Monday, May 30, 2016

Forti dubbi.

Ogni volta che devo partire nutro forti dubbi, anzi più che dubbi le chiamerei reticenze. In pratica, mi devo sempre tirare per la manica e dare un po' di pedatine nel culino, poi parto e sono tutta contenta. Vabbè, ma mica te lo ordina il medico, mi si potrebbe dire. No, certo che no, ma il pericolo dell'assuefazione incombe sempre e io ne sono terrorizzata.
Va da sé che tutto questo mi fa capire che non sono una vera viaggiatrice, perché per me il vero viaggiatore è quello che sarebbe sempre su un aereo e che quando deve partire non si fa venire punti dubbi.
Ma cerchiamo di andare oltre queste inutili considerazioni.
Mi è capitato di rileggere dei miei pensieri che precedevano di un paio di mesi viaggi fatti in passato e ho scoperto che ogni volta ho avuto lo stesso tipo di reticenze, ma poi i viaggi sono stati fantastici e sono stata così felice di essere partita che neppure mi ricordavo più di avere dubitato, prima.
Se dovessi ascoltarmi, ora starei qui, per sempre. Ecco, l'ho detto. È proprio questo che mi fa una tremendissima paura.
Ieri sono andata in libreria per cercare di capirci un po' di più. La guida per Edimburgo era la più minuscola che avessi mai visto e questo non ha pesato in suo favore, ma poi mi è cascata sotto l'occhio la guidona dell'intera Scozia e allora ho capito che non si tratterebbe di partire per Edimburgo, ma per la scozia intera che meriterebbe un girello vasto.
Quando andare?
La guida consiglierebbe giugno, ma è troppo vicino perché la mia incertezza si tramuti in decisione e poi in realtà. A giugno fa buio alle 23, ma tanto io la sera ho sonno e quindi anche se fa buio alle nove mi va bene lo stesso. Inoltre a giugno pare ci siano molti moscerini e forse dell'umidità.
In agosto, che è il periodo che avevo scelto, perché a Edimburgo c'è un festival di artisti, è pieno di turisti.
Cosa si dovrebbe scegliere fra i moscerini e i turisti? I primi, in misura tale da costituire problema degno di essere menzionato in una guida, non li conosco. I secondi sì. E forse è meglio farsi pestare i piedi dai turisti che conosco già, piuttosto che mangiare moscerini. 
Inoltre, poiché questo giugno che arriva fra due giorni dovrei scartarlo perché troppo vicino, dovrei saltare al prossimo anno, e nella testa talposa è come dire una quantità di tempo infinita.
Questo il primo intoppo.
Ci sono isole e litorali da cui si possono vedere animali marini non bene identificati e l'intero territorio si può visitare in treno e in autobus, ottima notizia, dato che io dispongo solo dei piedi.
Al termine del mio sopralluogo in libreria ieri, non mi ero decisa neppure un po'. Quindi ho deciso di lasciare la cosa in un vasetto a maturare e di dormirci sopra.
Stamattina, mentre facevo meditazione (che in teoria sarebbe quella cosa in cui uno passa dieci minuti con la testa vuota, la mia invece non si ferma un minuto e io ne sono anche felice perché sono convinta di fare fantastiche scoperte in quello spazio. Roba che il Dalai Lama mi prenderebbe a bastonate sulla testa) la Scozia è emersa in tutto il suo splendore e se non ho mollato tutto per andare a comprare il biglietto è stato solo perché mi mancava il tempo e dovevo andare a danza, dove ho ricevuto un altro indizio, perché ovviamente avevo chiesto di ricevere qualche segno.
Una mia amica un po' di tempo fa mi aveva parlato di una certa incertezza riguardo alle vacanze estive. Stamattina.
'Talpa, ti ricordi che per le vacanze non si sapeva dove andare?'
'Sì, certo'.
'Forse abbiamo risolto. Ci è venuta in mente un'isola (nome difficilissimo che non ricordo). Sai dov'è?'
'No (la talpa è molto ignorante in geografia)'
' Al largo della Scozia'.
'Amica, tu sei il segno che aspettavo e bla bla bla...'
Dopo la lezione, in cui, va detto, oggi non ho brillato, lei ha detto che spera che io vada e che è felice di aver fatto da segno.
Che intoppi dovrei avere a questo punto?
Eppure ne è sorto uno che mi ha riportato al punto di partenza.
Ogni volta che devo prendere una decisione importante e per me un viaggio lo è sempre, consulto i ching, quelli per cui Fellini si muoveva a commozione per l'esattezza delle risposte e che muovono me a bizzella, perché non dicono quasi mai quello che vorrei sentirmi dire, perché sono troppo saggi e perché in effetti hanno una certa capacità di lettura, tale che a volte vanno oltre la domanda e a me viene voglia di dire di farsi i fatti loro.
Ecco, loro sembrano totalmente contrari alla vacanza. 
Ho richiesto più volte, sbizzellando, ma non c'è stato niente da fare, perché sono cocciuti anche loro, e la Scozia non gli va a genio per niente.
Quindi io, che già mi vedevo a comprare un gonnellino scozzese e una cornamusa, devo rivedere i miei acquisti e rimettere tutto nel vasino per un po' sperando che i ching cambino idea.
Perché li sto a sentire? Perché non sono convinta neppure io, accidentaccio.

Sunday, May 29, 2016

La giusta misura.

Sto per finire di rileggere il terzo libro. E poi?
Non so molto cosa farne, perché mi rendo conto che arrivata a questo punto un certo disinteresse per la faccenda si impossessa di me.
La parte interessante è scriverli, vedere cosa viene fuori parola dopo parola e poi rileggerli per chiedermi ogni volta con stupore se sia stata proprio io a scrivere quella roba. A me piace la parte creativa, finita quella non so più cosa farne dei miei libri.
Credo che lo pubblicherò, ma ecco non sento mordente per questa fase.
Mi manca qualche piccolo particolare e poi è pronto.
Riscrivendolo ho scoperto anche una cosa. Che non può passare tutto questo tempo fra la scrittura e la revisione. Un po' va bene, ma troppo diventa controproducente. Anche lì, ci vuole la giusta misura. Da qui è nata la mia decisione di finire le revisioni entro questo anno, che vuol dire che a questa ne devono seguire altre tre piuttosto veloci.
Considerando che la velocità non è cosa che mi appartenga, non so come farò a mantenere questo proposito. Perché lo scopo di un proposito sarebbe mantenerlo. Tre revisioni dunque. Di roba non facile. Però ho appena detto che è la parte che mi diverte di più, quindi che problema c'è? Nessuno, appunto.
Però facciamo una classifica. La parte più bella in realtà è la scrittura, la nascita vera e propria, segue la riscrittura e qui non so se ci sia un ordine, ma forse sì, la prima meglio e poi lo sfavollamento progredisce andando avanti col numero, che in genere non supera il quattro. Per questo che rileggo oggi, ne ho fatte tre. 
La fase finale, pubblicazione, è la più noiosa, quella in cui la faccenda non mi interessa più e che mi porta a chiedermi oggi cosa li pubblichi a fare, in fondo chi mi obbliga? La risposta è un certo senso di completezza, come chiudere un cerchio. Però non sono sicura di questa risposta.
Diciamo che fra una decina di minuti dovrei aver finito e dopo aver provato un po' di pirouettes mi farò una doccia acqua permettendo, perché quassù non ce la fa ad arrivare in modo decente e poi uscirò. Destinazione andare a studiare una guida per Edimburgo, che è un viaggio che mi gira per la testa e quindi è ora che studi la faccenda per chiarirmi anche su questo fronte.
Poi tornerò nella tana e mi metterò a disegnare.
Oggi non saltello, piuttosto cammino pacata e forse mi sento un po' come Sara. 
Che a un certo punto sceglie di non stare più nelle giuste misure, perché stare nel mezzo, nell'equilibrio, in quello stato che per il Tao sarebbe la giusta posizione, in realtà potrebbe anche non esserlo. 

Thursday, May 26, 2016

I colori nutrono.

Stamattina mi sono svegliata abbastanza presto per due motivi.
Il primo è che quando ho un giocattolo nuovo la mattina mi sveglio prima perché voglio usarlo e io volevo giocare un po' con le nuove matite prima di andare a danza.
Il secondo è che mi dovevo nutrire in modo giusto, perché temevo di accasciarmi.
In genere, quando so che devo (vedi? Invece dovrei dire voglio) andare a danza, il giorno prima non sgarro, che vuol dire che cerco di nutrire il mio corpo in modo adeguato. Se so che non vado, può anche essere tacabanda.
Ieri ho quasi digiunato, ma non era voluto. La mancanza di acqua ha sferzato un duro colpo alla mia già scarsissima volontà di procurarmi del cibo e talvolta cucinarlo sui fuochi che si chiamano fornelli. 
È una cosa talmente noiosa per me che posso svolgerla solo se fila tutto liscio, ma al minimo intoppo mi arrendo senza ritegno.
La mancanza d'acqua è un intoppo più che minimo, quindi a parte la fantastica colazione (senza quella non sopravvivo) e una merenda pomeridiana molto frugale, non ho ingurgitato altro. Non sono le condizioni ottimali per affrontare una lezione di danza.
Ecco perché stamattina ho fatto colazione presto, poi ho usato le mie nuove matite e poi sono uscita prima per andare a lezione e ho preso anche un cappuccino.
Per precauzione mi ero portata dietro anche un bacio perugina, da ingurgitare di nascosto fra la sbarra e il centro. Invece non è servito, perché avevo talmente tanta energia che mi sentivo un leone e ho fatto una gran lezione. Ma l'avevo già sentito mentre andavo in bici e scavalcavo i ponti come se niente fosse.
Questo fatto dapprima mi ha stupito, ma poi ho trovato la spiegazione: mi ero nutrita dei colori che avevo usato, sia ieri che stamattina.
Se davvero è così, posso smettere di rompermi le scatole con la cucina e colorare tutto il giorno. Questa è la più straordinaria delle scoperte.
A proposito di colorare, facendo un passo indietro, fino allo stadio precedente, quello del disegno, ho capito perché mi piace così tanto.
Perché quando vedo un disegno, per complicato che sia, non mi sgomento, ma scelgo, di tutto il disegno, la linea da tracciare che mi piace di più e so che da quella linea, aggiungendo le altre, il disegno prima o poi giungerà a compimento. Il disegno più di ogni altra cosa mi insegna che si parte da un singolo tratto, e da lì non si deve fare altro che procedere, tratto dopo tratto.
Del resto il mio amico Leonardo lo aveva capito molto bene, lui che scomponeva la vita, la disegnava e così cercava di capirla.
Quindi non sono io che imparo a disegnare, ma è il disegno che mi insegna a vivere.
Comunque oggi mi nutrirò anche di cibo per la lezione di domani perché ci sono cose importanti che devo capire e oltre al corpo mi serve anche il cervello.
Lo so, a volte mi serve anche lui, anche se io preferirei lasciarlo sempre a casa, a riposo.

Wednesday, May 25, 2016

Lo stabile instabile e sorprendente.

Ecco cosa accade nello stabile senz'acqua.
Che la signora americana abbia di nuovo bussato alla mia porta. Cioè, in realtà lei busserebbe alla porta della mia vicina, non alla mia e stavolta l'aveva anche indovinata, ma le ho aperto di nuovo io, non perché sia così carina e solerte, ma solo perché ha suonato più di una volta e siccome sto aspettando un pacchettino e non ero più sicura che il campanello non fosse il mio, le ho aperto. Che fine abbia fatto la mia vicina che non soccorre l'americana non lo so.
Era tutta vestita e sistemata stavolta e voleva sapere qui in Italia da che parte si chiudono i rubinetti, per essere sicura di non lasciarli aperti uscendo. Io ho cercato di chiederle che tipo di rubinetto avesse, ma come diavolo si dice manopola, o leva o tutte quelle cose di cui è composto un rubinetto? La leva, dal mio gioco dei mimi non la capiva però alla fine mi ha detto che i suoi rubinetti sono old style e siccome ne metteva uno a destra e uno a sinistra, ne ho dedotto che avesse quelli doppi, uno per l'acqua fredda e uno per la calda, che non hanno la levetta e quindi le ho detto con una certa sicurezza che in senso orario si apre e antiorario si chiude. Poco ma sicuro che l'americana si ritroverà la casa allagata. L'unica speranza sta nel fatto che l'acqua, ancora assente dal nostro stabile, aspetti il suo rientro per riprendere a scorrere nei tubi.
Però, giungono altre sorpreselle qui oggi.
Alla fine avevo ordinato le 72 matite colorate Derwent e le aspettavo per domani, ma tanto ormai si sa che arrivano sempre un giorno prima.
Il mio gufo personale con la divisa a righe bianca e blu non si è presentato prima delle nove come fa di solito e non ha detto nel citofono 'talpa, c'è un pacchetto per te', quindi ero un po' dispiaciuta, ma pensavo anche che tanto non c'era giorno migliore di questo per aspettare un pacchetto.
Poco fa ho preso in mano il cellulare proprio mentre stava suonando, altrimenti non l'avrei sentito perché era silenzioso.
'parlo con la talpa?'
'in pellicetta e ossa'
'io sono il corriere e avrei un pacco da consegnare al tuo indirizzo. Vorrei sapere se ti trovo in casa'
'sono in casissima, non mi muovo dalla tana'
'bene, passo tra un quarto d'ora'.
Dunque, questo approccio professionale al posto del mio gufo, mi ha turbato un po'. Però ho anche realizzato, grazie a questa telefonata, che ero ancora in pigiama, che sono digiuna dalla colazione e che una scrollatina male non mi faceva e quindi nei quindici minuti mi sono vestita (non lavata), messa le lenti a contatto con le zampine sudicie, pettinata girando furiosamente la testa a destra e a sinistra e dopo questo trattamento di emergenza sono stata in grado di precipitarmi giù dalle scale quando il ragazzo ha suonato senza dire la frase magica e di avere un aspetto dignitoso mentre raccoglievo la mia scatola, perché ogni pacchetto che si rispetti deve essere accolto nel giusto modo, anche nell'aspetto.
La scatola è enorme, di una grandezza ingiustificata, ma non l'ho ancora aperta perché temo possa uscire chissà cosa da lì dentro.
Al ragazzo però ho chiesto.
'ma quindi ora telefonate prima di consegnare?'
'macché, l'ho fatto io (era sottinteso per te, nella mia testa). Ciao talpa' e se n'è andato.
Nel frattempo avevo ricevuto anche un messaggio di due compagne di danza che mi avevano chiesto se volevo pranzare con loro visto che loro erano andate a lezione e io no, ma l'ho visto due ore dopo.
Però, dato che sono vestita e digiuna, abbandono la tana senz'acqua per andare a mangiare qualcosa.
Come si può vedere lo stabile contenente la tana della talpa presenta sorpreselle, belle o brutte non si sa, perché come ben sappiamo, è la stessa cosa e siccome credo si possa scegliere tra brutte o belle, io ho deciso che sono tutte belle.
Tanto che mi costa?
Ora vado a riempirmi il buzzino.
C'è qualcosa di magico nell'aria oggi, comunque.

Aggiornamento.
Col buzzino pieno ragiono un po' meglio, che non è male, dato che scendere sotto il mio livello base può essere pericoloso.
E col buzzino pieno sono stata anche in grado di affrontare l'apertura della scatola abnorme, per scoprire che non dovevo preoccuparmi, era solo un espediente perché sentissi di ricevere un grande regalo. Ma non ce n'era bisogno, io non giudico i regali dalla grandezza. Ad ogni modo dentro c'era un'altra scatola che conteneva a sua volta la scotola che conteneva a sua volta quella di legno, insomma il succo, il nocciolo, il fulcro, il cuore a cui volevo arrivare.
Quindi la confezione di legno contenente le mie matite me la sono dovuta conquistare a colpi di machete, ma dopo aver abbattuto tutti gli ostacoli ho scoperto che non deludeva le mie aspettative e che forse il processo di conquista era necessario perché la mia meraviglia si acuisse. Vorrei di nuovo dire a mister Amazon che non ce n'era bisogno, comunque ora è fatta. 
L'involucro di legno, che per qualche giorno terrò aperto, con le due stanghette di legno magnetiche a tenere ferme le matite, contiene davvero numero settantadue matite colorate. Io settantadue matite colorate tutte insieme in una scatola non le ho mai avute e valeva la pena vivere per vederle tutte insieme allineate. 
Quindi è una giornata senza acqua, ma piena di colore.
Però ora basta, ridatemi l'acqua che mi voglio (notare l'uso del verbo volere al posto del dovere) lavare.


L'inglese.

Non è una novità che la talpa si sia messa in testa di imparare l'inglese. Questo proposito ultimamente l'ha portata anche a collezionare figurette in qua e là.
È altrettanto noto che, quando la talpa si mette in testa di fare qualcosa, l'universo si ingegni per favorire il suo apprendimento. Almeno lui pensa di favorirmi, ma naturalmente tra quel che pensa lui e quel che penso io può esserci una certa discrepanza. Lui esagera sempre, anche a proposito di discrepanze.
Stamattina, ad esempio, ha fatto aprire una voragine vicino a casa mia.
Cosa c'entra questo con l'inglese? C'entra c'entra.
Prima che mi rendessi conto che il mondo intorno a me stava sprofondando, qualcuno ha bussato alla mia porta. Era piuttosto presto perché la gente, chiunque fosse, si mettesse a bussare alle porte altrui, ma io a volte posso anche essere gentile, quindi mi sono affacciata da quassù e ho gettato un 'chi è?' giù dalle scale. 
I am... non ho capito il seguito. Chi mi stava bussando parlava inglese. Ho pensato che fosse la mia vicina, che parla tutte le lingue che non parlo io e volesse scherzare e così, scherzando scherzando, mi sono messa a parlare il mio inglese mentre scendevo le scale. Ma quando ho aperto non ho trovato lei, ho trovato una signora americana che cercava lei e aveva sbagliato porta. Indossava una specie di pigiama e aveva le mani nei capelli per la mancanza di acqua. Le ho chiesto se per caso vivesse in questo palazzo pure lei e l'ho informata che avrei chiamato il signor acquedotto e le avrei fatto sapere.
Io l'avevo scoperto che i miei rubinetti non sputavano acqua, ma invece di attivarmi avevo fatto un rapidissimo calcolo con il mio cervellino. Cosa posso fare senza acqua?
La colazione? sì. Sono salva.
Disegnare? Sì.
Usare il computer? sì
Scrivere? sì
Leggere? sì
Suonare la chitarra? sì.
Bene, la talpa non ha problemi.
Quindi se la signora americana non avesse bussato alla mia porta e poi la mia vicina non avesse cominciato a scrivermi e poi anche un'altra amica che dice di andare a lavarmi a casa sua, perché lei ha un pozzo, io forse sarei arrivata a sera senza sapere niente e andando avanti, un po' come avrebbe fatto Pippo.
Invece ho dovuto raccogliere informazioni, calarmi giù di un piano e andare dall'americana, che quindi abita nel mio palazzo anche se ne ignoravo l'esistenza, per dirle di stare tranquilla, che c'è solo un guasto. In inglese, però.
Lei è qui per studiare l'italiano, un'esperienza fantastica ha detto, doveva studiare ma voleva lavarsi il viso. Poi ha richiuso la porta con due mandate e è tornata al suo italiano.
Non importava che l'universo facesse franare un pezzo di città perché io esercitassi il mio inglese quando ero ancora mezza addormentata. 
Però il fatto che sotto di me una signora americana stia imparando l'italiano mentre io sto imparando l'inglese, riporta nello stabile un certo equilibrio. Ma a giudicare da come la signora fosse evidentemente sui libri già dall'alba, mi fa capire che l'equilibrio diverrà presto uno squilibrio a suo favore.
Non finisce qui.
Lo spettacolo di ieri sera era in inglese. Un sospettino mi era venuto quando fuori, prima di entrare, avevo notato svariati elementi stranieri.
Ci sarebbero stati i sovratitoli in italiano, se solo i miei occhi mi avessero permesso di leggerli, ma io e la mia amica eravamo in piccionaia e da lì era già tanto se vedevo il palcoscenico. Quindi a un certo punto mi sono detta 'talpa, basta cercare di leggere, tanto non vedi niente. Attiva il cervello e cerca di capire'.
Va bene. L'unico aiuto mi veniva dagli attori indiani che non andavano troppo veloci, che sembravano davvero sulle rive del ganga river, che raccontavano storielle e che alcune di queste le sapevo già, anche se non so perché e non ricordo assolutamente dove le avessi lette. È evidente che Peter Brook vive un periodo mistico della sua vita e porta in scena quasi la Bhagvad Gita.
Insomma, una voragine può avere ripercussioni diverse sulla città, così come uno spettacolo in inglese. Queste sono quello che ho ricevuto io e mi piacerebbe sapere che tipo di impatto abbiano avuto tali eventi sulle vite degli altri.
Io ne ho ricevuto prove impossibili per l'inglese.
Però intanto una piccola precauzione l'ho già presa.
Venerdì andrò a vedere un'opera, nello stesso teatro di ieri sera, che è piccolino, ma non abbastanza da permettermi di vedere da qualunque distanza e stavolta ho preso un palco che è praticamente sul palcoscenico.
Che tipo di sorprese potrò mai avere?
Ora cercherò di continuare la mia giornata come se niente fosse, alla maniera di Pippo e le cuffie sulle orecchie mi impediranno di sentire eventuali presenza inglesi fuori dalla porta.

Tuesday, May 24, 2016

Dubbi e scoperte.

La canzone che sto ascoltando ora si intitola keep it simple. La fa facile lei.
Ieri mi sono turbata facendomi delle domande per le quali non avevo risposte. Non che questo sia una novità, avere risposte dico, ma accade che a volte mi ci turbi e a volte no.
La domanda fondamentale era per quale motivo faccio tutto quello che sto facendo, per chi, per cosa, per quale motivo. Non lo so. Come ho risolto? Dicendo alla mia testa di smettere di farsi domande stupide e guardandomi intorno per poter fare delle scoperte, anche piccole, che potessero distrarmi dai fastidiosi quesiti. 
La prima è stata che il vaso è molto grande e forse l'avrei voluto più piccino, ma poi ho visto che è ottimo per appoggiarci contro il volume del fumetto e disegnare, quindi è perfetto così. Prima di averlo qui, su questo tavolo, non avrei mai potuto saperlo.
Poi ho scoperto che permettere a me stessa di sbagliare è formidabile. In quale ambito? In tutti. La concessione a sbagliare. Non è uno scoperta di oggi e neppure di ieri, non è fresca di giornata insomma, risale a un po' di tempo fa. Ma ormai conosco il meccanismo, le scoperte si affacciano rapide e si nascondono così velocemente che a malapena mi accorgo di loro, ma poi tornano. Quell'avvisaglia che io ignoro sempre si ripresenterà in un modo più strutturato, garantito e lo farà quando vuole lei. 
La concessione a sbagliare suppongo dovrebbe essere utile nei processi di apprendimento, che vuol dire che a seguito di tale scoperta dovrei imparare di più e meglio, forse non più velocemente. Ecco. Io non sono ancora arrivata alla seconda puntata della scoperta quindi non so a cosa serva, ma di sicuro un effetto meraviglioso ce l'ha. Ogni volta che sbaglio (spesso, diciamo quasi sempre) mi dico 'brava talpa, anzi bravissima, hai sbagliato ma non importa, anzi è quasi meglio così. Continua e ti troverai benissimo', il che è fantastico, ma temo che mi stia un po' approfittando dell'acquisizione. Ma non si può essere perfette.
Un'altra scoperta riguarda il mio tipo di distrazioni. Studi recenti e meno recenti riconoscono nei dispositivi elettronici, negli smart phone, nel web i maggiori responsabili dell'incapacità di concentrarsi su una cosa sola e starci finché non si finisce. Una, una per volta. Inoltre pare sia la nuova forma di dipendenza, subdola perché a differenza di alcool e sigarette uno mica ci pensa che si sta schiantando il cervello in un cellulare. Io non voglio discutere degli studi, se siano giusti o no, ognuno faccia quello che vuole. Pare anche che il perdersi nel cellulare bruci una quantità di minuti impressionante, che volano via senza che ne abbiamo coscienza. Ma questo problema riguarda chi pensa che il tempo si conti con l'orologio e con minuti secondi e ore, quindi non riguarda me che la penso molto diversamente. Il tempo è magico e dunque elastico, e lo si può allargare quanto si vuole e quando imparerò a creare aperture spazio temporali non si sa cosa potrò combinare. Al momento non ci sto neppure provando, ma non conto il tempo con gli orologi.
Però, tornando al tema principale, dipendenze e distrazioni, quando leggo questa roba penso che il problema non mi riguardi, il cellulare lo tengo addirittura in un'altra stanza e nel web ci sto il giusto, perché dopo un po' mi viene a noia. Quindi che problemi dovrei mai avere? Tutto questo riguarda la capacità di concentrarsi su quello che si sta facendo. Concentrarsi. Stare su quella finché non si è finito. Io ieri mi sono alzata circa centoventi volte per provare le pirouettes, almeno quattro a destra e quattro a sinistra. E poi ogni volta che faccio una cosa penso che ne vorrei fare mille altre meno quella che sto facendo. Quindi basta sostituire cellulare con pirouettes e richiami subdoli di qualunque genere per capire che sono dipendente non allo stesso modo, ma centoventi volte di più di chi dà un'occhiatina al suo cellulare, che sarà anche più utile. 
Ad esempio stasera dovrei dichiarare chiuso tutto, la scrittura, il disegno, la chitarra per le sei e mezza, massimo sette, perché poi devo andare a uno spettacolo a teatro e dovrei già essere un bel pezzo avanti nel mio lavoro e invece dove sono? Qui. È proprio in questi frangenti che comincio a farmi venire quei dubbi in cui mi chiedo per chi faccio tutto quello che faccio, così se non faccio niente mi sento giustificata. Questo dovrebbe raccontarmi qualcosa, ma a volte non mi piace ascoltare.
L'ultima scoperta che ho fatto ieri , anzi rinfrescato, riguarda un verbo che ho usato proprio ora, quassù. Ho detto 'devo andare a teatro'.
Qualche anno fa un ragazzo spagnolo con cui facevo un lavoro in teatro mi fece conoscere quello che viene chiamato 'linguaggio giraffa'. Io, tanto per cambiare, comprai anche un libro sull'argomento. Lui mi correggeva tutte le volte che dicevo 'devo', perché andrebbe sostituito con voglio, secondo quella giraffa.
Non devo andare a teatro, ma voglio andare a teatro.
Ha senso. Chi mi obbliga ad andare a teatro? Nessuno, io voglio andarci. Ma probabilmente l'uso del verbo volere accende una luce anche su ciò che si vuole davvero, insomma la giraffa dà molta importanza ai termini che si usano, specie quelli che diventano modi di dire sul cui significato non si riflette più. Io però non ho imparato niente, perché continuo a dire devo come se nulla fosse. Ma grazie a quella regoletta che recita 'brava talpa, anzi bravissima, anche se sbagli non importa, anzi è necessario' probabilmente continuerò a dire devo.
Ecco, questo è un estratto di tutto quello che mi sono raccontata ieri per uscire dal pomeriggio di dubbi e di domande senza risposta.
Forse sarebbe stato più semplice tenermi il dubbio.
Come dice la canzone, keep it simple.

Monday, May 23, 2016

E se.

Se con la danza potessi dipingere il mondo, cosa verrebbe fuori?
Mi piacerebbe scoprirlo. 

Sunday, May 22, 2016

Effetti collaterali.

Eccomi qui, una talpa con dei pianeti e delle stelle all'attivo e una tale grandezza non può riempire i nostri occhi senza presentare degli effetti, subito, al mattino, al risveglio, depositati sul letto, su un piatto d'argento di una certa bellezza, come si trattasse del preludio alla colazione.
Se tali effetti possano essere definiti positivi o negativi non lo so, ma poiché alcuni dicono (non ricordo chi) che non si debba giudicare e appiccicare etichette, io farò così, perché i suggerimenti li prendo a prestito tutte le volte che mi fanno comodo.
Intanto ieri, proprio quando avevo acceso questo mio computer per mettermi a lavorare mi è giunta la proposta di un'amica per una giornata all'insegna della tacabanda che io ho prontamente raccolto, spegnendo tutto e preparandomi allegra all'uscita. Non un pensiero, un rimorso, un dubbio, un'oscillazione ha turbato la mia inclinazione verso la giornata di ozio, neppure più tardi nella giornata, o la sera, quando me la sarei aspettata, quando ti rendi conto che non hai fatto niente e ti senti un po' come Pinocchio. No, il naso è rimasto morbido e della sua lunghezza.
In questo senso di fermezza non possono non entrarci le stelle e il firmamento. Io sono certa che ci abbiano messo lo zampino.
E spero che TT sia abbastanza lontana da non sentirmi.

TI SENTO INVECE!!!!

E non urlare, zoticona.

Dicevo.
Della mia giornata a girellare ho anche una prova enorme che risiede qui, sul mio tavolo, davanti ai miei occhi e al mio computer. Trattasi di un vaso rosso con dei fiori lunghissimi dentro. Il vaso l'ho comprato nella gita, era tanto che lo volevo e i fiori li ho comprati in un locale dove si beve, si mangia, si ascolta musica dal vivo e si comprano anche fiori olandesi e piantine, perché non potevo accettare, dopo tale acquisto di vaso, di svegliarmi questa domenica e fare colazione senza un fiore davanti. Il risultato lo definirei perfetto.
Questi fiori li ho sistemati nella notte, era tardi, ma necessario e davanti a me c'era la luna, quindi li ho considerati un omaggio a lei.
E qui entro nel vivo della nostra osservazione al telescopio.
Nell'ordine è stato osservato Giove, La LUNA, (Marte), Saturno, di nuovo LA LUNA, di nuovo GIOVE.
Togliamoci subito le rogne. Quello fra parentesi, Marte, è stato così presentato (lo so che non si dovrebbe godere delle sfighe altrui, ma io ho goduto delle sue, lo ammetto)
'Questo è Marte. Ve lo devo dire, fra tutti è il più insignificante, una palletta messa lì, rossastra, che non sa di nulla'.
'L'ho sempre detto io'.
Ho replicato e mi sono voluta lanciare per prima, coraggiosa, alla sua osservazione. Gli ho lanciato un'occhiata veloce e indifferente.
'Insignificante', ho confermato soddisfatta. 'Prego, guardate'. E ho lasciato il posto e una sfilza di 'sì, insignificante'. 
Quando si dice la fortuna. E il capitolo marziano si è chiuso così, in modo veloce e indolore, anche senza la nuvoletta a coprirlo.
Tolto l'incomodo, la mia classifica è: LUNA, Saturno, Giove.
Anche se è duro fare una classifica.
Però la luna mi ha emozionato e mi ha fatto talmente tenerezza tutta raccolta in quell'oculare, con i suoi craterini, le sue ombre e la sua luminosità, che me la sarei portata a casa e non riuscivo a staccare l'occhio da lei. Poi ieri sera quando l'ho vista nella mia finestra ho capito che non c'era bisogno di portarmela a casa, perché in effetti ce l'avevo già e questo credo sia stato uno dei pensieri più rassicuranti che abbia partorito in tutta la mia vita.
Va da sé che dopo l'altra sera, non guarderò più alla luna con gli stessi occhi. Ora lei è davvero mia amica. E non è poco, quindi mi sento dentro anche un certo orgoglio, come di chi ha amicizie altolocate, ecco.
Giove, con i suoi satelliti allineati, come amici fedeli e le sue righe nere, ha qualcosa di magico. È bello, è elegante.
E Saturno col suo anello intorno, che sembra un giocattolino con cui tutti potrebbero giocare è stato fantastico. Se poi si pensa che tutti gli oroscopisti, quelli antichi, non il mio, lo considerano il pianeta che ti fa venire le paturnie e insomma, quando arriva lui sembra arrivi la peste, si capisce che le cose finché non si vedono non si possono capire. Perché quel pianeta con il suo anellino, così simpatico, non può fare del male a nessuno. Quindi io consiglierei a tutti gli oroscopisti di andare a guardarlo per un paio d'ore. 
Tutte queste cose si possono vedere nei video online, e libri e riviste saranno pieni di immagini di quel che ho visto l'altra sera, ma è roba che non ha nulla a che vedere col diretto contatto del mio occhio, seppur miope, e gli astri. È un'altra cosa, che non si può spiegare. Perché, come dicono i buddhisti, le esperienze non possono essere spiegate, si possono solo sentire e ognuno deve vivere la propria.
Questo significa guardare il cielo.
Un'altra cosa mi ha colpito. Che noi ci muoviamo, noi ci muoviamo moltissimo e non ce ne accorgiamo.
Ma quando il pianeta si ferma nell'oculare per un tempo limitatissimo e più lo ingrandisci, più sparisce veloce alla vista, ma non è lui che se ne va, siamo noi che ci stiamo allontanando, ecco, io mi sono sentita strana di fronte a questa cosa qui, al pianeta che si avvicina al bordo, lo taglia, e sparisce e vuol dire che io mi sto muovendo così velocemente mentre credo di essere fermissima, piantata.
Tutto è in movimento, tutto è vero eppure tutto è anche un'illusione. 
Io non mi sento più ferma.
So che mi sto muovendo, anche ora, con la mia tana e tutto il resto.
Ma l'effetto collaterale più straordinario che ho trovato su quel piatto ieri mattina è il proposito che mi è saltato nella testa e che mi ha stupito in modo tale che sono ancora sbigottita e credo lo rimarrò a lungo. Forse è per questo che me ne sono andata in giro tutto il giorno, per sfuggirgli.
Intendo coltivare l'arte della pazienza.
Lo scrivo così come si è presentato, anche se fa impressione.
Credo di avere inserito la parola arte per renderlo più accattivante, come fosse qualcosa di carino da coltivare. Non so quale di quei pianeti mi abbia lasciato questo bel regalino, ma un'ideuccia ce l'avrei. Potrebbe trattarsi proprio di quello insignificante che ha trovato il suo modo di vendicarsi, tanto che sia bizzoso è noto a tutti.
Comunque ci tengo a dire che in una delle sue avventure anche Paperino si mette in testa una cosa del genere e finisce a schifio, quindi non credo di dovermi preoccupare troppo.
Però un po' lo sono, lo confesso.

Friday, May 20, 2016

Il passaggio.

Dunque, oggi sarebbe il grande giorno, cioè quello in cui ci troveremo tutti a naso in su a guardare luna, stelle, costellazioni e pianeti.
Al momento il cielo è talmente coperto che non permetterebbe di vedere una sola stellina, ma l'organizzatore mostra una tale sicurezza sulla serata che nessuno osa contraddirlo. Propone anzi di portare da bere, visto che lì pare ci sia anche un tavolo da pic nic.
Io avevo un problemuccio che ho risolto. Non sapevo come raggiungere il luogo di osservazione, perché i mezzi di locomozione di cui dispongo sono: i miei piedi, una bicicletta e un aeroplanino in un hangar, blu e rosso con le stelline sulla coda (sarebbe anche adatto alla serata quindi). Ma. Per quanto riguarda i piedi per arrivare in tempo mi sarei dovuta incamminare minimo ieri e ormai è troppo tardi. La bici, pur essendo più veloce, presenterebbe un po' lo stesso problema. L'aeroplanino invece presenta il problema opposto, già in fase di decollo si troverebbe a comprendere insieme i due luoghi, quello di partenza e di arrivo. Come si può notare, è la solita situazione che si ripropone, mi manca la via di mezzo. In fondo il mio oroscopista, anche se mi fa imbizzire, non ha tutti i torti.
La soluzione del problema me la fornirà una ragazza che si è offerta di accompagnarmi con un'automobile, il mezzo più adatto in questo caso e proprio per questo, quello di cui sono priva.
Se poi si riflette bene, la via di mezzo altro non è che lo spostamento da qui a lì, il passaggio, che come sappiamo, va sempre fatto in modo opportuno.
Ma intanto c'è un altro passaggio che riguarda il cammino da qui a stasera, per il quale non avrò bisogno di bici, né di auto, né di aeroplani (almeno credo) ma di mani e di cervello che in teoria sono sempre disponibili ( in teoria). 
Provo a cercarli, perché i miei invece danno l'impressione di essersi già avviati.

Thursday, May 19, 2016

La talpa fenomeno.

Tempo fa avevo detto cose tipo che non bisogna imitare nessuno, che bisogna essere se stessi.
No, è sbagliato. Bisogna imitare eccome.
Ieri sera, per onorare il nuovo oggettino presente nella tana, mi sono messa a guardare un po' di video su youtube cosa che non faccio quasi mai, a parte dei TED talks ogni tanto suggeriti in qua e là che poi vado a sbirciare.
Visto che c'ero, ieri ho guardato video di danza.
Va detto che il Fire non è fatto per queste cose, cioè è utile esattamente per le cose per cui l'ho comprato, ma come ci si azzarda a navigare o, appunto, guardare video, mi fa capire di essere una viziata o se vogliamo, abituata bene. Che vuol dire che dopo la definizione dei dispositivi Apple che da anni accompagna i miei occhi, non posso non notare la sua carenza al riguardo. Ma va bene, non è quella la sua funzione. Però sono andata avanti nonostante questo difettuccio perché ci volevo giocare. E ho passato la serata con la Zacharova, un po' di Sylvie Guillem e un po' di lezioni in giro.
Il risultato è stato che stamattina mi sentivo la Zacharova e ho fatto una lezione strepitosa. 
Quindi non solo devo imitare, ma se c'è qualcuno che devo cercare di non essere è proprio la talpa. 
Intanto, siccome oggi sono un fenomeno, ho già finito di scrivere, e ora cercherò di capire se io devo 'strumming my guitar' o 'picking my guitar'.
Perché, dato che il signor Thaddeus non contempla la mia chitarrina, non so cosa si adatti a lei fra i due metodi, ma lo strumming si fa col plettro e non credo sia adatto a lei; inoltre, mi sento più da picking.
Però c'è un particolare che non posso ignorare.
Nella tana, in un piccolo cofanetto rosso che tengo come una reliquia, ho ben tre plettri e non sono plettri qualunque, perché vengono direttamente dalla tasca della camicia del Liga, dopo un concerto. Quando li ho ricevuti forse erano ancora un po' sudaticci dal tocco della sua mano, anche se io ero talmente felice che di questo particolare non mi ricordo. Quindi, che la mia chitarrina sia adatta o no allo strumming, non sarà che questa è l'occasione giusta per usare, per la primissima volta, i plettri che ha usato il Liga? E non sarà che saranno un po' magici e che solo tenendoli nella mia zampina e passandoli sulle corde imparerò a suonare?
Secondo me sì.
Perché oggi non sono io, ma sono la Zacharova per la danza, il Liga per la chitarra e Murakami per la scrittura.
Oggi sono molte cose insieme e mi sento una specie di fenomeno.

Wednesday, May 18, 2016

Un ringraziamento a Clotalp.

Ehi, Clotalp!

Oh, ciao, finalmente sei tornata.

Sei ancora intero, eh? Quest'acquistino ti ha salvato la pelle.

Non ho la pelle.

Va bene, fa lo stesso. Comunque tutto a posto no?

Non hai visto che ti ho rimandato il fumetto?

Sì che l'ho visto, ma perché non l'abbozzi?

Perché con questo nuovo dispositivo ora lo comprerai.

Allora non ce la puoi fare. Ti ho detto che non lo compro, ce l'ho già. Si può fare che dichiariamo chiuso l'argomento?

Non lo so, perché potrebbe chiudersi la mia vita.

Problema tuo. Senti, il Fire mi risolve un sacco di problemi, è quello di cui avevo bisogno, grazie per averlo impacchettato e per essere stato così cocciuto. Quando il gufo corriere me l'ha portato sono stata molto felice.

Non c'è di che. Ma cos'è un gufo corriere?

Come cos'è? Un essere vivente che suona ai portoni e consegna i pacchetti e il mio è fantastico perché dice proprio 'C'è un pacchetto per te!', come fosse un regalo.

Non esistono questi esseri che dici tu.

Certo che esistono.

Le consegne le fanno i droni e non dicono 'c'è un pacchetto per te'.

Qui da noi le fanno dei gufi svolazzanti con la divisa a righe bianca e blu e lo dicono eccome, il mio lo dice.

Non ci credo.

Tanto piacere, tu ti tieni i tuoi droni e io mi tengo il gufo. 

E lo sgabello, quando lo compri?

Ecco, a proposito, la vuoi smettere di farmi apparire sgabelli dappertutto? Sei asfissiante e comunque se lo compro non lo prendo da voi.

Come è possibile?

È possibilissimo e molto probabile che lo compri in una parte di mondo da voi non contemplata.

Impossibile.

Invece è molto possibile, futuro cubetto. Però mi hai tirato un colpo basso, anzi bassissimo.

No, che dici, non lo farei mai, non a te.

Invece l'hai fatto. Vuoi sapere quale?

Sì.

72 matite colorate Derwent in scatola di legno a un prezzo stracciato.

Oh, lo so, hai visto come sono belle? Lo so che sono le tue preferite le  Derwent. Ma perché non le hai ancora comprate?

Perché mica sono una spendacciona, però tu giochi sporco, anzi sporchissimo.

Ma no, io voglio solo farti felice.

Clotalp, mica sono gli acquisti a farti felice.

E cosa?

Una serie di cose che stanno in quella parte che ti sfugge.

Oh. Non ci credo.

Fai come ti pare cubetto, ma smetti di giocare sporco con me.

La sai una cosa?

Dimmela.

Però te la sussurro.

Ok, sussurrala.

Forse ho trovato un modo per venire da te.

Devo andare. Ciao cubetto cocciuto.

A presto.


Il Fire.

È perfetto per la talpa.
Iniziamo col dire che è molto bellino e che quando l'ho acceso mi sono emozionata, come mi succede sempre.
I fumetti sono a colori e si sfogliano vignetta per vignetta e che ci posso fare se Paperino così mi fa ridere ancora di più?
Accetta i file audio e quindi ci si possono ascoltare gli audiobooks, anche se non l'ho ancora provato perché non so come si faccia a infilarli lì dentro.
Sui testi in inglese, compreso quello di Dickens che sto leggendo e di cui non capisco niente, mette le spiegazioni sulle paroline che secondo lui sono difficili e si accede al dizionario tappando la parola e si può ascoltare anche la pronuncia, e per una talpa non è poco. 
Evidenziare un testo e scrivere note è più facile, ma soprattutto è più facile ritrovarle, perché sono colorate e subito accessibili, quindi per la rilettura dei documenti, ovvero librelli della talpa è perfetto.
Ma fino a un certo punto su questo. 
Perché ieri avevo usato il mio kindleino per cominciare la rilettura e avevo scritto delle note da lì, che oggi ho ricercato su questo per renderlo partecipe, ma quando si è trattato di continuare la lettura sono tornata al mio kindleino adorato, che sulla lettura dei libri rimane imbattibile e la talpa è lì che deve tornare.
Averli entrambi è perfetto, giocarci passando dall'uno all'altro è meraviglioso, e vedere che con questi due oggettini ho risolto ogni mio problema e ho tutto quello di cui avevo bisogno mi dà molta felicità.
Insieme li sento talmente perfetti che mi sembra possano risolvere anche problemi di cucina, di pulizia della tana e di spostamento del peso fra il primo e il secondo dito.
Oggi, grazie a questa novità, non ho messo piede fuori.
Da domani potrò di nuovo uscire e, tranne che a lezione di danza, li porterò sempre con me. Quindi d'ora in avanti girerò con il kindleino adorato per leggere i libri e il fire per i fumetti. Dovrò portarli entrambi, perché come farò a sapere se avrò voglia di leggere Paperino o Corto Maltese o un romanzo? Bisogna essere pronti a ogni evenienza.
È bello quando tutto si risolve con una scatolina blu.

Tuesday, May 17, 2016

Colours.

Riguardo al titolo, non è che mi sono messa a parlare inglese per fare la smorfiosa, c'è una spiegazione. C'è sempre una spiegazione, basta avere quella pazienza che io non ho.
Dunque.
Stanotte ho fatto molti sogni, mi ricordo solo dei pezzi, ma so che sembrava di essere a Hollywood, fra dieci set contemporaneamente, tanta era l'attività onirica della talpa. 
E così ho avuto modo di scoprire che non solo gli oggetti e i dispositivi di una talpa bizzosa sono bizzosi, ma anche i sogni. Diciamo pure dispettosi. Scoperta di cui, inutile dirlo, avrei fatto a meno.
Ho sognato un mucchio di gente che voleva creare dei passaggi nel mare. Intanto il mare il regista non me lo faceva vedere, ma mi faceva vedere solo cantieri, operai, camion e tutta quella roba lì. Non so perché un mucchio di gente si fosse messa in testa di creare questi passaggi, comunque il primo gruppetto che stava andando avanti a modo suo, con uno stradellino piccino attaccato a una roccia, viene brutalmente soppiantato da un tizio che crea una passerella sul mare (ripeto che però il mare, per dispetto, non me lo facevano vedere), di pietra, una roba solida insomma, e questi scavavano scavavano, non nel blu, ma nel marrone. Eravamo in mare ma c'era un mucchio di terra e sì che sono una talpa, ma mi sono imbizzita lo stesso. Questi secondi, prepotenti, procedevano spediti e a un certo punto hanno pure creato una frana per cui tutti i camioncini di quegli altri si sono rovesciati e loro hanno dovuto ritirarli su con molto sforzo.
Il capo dei secondi, il prepotente, era una specie di guru che andava in giro con una tunica e soleva dire 'i colori sono importanti' e aveva scritto un libro, che il regista del sogno (per dispetto) mi mette fra le zampine. Il titolo sulla copertina era 'Colours' e c'erano solo disegni, ma mica bellini, tutte figure geometriche, sfere soprattutto. Ma vogliamo parlare dei colori? Variavano dal beige, al tortora, al marrone. E io continuavo a sfogliarlo perché anche nel sogno ero imbizzita e cercavo i colori di cui parlava quello lì e a un certo punto, in una pagina, trovo due strisce di un bel verde acido, così brillanti che sembrava ci fosse una lampadina sotto. A quel punto ho chiuso il libro. Ecco, io non so chi ci sia alla regia dei talpa sogni, ma intendo approfondire, eliminarlo e sostituirlo con uno che non mi giochi questi brutti scherzi.
In un altro sogno però c'erano due amiche, che però non ho mai visto in vita mia, che indossavano due abitini rossi meravigliosi e io glielo dicevo. E forse vuol dire che devo comprarmi un vestitino rosso, ma ho già passato l'inverno a cercare un cappottino rosso, quindi anche questo, sebbene il rosso mi piaccia, ha l'aria di essere un piccolo dispetto.
Da una notte così cosa ci si può aspettare di buono?
E invece l'inizio di giornata mi ha smentito, perché verso le nove, prima che uscissi per andare a lezione, il campanello ha suonato ripetutamente.
'Chi è?'
'Talpa, c'è un pacchetto per te'.
'Scendo subito!!!!!'
E si è ripetuta una scena già vista, la talpa che faceva volare via il pigiama, si infilava jeans e maglietta e si precipitava giù dalle scale lasciando la porta spalancata. 
Giù, sul marciapiede davanti al portone, c'era il gufo con la divisa a righe, sempre lui, con il mio pacchetto. Me l'ha passato con il suo sorriso e è volato via. È fantastico.
La talpa era così felice che ha fatto quattro piani di scale correndo.
Era lui, il kindle fire, che è arrivato con un giorno di anticipo, perché doveva arrivare domani e mi ha ripagato dei dispetti dei sogni, perché è molto colorato lui, è blu. Lo confesso, non ci ho ancora fatto conoscenza, perché sono dovuta uscire subito e ora devo scrivere e insomma, sono un po' come Sara, ho bisogno di tempo, quindi lo farò nascere stasera, nella calma, quando potrò dedicarmi a lui con tutta me stessa.
Ma le sorprese non sono finite qui, perché è giunta una mail in cui pare che si confermi l'osservazione delle stelle e dei pianeti per venerdì venti. Io stavolta mi guarderò bene dal chiedere quella nuvolette per coprire QUEL pianeta, perché non vorrei scatenare di nuovo l'ira degli dei con relativi fulmini e saette sulla mia tana e dintorni. Ma se una nuvoletta, così, spontaneamente, quella sera proprio non sapesse dove andare e si dovesse ritrovare disorientata e priva di inviti a tutte le feste del mondo, ecco se proprio non sapesse dove stare, potrebbe andare a piazzarsi proprio lì e la sua permanenza in quel luogo sarebbe gradita. Ma solo se non sapesse dove andare, mi raccomando.
Quindi.
Non è che per avere sorpreselle sia necessaria una notte di sogni dispettosi? Perché in tal caso forse il regista è meglio se me lo tengo. In attesa di una risposta più precisa, lascio le cose come stanno.
Però se quel tipo volesse prestarmi il suo libro, colours, qualche bel disegnino, colorato davvero, glielo posso fare io.

Monday, May 16, 2016

Yawn.

Io ho sonno.
Come si fa scrivere con questo sonno? 
Poi le nuvole ora stanno sputando anche delle goccioline e è noto a tutti che con un tempo così viene voglia di infilarsi sotto una copertina e schiacciare un pisolino.
Stamattina sono andata a lezione, ma mi sa che avevo sonno anche lì o forse dopo tre giorni di chiusura, non delle finestre o della porta, ma delle energia in se stessi per poterle raccogliere e usare, poi è difficile tornare fuori. In realtà si tratta solo di pigra nullafacenza, ma raccontarmela è una delle mie specialità e il più delle volte mi salva la pelle, o almeno così penso io e quindi trovare giustificazioni alte alle più scadenti inclinazioni può essere molto utile.
Però ho lavorato sui capelli del mio personaggino, con scarsi risultati al momento, ma una ciocca oggi, una domani e alla fine si arriva a una capigliatura decente. 
Poi ho cercato di comprare uno sgabello, senza riuscirci, per il momento, ma confido in un successo prossimo venturo. Che me ne faccio di uno sgabello? Al momento mi pare quasi di non poter vivere senza, perché voglio sovrastare il foglio, il computer, tutto, sono stufa di stare con le zampine appese al tavolo. Naturalmente anche questa è la spiegazione diciamo alta, quella bassa è che se non compro qualcosa non sono contenta e lo sgabello ora mi sembra irrinunciabile. Una volta acquistato non saprò neanche dove tenerlo e mi toccherà tenere aperta la botola della tana per farcelo stare tutto intero, ma questo problemuccio non mi fermerà.
Mica l'ho fatto poi l'esame per mister Thaddeus. Temo che dovrò ridurre la scalata ambiziosa che mi aveva animato all'inizio, come succede sempre e tornare indietro di un paio di scalini. Ma ho una giustificazione anche per questo naturalmente. Che è: ma chi se ne importa degli esami e di mostrare il risultato? La cosa più importante non è forse il risultato stesso, cioè che io impari? Mostrarlo o no è assolutamente secondario. Già. Appunto. Che io impari, il resto non conta. Per ora mi fermo a questa scalino e non intendo retrocedere neppure di un altro mezzo. Siamo quindi allo scalino imparo e non mostro, che ha in sé addirittura qualcosa di nobile. Molto bene. Purché impari però. Certo. Non l'ho già detto forse? Non mi piace ripetermi.
Però il sonno continua a farmi compagnia, come un fedele amichetto e siccome non posso passare la giornata su questo post sperando che la testa non mi caschi sulla tastiera, farò una bella cosa. Mi preparerò un bel tè. Magari con un po' di biscottini. 
Uh, è tardi, sono le cinque e zero due, sono in ritardo di due minuti e per quando il tè sarà pronto saranno passati altri minutini, imperdonabile.
Devo andare.

Aggiornamento delle 17 e trenta circa.
Il tè è finito. Perché questi intermezzi durano così poco? Ho mangiato anche otto biscottini. Poi la confezione era finita, se no forse ne avrei mangiato anche qualche altro. A proposito del tè vorrei fare un raccontello. Un po' triste. Tempo fa, non poco per fortuna, il mio oroscopista di fiducia mi disse 'Cara talpa, il tè è quella strana bevanda che appena la metti nella tazza è troppo calda e se ti azzardi a berla ti ustiona, ma se vai nell'altra stanza e torni la trovi troppo fredda. Tu sei come quella tazza di tè, o troppo calda o troppo fredda, mai giusta, cara talpa'. Fine dell'oroscopo. Tra l'altro non specificava a quale distanza si dovesse trovare l'altra stanza perché il tè divenisse così freddo, perché io avrei voluto dirgli che nella mia tana invece c'è una possibilità che io, dalla stanza adiacente possa tornare in tempo utile per trovarlo della giusta temperatura. Lui non ha detto neanche quanto ci si dovesse trattenere di là perché il tè diventasse così freddo. Dalle sue parole sembrava quasi che il tè decidesse di raffreddarsi oltremisura, a qualunque distanza si trovasse la stanza e indipendentemente dal tempo di permanenza. Quasi che si offendesse, che si sentisse oltraggiato dall'abbandono e si raffreddasse all'istante imbizzito per l'allontanamento inopportuno dalla tazza.
Va da sé che io ora sto molto attenta a non farlo imbizzire il mio tè e dal momento in cui lo verso nella tazza non lo abbandono neppure per un secondo e gli tengo gli occhi puntati addosso.
Ma ogni volta che lo bevo quell'oroscopo mi torna in mente, quindi il mio oroscopista di fiducia, attentatore agli altrui tè e alla tranquillità delle talpe, da quell'oroscopo lo leggo meno volentieri. Lo leggo sempre però.

Aggiornamento dell'aggiornamento.
Oggi dovrei finire la riscrittura del talpa libro numero tre (almeno credo). Diciamo che mi mancano quattro pagine e per non finirlo mi ci dovrei impegnare parecchio, ma tutto è possibile. Però forse è anche per questo che ho sonno.
Che faccio, prendo un altro tè?

Sunday, May 15, 2016

Le armoniche.

Intanto voglio subito dire e non senza un certo orgoglio, che sono alla terza settimana degli insegnamenti del signor Thaddeus.
Quindi ho superato ampiamente la prima settimana. Tutta questa soddisfazione che sento contiene un'insidia: che mi senta talmente brava da mollare qui, tanto ormai la prima l'ho superata, ma ora che l'insidia l'ho vista e messa qui per iscritto, non mi fregherà. Però ora che l'ho minacciata, ci proverà in tutti i modi a fregarmi. Insomma, vita dura per la talpa.
Lo ammetto però, l'esamuccio della prima settimana non l'ho fatto, perché non mi piaceva, si trattava di ciarlare un sacco e io voglio suonare, non ciarlare.
Oggi ci sarebbe la scadenza per presentare quello della terza settimana, e non so di cosa si tratti, ma se comporta che io impari quei cento passaggi per usare garage band e poi inviare un file di cui ancora non ho la minima idea e che può darsi presupponga che io debba esercitarmi per imparare qualcosa, allora è probabile che il signor Thaddeus non avrà il piacere di vedere la mia performance e potrebbe anche essere la più grossa fortuna della sua vita.
Intanto c'è un problemuccio.
Tuning with harmonics, lo chiama lui.
Dunque, va da sé che, come ha suggerito, con un bel tuner scaricato come app il problema di accordare la mia chitarrina non si presenta più. Ma bisogna imparare tutto dice lui. Metti che ti si sfascia il cellulare o lo perdi o ti trovi nel deserto e non hai altro che la tua chitarrina? Aggiungo io. Allora bisogna usare il match, tipo accordare questo tasto di questa corda con quell'altra e via dicendo, anzi facendo. Però, ora che ci penso, chi me lo dà il LA nel deserto? Accidenti, a questo non avevo pensato. Occorre che compri un tuner fork e me lo porti sempre dietro. Ne va della mia vita.
In questo tuning with harmonics si tratterebbe sempre di matchare fra una corda e l'altra, però il ditino della mano sinistra non va messo nel mezzo del fret, che sarebbe il tasto, ma proprio sopra la stanghina, come se si volesse rendere il suono muto senza farlo muto, insomma una roba strana che in effetti non ho capito.
Però oltre a non averla capita il problema è che quando metto il dito dove lo mette lui, le mie corde producono suoni completamente diversi. 
Non sarà che la mia chitarrina classica, da lui non contemplata, avrà i fret completamente diversi?
Questa faccenda mi turba e mi tormenta oltre l'immaginabile.

La stessa cosa.

Un paio di sere fa, prima di addormentarmi, ho capito che fine e inizio sono la stessa cosa. E che ci sono giorni o pacchetti di giorni particolarmente preposti a finire o iniziare, che è la stessa cosa.
Me ne sono accorta osservando quel che era accaduto. 
In uno stesso giorno o in uno stesso pacchetto di giorni, insomma un piccolo periodo, che può essere anche di due o tre giorni, è capitato che abbia finito di scrivere il libro, che siano finiti due dei cinque libri che stavo leggendo, che sia finita la confezione delle fette biscottate, che sia finito il capitolo sette del libro secondo dell'audiolibro di Dickens che sto ascoltando (non ci capisco niente, tranne quando dice end of book seven etc), che sia finito il volume del fumetto e credo ci sia anche qualcos'altro che mi sfugge, ma tanto è il senso che importa, più che le cose in sé. 
Al tempo stesso altre partivano, un nuovo libro era già partito e si era insinuato al posto dell'altro, un nuovo capitolo incomprensibile come il precedente di Dickens, delle fette biscottate nuove e anche dei biscottelli, un nuovo libro, le tele lasciate lì da mesi e riprese e finite, un nuovo volume di fumetto. Certo, tutti sanno che i progetti finiscono a un certo punto, per fortuna, ma questa coincidenza di tutte queste fini, unite a tutti questi inizi mi ha fatto capire quella cosa lì. 
Che inizio e fine sono la stessa cosa. Ecco perché finisco questo post come l'ho iniziato.

Una talpa posseduta.

Non comprerò mai più la tela cartonata.
Ecco l'ho detto, ho fatto la mia dichiarazione, quindi devo già prepararmi ad averne una decina in casa entro una settimana, perché questo è il modo in cui la parte ribelle di me si oppone alle dichiarazioni. Ma ormai il danno è fatto, andiamo avanti.
Quella che è qui, sul cavalletto, dietro di me, mi perseguita da mesi.
Perché mai ho comprato una tale trappola? 
È una trappola per me, per il colore che non si spande, che anche se lo ripassi mille volte rimane chiazzato, per il modo fastidioso in cui il pennello ci si impiglia, perché non conosco il motivo della loro esistenza.
Io l'ho comprata per un motivo molto semplice. Tempo fa mi saltò in testa di fare una tela multipla. Il soggetto? Il mio preferito, Paperino. Il tentativo, anche se non è mal riuscito, insomma non mi dispiace, non ha neppure avuto l'effetto strabiliante che mi aspettavo, ma va bene, non tutte le idee risultano valide come le avevo pensate. La base su cui queste tele saranno costruite è costituita da lei la tela cartonata, che oltre a fare tutte quelle cose che ho detto sopra, ha anche il brutto vizio di incurvarsi. Perché non ho usato una normalissima tela come base? Vai a capire. E perché non la butto via, non compro una tela e uso quella come base? Perché sono cocciuta, ho scelto lei, ci ho passato ore sopra, non minuti, e lei ora farà quel per cui è stata acquistata e lavorata. Perché non butto via una cosa su cui ho gettato quintali di sudore e di lavoro, ecco perché.
Il fondo che avevo fatto era celestino e non funzionava, ma per mesi non ho osato rimetterci le mani, fino a ieri che è stato un giorno strano perché mi sono svegliata posseduta, da chi non lo so, so solo che se dovessi fare una descrizione delle ore trascorse dalle nove circa alle tre del pomeriggio non potrei, ma alle ore quindici, quando sono tornata in me, la tela cartonata era diventata blu, la tana era tutta sottosopra come se fosse passato un tornado, le mie mani e il mio muso erano neri.
Inoltre, tempo fa avevo preparato due tele a olio per due disegni. Tali disegni, o almeno uno di essi, mi era saltato nella testa un giorno di svariati mesi fa, mentre mangiavo un panino dopo la lezione di danza, nel bar di fronte. Mi era spuntato così e poi l'avevo dimenticato, come spesso accade. In quel periodo, quindi parlo tipo di settembre o di ottobre, dei muratori stavano riparando il tetto della mia tana e io ero confinata in quello che chiamo studio blu e non potevo muovermi da lì, quindi avevo preso un album e fatto quel disegno, che è di una banalità sconcertante eppure a me dice qualcosa, ma ovviamente non so cosa. È quel disegno che ho riportato sulla tela ieri, più la sua diretta conseguenza su un'altra tela. Quindi alle ore quindici avevo fatto anche questi due disegni che erano lì fermi da mesi.
Oggi, finalmente, potrò costruire la tela composta su quel cartone colorato che mi fa imbizizire e smettere così di sbizzellarci, quindi è proprio una bella domenica.
Perché in alcuni giorni e non in altri, accadano delle cose, non saprei dirlo, ma credo che un motivo ci sia.

Friday, May 13, 2016

Voda, ovvero acqua.

Sono andata di nuovo a vedere un documentario, perché era sull'acqua e non ho resistito e sebbene quest'acqua a un certo punto abbia cominciato a contenere molti drammi, perché ormai è chiaro che i documentari non li fanno su Paperino e Disney, era molto bello. A tratti quasi un viaggio sensoriale.
A un mio amico, che si chiama Berto, sarebbe piaciuto moltissimo e è anche per lui che ci sono andata. Lui vive a Londra, che è piena di cinema e credo potrebbe andarci se volesse, ma non so se lo farà e non so bene come dirglielo, però spero che lo veda. 
L'acqua però, anche se è magica, può presentarsi anche inopportuna, infatti oggi non permetterà a quella quindicina di persone, tra cui io, di andare a vedere le stelle, perché grossi nuvoloni si sono piazzati nel cielo per impedircelo e pare che anche dell'acqua sarà prodotta per scoraggiare in modo definitivo qualunque tentativo.
Ma non c'è da preoccuparsi, l'osservazione è solo rimandata.
Mi sono guardata bene dal confessare la mia responsabilità nella nuvolosità bizzosa.
Io però avevo chiesto solo una nuvoletta a coprire Marte. Che ci posso fare se il mondo dei desideri esagera sempre? Io credo che sia disattento, ascolta l'inizio e poi se ne va a fare qualcos'altro. Capisco che sia molto impegnato coi desideri di tutti, ma allora che si prenda degli aiutanti, che diamine, perché così non si può andare avanti.
Oggi non sono neanche andata a lezione di danza perché nella notte mi sono svegliata tipo tre volte pensando al libro e ai ritocchi finali da fare e ci sono cose che non possono aspettare, come ci sono anche momenti che vanno vissuti in privato, e questo è uno di quelli.
Quindi ho apportato i ritocchi finali richiesti dalla notte e posso dichiarare che la data esatta della fine sia questa, oggi, quella che doveva essere dell'osservazione delle stelle.
Ora c'è un salto da fare, un passaggio e io ce la metterò tutta per fare un bel saltino, perché i modi contano, altroché se contano.

Thursday, May 12, 2016

È finito.

Ci ho provato a ritardare la fine, andando a rilento, ovviamente, ma non è servito a niente, cioè sì, a qualcosa è servito, a farmi fare un po' di sempre meritato panciolle, però anche scrivendo un paio di paroline al giorno alla fine ho dovuto accettare la realtà. 
Però la talpa non è scema per niente, anche se non lo sa.
Una settimana fa, quindi in tempi non sospetti, avevo cominciato a scriverne un altro. Ma non sospetti per chi? Perché forse per qualcuno che abita qui dentro sospetti lo erano e come. Questa entità che chiameremo il Talpa Soccorritore, si è attivato alle prime avvisaglie.

Allarme allarme!!!
(lui ha una squadra di venti persone al suo servizio, che si è radunata all'istante nella writing room, che è il luogo da cui la talpa scova le idee, senza esserne consapevole, ovviamente)

Che succede?

Guardate le parole!
(c'è un baule con tutte le parole dentro. I venti si affacciano tutti insieme e molti si prendono a testate)

Sono quasi finite!!!
(urlano in coro)

È il motivo per cui vi ho radunato qui. Bisogna inventarsi qualcosa prima che finiscano perché se no lei frigna, si dispera e diventa insopportabile e dobbiamo sopportarla così per giorni e giorni.
(I venti annuiscono e cominciano a grattarsi la testa, perché anche se non vogliono sorbirsi una talpa frignona, di idee non ne hanno)

Allora? 
(insiste il TS)

Boh...
(loro sono tanti solo perché ognuno dice una parola, ma pensano con una testa sola)

Come boh?

Boh...

Smettetela di dire boh. Lei ora canticchia tutta felice perché come al solito mica l'ha capito che sta finendo.

Certo che è proprio stordita.
(i venti si guardano piuttosto sconsolati perché vorrebbero lavorare per un soggetto più interessante)

Bando alle ciance, dovete inventarvi subito qualcosa.

Ma non ce l'abbiamo qualcosa ora, mica è come comprare le patatine, potrà pur stare un po' senza fare niente.

Lo sapete che ci sta sempre molto volentieri. Panciolle lo chiama lei, ma le piace solo quando ha da fare, se invece il libro le finisce si dispera e non riesce più a godersi il panciolle. In realtà credo sia proprio questo il motivo della sua disperazione, più che il libro, ma insomma, avete presenti i suoi piagnistei?

Eccome se ce li abbiamo presenti.

Volete sentirli?

No, no e poi no.

E allora non c'è altra soluzione che dare vita a un nuovo filone. Vanno infilate nuove parole nel filo che lei potrà tirare su.

Non ce le abbiamo.

Inventatele, questo è il vostro compito. Vi vengo incontro, bastano giusto le prime, tanto per qualche giorno è impegnata con l'altro, questo serve solo a evitare la crisi che si presenterà fra qualche giorno. E le prime parole le vanno sventolate davanti agli occhi per bene, perché è una talpa, presa da quell'altro, quindi se non facciamo così quando le vede? Anzi, le vanno messe proprio fra le zampe.

Ma poi, quando l'altro finisce e il baule di questo è quasi vuoto, come facciamo?

Non c'è da preoccuparsi, a quel punto lei ne avrà iniziato un altro e sarà così tranquilla che tornerà a dedicarsi ai suoi panciolle e noi avremo tutto il tempo.

Mah... ora ci pensiamo. Quante parole servono?

Ne bastano un centinaio per ora.

Cinque per uno quindi. Devono avere un senso?

No, non è necessario, basta che siano un po' allettanti, tanto ora ha l'altro e quando finirà sarà talmente contenta di avere questo appiglio che le sembrerà tutto fantastico.

Bene, cominciamo allora, che noiosa però. Quale baule usiamo?

Quello blu nell'angolo.

Va spolverato?

Non importa.

Uffa.
(E i venti si mettono al lavoro, buttando nel baule polveroso cinque parole a testa, più svogliati che mai, seduti sul pavimento, sbuffando. Dieci minuti dopo, tra uno sbadiglio e l'altro, hanno finito).

Finito. Come facciamo a fargliele vedere ora?

Legatele fra loro, poi prendete la prima e fate in modo che ci inciampi. È una credulona, non sarà difficile.

Devono avere un ordine?

Non importa, mettetele a caso, servono solo a salvarci dagli strepiti.