Esistono persone che sono abituate, da una vita, a svolgere il grosso del lavoro, a sentirsi indispensabili, a pensare 'tanto se non lo faccio io...' e quando viene loro proposto un aiuto, anziché fare una festa, lasciarsi sprofondare in una poltrona, ridere per ore, mettere i piedi sulla scrivania, incrociare le braccia dietro la testa e far volare la cravatta all'altro capo della stanza, accogliendo l'aiutante con inchini, regali e tappeto rosso, bofonchiano.
Io l'ho sperimentato in questi giorni, grazie a una pratica a cui in realtà penso da qualche anno, ma diciamo che ora la sto intensificando.
Sto cercando di diventare ambidestra.
Descrivo subito il mio piccolo successo, perché così si fa. L'altro giorno, per la prima volta, d'istinto ho usato la sinistra e dopo un po' me ne sono sorpresa.
Ma il più delle volte, devo ascoltare le loro bizzelle.
Perché la sinistra non sarebbe così imbranata se non si sentisse continuamente osservata e giudicata dalla sua collega.
D. No, non così, così fai un casino, ti faccio vedere io
S. Io non voglio fare come fai tu, voglio imparare un modo mio.
D. È tutta la vita che lo faccio, vuoi saperlo meglio di me?
S. Beh, ora, che tu lo voglia o no, lo faccio anch'io e voglio farlo a modo mio.
D. Il tuo modo fa schifo. Come si fa a prendere una forchetta così?
S. Tu hai impiegato anni ad imparare, anche se non te lo ricordi.
D. Io non capisco perché non si possa fare come s'è sempre fatto.
S. Perché sono stufa di non fare niente e mi annoio a morte, va bene?
D. Fai qualcos'altro, guarda la tv, leggi, invece di venire a rompere le scatole a me.
S. Dovresti essere contenta del mio aiuto.
D. Lo sarei se fosse un vero aiuto, ma mi tocca controllare tutto quello che fai e spesso rifarlo. Tanto vale che faccia da me come ho sempre fatto. Del resto finora te ne sei lavata le mani, no?
S. Perché tu eri sempre in mezzo e comunque ora voglio fare anche io tutto quello che fai tu.
D. Scordatelo!
S. Ma proprio per niente.
D. Non ce la farai mai (risata).
S. Questo lo dici tu. Vedrai.
D. Se non ti aiutassi io e non ti dicessi come fare non riusciresti neppure ad aprire il frigorifero.
S. Se tu te ne stessi un po' penzoloni senza intralciarmi, forse troverei il MIO MODO.
D. Come puoi avere un TUO MODO, se non hai mai fatto niente in vita tua?
S. Non ho mai fatto niente perché tu non mi lasciavi fare niente, eri sempre in mezzo.
D. Questo è il mio lavoro.
S. E il mio quale sarebbe?
D. Aiutare, di tanto in tanto, quando ce n'è bisogno, se no giacere da qualche parte, inerte.
S. Beh, questa storia è finita. D'ora in avanti io e te siamo pari.
D. Giammai.
E così via, ogni giorno. Perché sono anche bizzose e la destra invece di stare in panciolle sta tutta tesa e vorrebbe strapparle tutto di mano.
Comunque, non credo che per il momento si possa fare molto per le loro bizzelle, si può solo andare avanti facendo finta di non sentirle.
Al momento, le esperienze più complicate sono state aprire la scatoletta del tonno e, veramente difficile, lavarmi i denti.
Naturalmente non ho ancora provato a scrivere e disegnare con la sinistra.
È una strada lunga, ma è altrettanto vero che è più facile se si riesce a vincere la sensazione di stranezza, l'ostacolo forse maggiore.
Perché sto facendo questo? Perché mi sembra di vivere con metà corpo.
Io l'ho sperimentato in questi giorni, grazie a una pratica a cui in realtà penso da qualche anno, ma diciamo che ora la sto intensificando.
Sto cercando di diventare ambidestra.
Descrivo subito il mio piccolo successo, perché così si fa. L'altro giorno, per la prima volta, d'istinto ho usato la sinistra e dopo un po' me ne sono sorpresa.
Ma il più delle volte, devo ascoltare le loro bizzelle.
Perché la sinistra non sarebbe così imbranata se non si sentisse continuamente osservata e giudicata dalla sua collega.
D. No, non così, così fai un casino, ti faccio vedere io
S. Io non voglio fare come fai tu, voglio imparare un modo mio.
D. È tutta la vita che lo faccio, vuoi saperlo meglio di me?
S. Beh, ora, che tu lo voglia o no, lo faccio anch'io e voglio farlo a modo mio.
D. Il tuo modo fa schifo. Come si fa a prendere una forchetta così?
S. Tu hai impiegato anni ad imparare, anche se non te lo ricordi.
D. Io non capisco perché non si possa fare come s'è sempre fatto.
S. Perché sono stufa di non fare niente e mi annoio a morte, va bene?
D. Fai qualcos'altro, guarda la tv, leggi, invece di venire a rompere le scatole a me.
S. Dovresti essere contenta del mio aiuto.
D. Lo sarei se fosse un vero aiuto, ma mi tocca controllare tutto quello che fai e spesso rifarlo. Tanto vale che faccia da me come ho sempre fatto. Del resto finora te ne sei lavata le mani, no?
S. Perché tu eri sempre in mezzo e comunque ora voglio fare anche io tutto quello che fai tu.
D. Scordatelo!
S. Ma proprio per niente.
D. Non ce la farai mai (risata).
S. Questo lo dici tu. Vedrai.
D. Se non ti aiutassi io e non ti dicessi come fare non riusciresti neppure ad aprire il frigorifero.
S. Se tu te ne stessi un po' penzoloni senza intralciarmi, forse troverei il MIO MODO.
D. Come puoi avere un TUO MODO, se non hai mai fatto niente in vita tua?
S. Non ho mai fatto niente perché tu non mi lasciavi fare niente, eri sempre in mezzo.
D. Questo è il mio lavoro.
S. E il mio quale sarebbe?
D. Aiutare, di tanto in tanto, quando ce n'è bisogno, se no giacere da qualche parte, inerte.
S. Beh, questa storia è finita. D'ora in avanti io e te siamo pari.
D. Giammai.
E così via, ogni giorno. Perché sono anche bizzose e la destra invece di stare in panciolle sta tutta tesa e vorrebbe strapparle tutto di mano.
Comunque, non credo che per il momento si possa fare molto per le loro bizzelle, si può solo andare avanti facendo finta di non sentirle.
Al momento, le esperienze più complicate sono state aprire la scatoletta del tonno e, veramente difficile, lavarmi i denti.
Naturalmente non ho ancora provato a scrivere e disegnare con la sinistra.
È una strada lunga, ma è altrettanto vero che è più facile se si riesce a vincere la sensazione di stranezza, l'ostacolo forse maggiore.
Perché sto facendo questo? Perché mi sembra di vivere con metà corpo.
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