di fare la fine
dell'orso che russava l'altro giorno.
Come
a dire che due stuzzicadenti a tenere su le palpebre, alla maniera di
paperino, mi farebbero sicuramente comodo.
Intanto
spero che la musica nelle orecchie possa tenermi un po' su.
Forse
lo yoga non è così proficuo, almeno non a quell'ora malsana, checché se ne dica.
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