Ieri abbiamo liberato tre tartarughe.
Io ero l'addetta al video in acqua, il
che dimostra una sola cosa: che bisogna frequentare gente che non ti
conosce.
Questa è un'idea che mi gira nella
chiorbina da un po' di tempo e anche il motivo per cui ultimamente non ho frequentato amici, anche se non mi definisco solitaria. Frequento il mondo,
persone che incontro e che con molta probabilità non incontrerò
più.
Non stringo rapporti di amicizia nel
senso classico del termine e non cerco gli amici che già ho.
Eppure non sono sola, perché sto nel
mondo, appunto.
In tutto questo ci saranno svantaggi e
vantaggi. Il vantaggio più brillante è che chi non ti conosce non ti appiccica addosso alcun tipo di
etichetta.
È un vantaggio enorme. Ti permette di essere qualunque persona e se vuoi allargare i tuoi
orizzonti, nessuno ti dirà 'Tu? Ma che sei impazzita! Non ce la
farai mai'. Insomma, quella roba tipo 'tu sei così,
tu sei cosà...' che non sono gli altri, ovviamente ad appiccicarmi sulla pelliccetta, ma io stessa.
Una vita di definizioni che vedo poi riflessa nei volti,
nelle espressioni, nei pensieri e nelle parole di chi 'mi conosce' e è probabile che io faccia lo stesso con loro.
E siccome gli orizzonti vanno
allargati, e la coscienza pure e la consapevolezza pure, le barriere
vanno abbattute e non è un compito facile, frequentare
persone sconosciute è un modo.
Il pericolo più grande è quello di
definirsi subito, con frasi
del tipo 'questo non lo so fare, tu non mi conosci ecco perché mi
chiedi di fare questo, no, io sono un disastro, no io sono...'.
Io sono. Queste due parole insieme,
possono essere una meraviglia o un disastro. Se si usano per
autolimitarsi di continuo, cosa che io so fare benissimo (e questo
che ho appena detto è un esempio) possono fare molti danni.
E non è un trionfo dell'ego. È un
modo per andare oltre e raggiungere quel luogo puro in cui non
esistono sovrastrutture inutili e si raggiunge l'essere essenziale
che invece conosce la strada e non dice 'io non lo so fare, io non
posso'.
Tutto questo per dire che qui mi hanno
messo tra le zampine una telecamera subacquea e il mio compito era
riprendere le tartarughe liberate.
Io ci ho provato a dire che non era un
compito per me, perché come ho spiegato, i limiti sono in noi, non
negli altri. Gli altri li riflettono soltanto.
E allora sono andata. E se sulle prime
due ho ripreso poco o niente, sulla terza ho fatto un piccolo
capolavoro, perché l'ho anche seguita.
Per scoprire che le tartarughe sono
velocissime, una volta in mare immediatamente sembrano dimenticare
dove si trovavano fino all'istante prima e non si voltano mai
indietro, in mare sono bellissime e l'immagine della libertà ti si stampa
sul cuore e negli occhi e capisci che non c'è nulla di più
importante nella vita che essere liberi.
Le tartarughe che filano via, nel
mare profondo e azzurro brillante nonostante sia alto,
mentre io sono lì con loro, a condividere un momento così
importante, è un'emozione che non dimenticherò mai.
Finita tutta la faccenda naturalmente
avevo il terrore di vedere i risultati del mio operato. Primo su
tutti che avessi ripreso solo la mia faccia.
Invece, dopo averlo visto, mi sono
anche data un voto che ho dichiarato a tutti.
Otto.
E ne sono fiera.
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