I perché sono strani e non sempre significativi.
Faccio danza perché.
Alla fine posso andare in un bar che è proprio lì di fronte dove fanno panini con dentro molto prosciutto o salame o quel che sia e a me piacciono i bar generosi e fanno anche un buonissimo caffellatte.
Perché la doccia dopo la lezione è fantastica.
E perché quando sono tornata in sala, qualche settimana fa, dopo mesi di pausa, mi pareva di non essere mai uscita e mentre stupita mi domandavo come fosse possibile ho capito che per me è una forma di casa, uno dei luoghi più sicuri della mia vita e forse quello che mi ha fatto sentire al mio posto quando un posto non ce l'avevo e tutto era burrascoso. Perché rifugio non è necessariamente famiglia, ma è dove ci sentiamo felici. La danza ha sempre fatto questo per me.
Ma tutto questo è anche insidioso, perché casa è abitudine e allora sento che anche lì, in quel luogo così familiare e che mi fa sentire fiduciosa dentro al mio corpo, devo andare oltre i limiti dell'abitudine e della sicurezza.
E questo si fa entrando lì ogni volta come se fosse la prima.
Faccio yoga perché.
Non lo so, per caso.
Però nulla succede per caso.
Allora perché l'anno scorso una compagna di danza mi parlò della meditazione danzata e io non ne avevo mai sentito parlare, ma forse quelle parole si fecero strada in me e quale esercizio di meditazione migliore per una come me? Che quando provo a meditare stando seduta e zitta e ferma mi vengono in mente le peggio stupidaggini e mi ci viene anche da ridere per come passano di lì al solo scopo di distrarmi.
Perché lo yoga contiene qualcosa di misterioso che ti afferra ma non sai cos'è.
Perché sento il mio corpo strongabbestia e se riuscissi a rinforzare lo spirito allo stesso modo, credo che potrei sentirmi come mai nella mia vita e questo mi attrae terribilmente.
Perché è come il liquido nei vasi comunicanti, ogni parte dona equilibrio anche all'altra, ma questo non è molto vero. In realtà nello yoga gli equilibri li perdo tutti e non so perché, per poi ritrovarli nella danza in una consapevolezza diversa.
Ma sopra tutto questo c'è un motivo molto più grande che dimostra che la vita segue vie molto, ma molto tortuose.
Da anni, moltissimi anni, sto cercando di imparare a fare la verticale e è il mio cruccio, perché non ci riesco, ma soprattuto perché ho molta paura e è come se sentissi che quella paura lì nasconde delle cose e che andrebbe superata. Altrimenti non si spiegherebbe questo accanimento, dato che si può vivere benissimo anche senza verticale, come mi disse una volta una mia amica. Ma le paure sono dure a morire.
L'altra mattina, l'insegnante ci ha detto di provare quella sulla testa. Io l'ho guardata e ho riso scettica 'sono anni che ci provo. no way for me'.
E lei mi ha fatto vedere e io, senza grossa difficoltà ho portato il bacino sopra la testa. Sono stata invasa da una felicità profonda, sono tornata giù, l'ho ringraziata mille volte e le ho detto 'tu non sai cosa significhi per me' e le altre mi guardavano alquanto perplesse. Certo non è la verticale completa, ma è un passo che non avevo mai raggiunto.
Ieri sera un insegnante maschio più magro di me, ce l'ha fatta fare e non so perché sia venuto accanto a me, perché eravamo in tanti e mi ha fatto fare lo stesso esercizio e io, prima di farlo gli ho detto 'tu non lo sai, ma questo è il mio scopo'. 'Lo scopo della vita' ha detto lui? E io ho detto 'beh sì, lo so che può sembrare stupido. E lui ha risposto 'No, non ero ironico, è un bellissimo scopo e andare in verticale è magnifico e qui imparerai'.
Beh, non sono riuscita a portare su le gambe, quando sono tornata giù ho tirato un pugno stizzita sul tappetino e lui mi ha guardata con un po' di rimprovero perché in questi luoghi non si arrabbiano mai e hanno molta pazienza e tutto è pace e amore e allora ho unito le mani e abbassato gli occhi e dovevo essere comica perché lui ha sorriso e all'uscita mi ha detto 'ti sei arrabbiata, ma devi avere pazienza, qui imparerai e se lo dicono i maestri, ti puoi fidare'.
Io ho taciuto, avrei voluto dire che anche gli altri erano maestri e fare un bel po' di polemica, ma il punto è che credo anche io che qui imparerò e che questo sia esattamente il motivo per cui sono lì, in quelle lezioni e forse anche su questa terra.
Del resto è un motivo più che degno, no?
Faccio danza perché.
Alla fine posso andare in un bar che è proprio lì di fronte dove fanno panini con dentro molto prosciutto o salame o quel che sia e a me piacciono i bar generosi e fanno anche un buonissimo caffellatte.
Perché la doccia dopo la lezione è fantastica.
E perché quando sono tornata in sala, qualche settimana fa, dopo mesi di pausa, mi pareva di non essere mai uscita e mentre stupita mi domandavo come fosse possibile ho capito che per me è una forma di casa, uno dei luoghi più sicuri della mia vita e forse quello che mi ha fatto sentire al mio posto quando un posto non ce l'avevo e tutto era burrascoso. Perché rifugio non è necessariamente famiglia, ma è dove ci sentiamo felici. La danza ha sempre fatto questo per me.
Ma tutto questo è anche insidioso, perché casa è abitudine e allora sento che anche lì, in quel luogo così familiare e che mi fa sentire fiduciosa dentro al mio corpo, devo andare oltre i limiti dell'abitudine e della sicurezza.
E questo si fa entrando lì ogni volta come se fosse la prima.
Faccio yoga perché.
Non lo so, per caso.
Però nulla succede per caso.
Allora perché l'anno scorso una compagna di danza mi parlò della meditazione danzata e io non ne avevo mai sentito parlare, ma forse quelle parole si fecero strada in me e quale esercizio di meditazione migliore per una come me? Che quando provo a meditare stando seduta e zitta e ferma mi vengono in mente le peggio stupidaggini e mi ci viene anche da ridere per come passano di lì al solo scopo di distrarmi.
Perché lo yoga contiene qualcosa di misterioso che ti afferra ma non sai cos'è.
Perché sento il mio corpo strongabbestia e se riuscissi a rinforzare lo spirito allo stesso modo, credo che potrei sentirmi come mai nella mia vita e questo mi attrae terribilmente.
Perché è come il liquido nei vasi comunicanti, ogni parte dona equilibrio anche all'altra, ma questo non è molto vero. In realtà nello yoga gli equilibri li perdo tutti e non so perché, per poi ritrovarli nella danza in una consapevolezza diversa.
Ma sopra tutto questo c'è un motivo molto più grande che dimostra che la vita segue vie molto, ma molto tortuose.
Da anni, moltissimi anni, sto cercando di imparare a fare la verticale e è il mio cruccio, perché non ci riesco, ma soprattuto perché ho molta paura e è come se sentissi che quella paura lì nasconde delle cose e che andrebbe superata. Altrimenti non si spiegherebbe questo accanimento, dato che si può vivere benissimo anche senza verticale, come mi disse una volta una mia amica. Ma le paure sono dure a morire.
L'altra mattina, l'insegnante ci ha detto di provare quella sulla testa. Io l'ho guardata e ho riso scettica 'sono anni che ci provo. no way for me'.
E lei mi ha fatto vedere e io, senza grossa difficoltà ho portato il bacino sopra la testa. Sono stata invasa da una felicità profonda, sono tornata giù, l'ho ringraziata mille volte e le ho detto 'tu non sai cosa significhi per me' e le altre mi guardavano alquanto perplesse. Certo non è la verticale completa, ma è un passo che non avevo mai raggiunto.
Ieri sera un insegnante maschio più magro di me, ce l'ha fatta fare e non so perché sia venuto accanto a me, perché eravamo in tanti e mi ha fatto fare lo stesso esercizio e io, prima di farlo gli ho detto 'tu non lo sai, ma questo è il mio scopo'. 'Lo scopo della vita' ha detto lui? E io ho detto 'beh sì, lo so che può sembrare stupido. E lui ha risposto 'No, non ero ironico, è un bellissimo scopo e andare in verticale è magnifico e qui imparerai'.
Beh, non sono riuscita a portare su le gambe, quando sono tornata giù ho tirato un pugno stizzita sul tappetino e lui mi ha guardata con un po' di rimprovero perché in questi luoghi non si arrabbiano mai e hanno molta pazienza e tutto è pace e amore e allora ho unito le mani e abbassato gli occhi e dovevo essere comica perché lui ha sorriso e all'uscita mi ha detto 'ti sei arrabbiata, ma devi avere pazienza, qui imparerai e se lo dicono i maestri, ti puoi fidare'.
Io ho taciuto, avrei voluto dire che anche gli altri erano maestri e fare un bel po' di polemica, ma il punto è che credo anche io che qui imparerò e che questo sia esattamente il motivo per cui sono lì, in quelle lezioni e forse anche su questa terra.
Del resto è un motivo più che degno, no?
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