Wednesday, May 11, 2016

L'ho fatto per Paperino.

Nonostante i ripetuti assilli di clotalp (che non mancherò di andare a trovare, in giornata) l'ho fatto, ho comprato il kindle fire.
È bellino e è anche blu.
Ma a convincermi non è stato clotalp, anzi la sua insistenza ha rischiato di mandare tutto a monte. Anche se da giorni mi girava in testa questa cosa, l'approvazione totale all'acquisto mi è giunta ieri sera. 
Ero andata a una serata di danza che prevedeva quattro spettacoli di quattro compagnie diverse. Fra l'uno e l'altro si usciva e uno poteva scegliere di vederseli tutti o uno o due o quanti gli pareva. Ovviamente io ero per tutti. 
L'amica con cui ero andata alle undici ha dovuto mollare per motivi di lavoro e io sono rimasta sola. Non che la cosa mi sconvolga, vado da sola in un mucchio di posti, ma non avevo con me il kindle che porto quasi sempre e nella pausa in cui ci avevano buttato fuori per allestire la scena per l'ultimo spettacolo ho preso il mio cellulare, ho aperto l'applicazione di lettura kindle e mi sono messa a leggere Paperino.
Era a colori, le vignette se le tappi te le guardi come vuoi e insomma, è un altro mondo. Il fumetto richiede i colori e il touch, e io ero felice di essere lì in attesa con il mio Paperino, di avere scoperto un nuovo mondo per leggerli e che la decisione si fosse fatta strada grazie a quell'attesa, anche se fino a stamattina non lo sapevo.
Poi ci hanno fatto entrare, mi sono seduta e ho continuato a leggere perché lo spettacolo non era ancora iniziato. Quando hanno abbassato le luci e ho dovuto smettere di leggere, la cosa mi ha procurato un certo dispiacere. Poi però i danzatori sono entrati e allora non ero più dispiaciuta, perché c'era la danza. 
E mentre tornavo a casa a piedi e la strada non era pochissima, perché all'andata ero in macchina, ero contenta di camminare e anche di pensare che passare da Paperino alla danza è fantastico. 
Ecco perché stamattina ho comprato il fire, perché ho bisogno di un degno supporto per i miei fumetti digitali.
Tutto qui.
Anche se non è poco per niente.
Ma le sorprese non erano finite. 
Accanto alla mia tana c'è una gelateria. Inaccessibile. Perché ogni volta che ci passo davanti c'è una fila che in confronto quelle delle mostre ai musei sono un gruppetto scarso. Se poi esco dalla tana ben convinta a mangiare un gelato, la fila impossibile può essere anche raddoppiata, quindi diventa impossibile al quadrato, che vuol dire che mi passa la voglia di mangiarlo per almeno una settimana o che me ne viene una voglia tale che batterei la testa nel muro. Una di queste due possibilità.
Ieri sera, data l'ora tarda, c'erano solo tre persone dentro, le ho contate e la gelateria, chissà per quale motivo, era ancora aperta. Non è che avessi particolare voglia di gelato, anche perché avevo un po' di sonno, che vuol dire che il mio stomaco si era già ritirato, ma di fronte all'evento della gelateria aperta e vuota, mi è toccato risvegliarlo.
Ehi svegliati!
Che vuoi?
C'è da lavorare.
Lavorare?
Sì, devo mangiare un gelato.
Un gelato? Ora?
Sì, ora.
Ma che sei impazzita? Io ho già chiuso. Rilassati.
Tu hai chiuso ma la gelateria no.
Chi se ne frega della gelateria.
Io me ne frego, non penserai che mi lascerò scappare quest'occasione?
Ma chi se importa dell'occasione, una mangia se lo stomaco è ben sveglio e ha fame.
A volte bisogna fare delle eccezioni e questa è una di quelle. Gelateria aperta e vuota, il gelato va comprato e mangiato.
Io non ce la posso fare.
Tu ce la farai invece, perché io sto per ingurgitarlo. 

E così sono entrata e ho chiesto il mio cono e poco importava se non mi andava e se il mio stomaco era imbizzito, certe cose vanno fatte.
Proprio come leggere i fumetti a colori e col touch.
In fondo è tutto molto semplice.

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