E finalmente sto scrivendo un post da dentro, la mia casa e la sua casa, quella del blog e è proprio tutta un'altra cosa.
Ieri sera ho visto un film documentario, che a parte il fatto bello o brutto e se l'abbia capito o no, e la risposta è mica tanto, mi ha raccontato un mucchio di cose.
Parlava di una zona, il corno d'Africa in cui in qualche modo sono stata. Con l'immaginazione.
Ecco, le scene che ho visto erano le stesse che avevo creato nella mia testa, o comunque molto simili. Io, in qualche modo, ero stata proprio lì.
C'era perfino una montagna, all'inizio, in cui nascondevano delle cose e anche lei pareva come l'avevo creata.
Sono rimasta col fiato sospeso, in quel cinema in cui spesso mi ripropongono sullo schermo scene create dalla mia fantasia.
È una sensazione strabiliante.
Però.
Forse non è vero che per conoscere qualcosa devi andarci. E ancora. E forse anche questa è una domanda ricorrente. È la realtà che guida la fantasia, o il contrario?
Perché io non credo che avrei saputo descrivere meglio quei luoghi se ci fossi stata, per il semplice fatto che spesso non sono affatto in grado di descrivere ciò che vedo. Certo, poi la differenza, sia in un caso che nell'altro, sta nella capacità di raccontare, di descrivere e di far vivere anche agli altri quel che vedi tu, ma questa è un'altra cosa.
Quel che avevo immaginato era vivo quanto le scene sullo schermo. Era tutto lì. E mi ha riportato in modo vivido in tutto quel che avevo scritto perché, a modo mio, c'ero già stata. E se così non fosse stato, quelle immagini non le avrei vissute così. Era nato tutto prima.
Dice che si dovrebbe parlare di quel che si è vissuto e che si conosce. È davvero così? Perché la conoscenza invece potrebbe anche venire dopo averne parlato, dopo averci un po' giocato, dopo averla incontrata in modi che sono nostri, dentro e non fuori.
Insomma la questione dei prima e dei dopo e di chi guida che cosa non è così facile da decifrare, né tantomeno così netta. Può darsi che si confondano l'una nell'altra.
Inoltre il documentario usava uno stratagemma formidabile. Alternava scene vere a scene d'animazione. D'improvviso persone, paesaggi e mari diventavano disegni. E sarà che i disegni erano veramente belli, ma io li trovavo molto più veri e convincenti della cosiddetta realtà. Il disegno, quello sì che era reale e vibrante e mi faceva saltare dentro. Il resto era riproduzione.
Questo vuol dire che i cartoni parlano a una parte di me decisamente più recettiva e arrivano dove il vero non arriva.
E quindi, ancora, cosa è più vero fra i due?
Per quanto mi riguarda, credo di aver già dato la risposta.
Ieri sera ho visto un film documentario, che a parte il fatto bello o brutto e se l'abbia capito o no, e la risposta è mica tanto, mi ha raccontato un mucchio di cose.
Parlava di una zona, il corno d'Africa in cui in qualche modo sono stata. Con l'immaginazione.
Ecco, le scene che ho visto erano le stesse che avevo creato nella mia testa, o comunque molto simili. Io, in qualche modo, ero stata proprio lì.
C'era perfino una montagna, all'inizio, in cui nascondevano delle cose e anche lei pareva come l'avevo creata.
Sono rimasta col fiato sospeso, in quel cinema in cui spesso mi ripropongono sullo schermo scene create dalla mia fantasia.
È una sensazione strabiliante.
Però.
Forse non è vero che per conoscere qualcosa devi andarci. E ancora. E forse anche questa è una domanda ricorrente. È la realtà che guida la fantasia, o il contrario?
Perché io non credo che avrei saputo descrivere meglio quei luoghi se ci fossi stata, per il semplice fatto che spesso non sono affatto in grado di descrivere ciò che vedo. Certo, poi la differenza, sia in un caso che nell'altro, sta nella capacità di raccontare, di descrivere e di far vivere anche agli altri quel che vedi tu, ma questa è un'altra cosa.
Quel che avevo immaginato era vivo quanto le scene sullo schermo. Era tutto lì. E mi ha riportato in modo vivido in tutto quel che avevo scritto perché, a modo mio, c'ero già stata. E se così non fosse stato, quelle immagini non le avrei vissute così. Era nato tutto prima.
Dice che si dovrebbe parlare di quel che si è vissuto e che si conosce. È davvero così? Perché la conoscenza invece potrebbe anche venire dopo averne parlato, dopo averci un po' giocato, dopo averla incontrata in modi che sono nostri, dentro e non fuori.
Insomma la questione dei prima e dei dopo e di chi guida che cosa non è così facile da decifrare, né tantomeno così netta. Può darsi che si confondano l'una nell'altra.
Inoltre il documentario usava uno stratagemma formidabile. Alternava scene vere a scene d'animazione. D'improvviso persone, paesaggi e mari diventavano disegni. E sarà che i disegni erano veramente belli, ma io li trovavo molto più veri e convincenti della cosiddetta realtà. Il disegno, quello sì che era reale e vibrante e mi faceva saltare dentro. Il resto era riproduzione.
Questo vuol dire che i cartoni parlano a una parte di me decisamente più recettiva e arrivano dove il vero non arriva.
E quindi, ancora, cosa è più vero fra i due?
Per quanto mi riguarda, credo di aver già dato la risposta.
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