Sunday, September 28, 2014

Otto.

Ieri abbiamo liberato tre tartarughe.
Io ero l'addetta al video in acqua, il che dimostra una sola cosa: che bisogna frequentare gente che non ti conosce.
Questa è un'idea che mi gira nella chiorbina da un po' di tempo e anche il motivo per cui ultimamente non ho frequentato amici, anche se non mi definisco solitaria. Frequento il mondo, persone che incontro e che con molta probabilità non incontrerò più.
Non stringo rapporti di amicizia nel senso classico del termine e non cerco gli amici che già ho.
Eppure non sono sola, perché sto nel mondo, appunto.
In tutto questo ci saranno svantaggi e vantaggi. Il vantaggio più brillante è che chi non ti conosce non ti appiccica addosso alcun tipo di etichetta.
È un vantaggio enorme. Ti permette di essere qualunque persona e se vuoi allargare i tuoi orizzonti, nessuno ti dirà 'Tu? Ma che sei impazzita! Non ce la farai mai'. Insomma, quella roba tipo 'tu sei così, tu sei cosà...' che non sono gli altri, ovviamente ad appiccicarmi sulla pelliccetta, ma io stessa.
Una vita di definizioni che vedo poi riflessa nei volti, nelle espressioni, nei pensieri e nelle parole di chi 'mi conosce' e è probabile che io faccia lo stesso con loro.
E siccome gli orizzonti vanno allargati, e la coscienza pure e la consapevolezza pure, le barriere vanno abbattute e non è un compito facile, frequentare persone sconosciute è un modo.
Il pericolo più grande è quello di definirsi subito, con frasi del tipo 'questo non lo so fare, tu non mi conosci ecco perché mi chiedi di fare questo, no, io sono un disastro, no io sono...'.
Io sono. Queste due parole insieme, possono essere una meraviglia o un disastro. Se si usano per autolimitarsi di continuo, cosa che io so fare benissimo (e questo che ho appena detto è un esempio) possono fare molti danni.
E non è un trionfo dell'ego. È un modo per andare oltre e raggiungere quel luogo puro in cui non esistono sovrastrutture inutili e si raggiunge l'essere essenziale che invece conosce la strada e non dice 'io non lo so fare, io non posso'.
Tutto questo per dire che qui mi hanno messo tra le zampine una telecamera subacquea e il mio compito era riprendere le tartarughe liberate.
Io ci ho provato a dire che non era un compito per me, perché come ho spiegato, i limiti sono in noi, non negli altri. Gli altri li riflettono soltanto.
E allora sono andata. E se sulle prime due ho ripreso poco o niente, sulla terza ho fatto un piccolo capolavoro, perché l'ho anche seguita.
Per scoprire che le tartarughe sono velocissime, una volta in mare immediatamente sembrano dimenticare dove si trovavano fino all'istante prima e non si voltano mai indietro, in mare sono bellissime e l'immagine della libertà ti si stampa sul cuore e negli occhi e capisci che non c'è nulla di più importante nella vita che essere liberi.
Le tartarughe che filano via, nel mare profondo e azzurro brillante nonostante sia alto, mentre io sono lì con loro, a condividere un momento così importante, è un'emozione che non dimenticherò mai.
Finita tutta la faccenda naturalmente avevo il terrore di vedere i risultati del mio operato. Primo su tutti che avessi ripreso solo la mia faccia.
Invece, dopo averlo visto, mi sono anche data un voto che ho dichiarato a tutti.
Otto.
E ne sono fiera.

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