Non è un alibi, né ho cambiato idea, né credo si tratti del sovvertitore.
Come ho detto, porterò a termine la scrittura del libro e forse anche degli altri scritti, ma una domanda sorge nella mia chiorbina, e pretende che io la guardi.
E se io non fossi una scrittrice?
Ho detto che non bisogna definirsi e questo è vero, ma voglio giocare, per questa manciata di minuti al gioco delle definizioni che tanto piace al mondo che ci circonda.
Perché in fondo alle persone che incontriamo non chiediamo mai 'chi sei nel tuo profondo e in cosa credi', ma 'cosa fai?'.
Quel che ci definisce è quel che facciamo.
Il lavoro è quel che siamo.
Lei è una ballerina, lei è una fioraia, lei è una commessa, lei è una segretaria, lei è una attrice, lei è una pittrice, lei è una geologa e così via.
Io, dunque, cosa sono?
Il dubbio mi sorge forte nella testa perché sono consapevole del fatto che se non dicessi scrittrice, cosa altro potrei dire?
Per dirla in un altro modo, non è che mi ostino a dire di essere una scrittrice perché non mi rimane altro?
Ne ho provati svariati di mestieri e alcuni di loro li ho esauriti.
Allora voglio provare ad andare fino in fondo.
Ammettiamo pure che io non sia una scrittrice, in tal caso sarei costretta a dire che non sono niente.
Che fai? Niente.
Chi sei? Nessuno.
Queste sono le risposte che dovrei dare a me stessa se mi dicessi, sul serio, che no, non voglio scrivere, perché non mi interessa farlo.
Perché naturalmente le risposte più importanti è a me stessa che devo darle, mica al mondo.
E allora se non scrivo devo essere pronta a dirmi che non sono niente.
Che nulla mi può definire.
Sono disposta ad affrontare questo buio totale?
Perché di questo si tratta e può essere agghiacciante.
Non ci si deve definire, ma allo stesso tempo non potersi aggrappare ad alcun tipo di definizione è come cadere in un pozzo di cui non si vede la fine.
Il buio totale.
Intanto vado avanti, perché così voglio fare, ma con la consapevolezza che sotto potrebbe esserci il niente, che quel che sto facendo potrebbe essere tutta un'illusione, un gioco.
Chi sei talpa, che cosa fai?
Niente e nessuno.
Alla fine di tutto questo mi domando 'Va bene, ammettiamo pure che sia così, ma se venisse il genio della lampada e ti chiedesse cosa vuoi fare, che lui in un secondo ti trasformerebbe in quella roba lì, cosa chiederesti?'
Ecco. Questa è una domanda che mi sono fatta spesso.
Io penso che gli risponderei che voglio scrivere, perché comunque non vedo cosa potrei fare di meglio nella mia vita e anche fare tutto quel che faccio nelle mie giornate e che fa di me quel che sono, senza geni fra i piedi a trasformarmi in un istante, che ammesso pure, mi vorrei trasformare piano piano e con le mie zampine.
Eppure, forse non sono una scrittrice. Forse, nonostante questa risposta, continuo ad essere niente o semplicemente a non sapere.
Come ho detto, porterò a termine la scrittura del libro e forse anche degli altri scritti, ma una domanda sorge nella mia chiorbina, e pretende che io la guardi.
E se io non fossi una scrittrice?
Ho detto che non bisogna definirsi e questo è vero, ma voglio giocare, per questa manciata di minuti al gioco delle definizioni che tanto piace al mondo che ci circonda.
Perché in fondo alle persone che incontriamo non chiediamo mai 'chi sei nel tuo profondo e in cosa credi', ma 'cosa fai?'.
Quel che ci definisce è quel che facciamo.
Il lavoro è quel che siamo.
Lei è una ballerina, lei è una fioraia, lei è una commessa, lei è una segretaria, lei è una attrice, lei è una pittrice, lei è una geologa e così via.
Io, dunque, cosa sono?
Il dubbio mi sorge forte nella testa perché sono consapevole del fatto che se non dicessi scrittrice, cosa altro potrei dire?
Per dirla in un altro modo, non è che mi ostino a dire di essere una scrittrice perché non mi rimane altro?
Ne ho provati svariati di mestieri e alcuni di loro li ho esauriti.
Allora voglio provare ad andare fino in fondo.
Ammettiamo pure che io non sia una scrittrice, in tal caso sarei costretta a dire che non sono niente.
Che fai? Niente.
Chi sei? Nessuno.
Queste sono le risposte che dovrei dare a me stessa se mi dicessi, sul serio, che no, non voglio scrivere, perché non mi interessa farlo.
Perché naturalmente le risposte più importanti è a me stessa che devo darle, mica al mondo.
E allora se non scrivo devo essere pronta a dirmi che non sono niente.
Che nulla mi può definire.
Sono disposta ad affrontare questo buio totale?
Perché di questo si tratta e può essere agghiacciante.
Non ci si deve definire, ma allo stesso tempo non potersi aggrappare ad alcun tipo di definizione è come cadere in un pozzo di cui non si vede la fine.
Il buio totale.
Intanto vado avanti, perché così voglio fare, ma con la consapevolezza che sotto potrebbe esserci il niente, che quel che sto facendo potrebbe essere tutta un'illusione, un gioco.
Chi sei talpa, che cosa fai?
Niente e nessuno.
Alla fine di tutto questo mi domando 'Va bene, ammettiamo pure che sia così, ma se venisse il genio della lampada e ti chiedesse cosa vuoi fare, che lui in un secondo ti trasformerebbe in quella roba lì, cosa chiederesti?'
Ecco. Questa è una domanda che mi sono fatta spesso.
Io penso che gli risponderei che voglio scrivere, perché comunque non vedo cosa potrei fare di meglio nella mia vita e anche fare tutto quel che faccio nelle mie giornate e che fa di me quel che sono, senza geni fra i piedi a trasformarmi in un istante, che ammesso pure, mi vorrei trasformare piano piano e con le mie zampine.
Eppure, forse non sono una scrittrice. Forse, nonostante questa risposta, continuo ad essere niente o semplicemente a non sapere.
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