Piano piano riparte, ma lo so, perché riparta davvero devo tornare nella city.
O forse anche questa è una scusa.
E poi mi vengono mille dubbi, sui metodi che uso, sulle domande che non mi faccio, sui piani che non riesco a fare, sul mio modo disordinato di scrivere, sulla mancanza di un punto di arrivo, e so che l'unica risposta sta nel fare, che solo facendo capirò qual è il mio metodo.
Ma forse no.
Viene prima il metodo o prima il fare?
Un passo alla volta.
Ma quale passo?
Qual è quello giusto e ce n'è uno giusto e uno sbagliato?
E...
Non faccio che riempirmi di tutte queste domande, che si acquietano solo mentre scrivo, per tornare alla carica appena smetto.
È così importante sapere dove andare?
È proprio vero che esiste un solo metodo per tutti?
Perché io ci ho provato e a fare una scaletta non ci riesco. Proprio non ce la faccio.
Io non lo so cosa vuole fare il mio personaggio, devo seguirlo perché le mie vaghe sensazioni acquistino una certa concretezza. E non ho che questo, vaghe sensazioni.
È il personaggio che traccia la sua strada, o forse lo facciamo insieme, ma non so cosa farà nel prossimo passo, se prima non avrà compiuto questo.
Perché le mie storie, brutte o belle che siano, importanti o meno, sono racchiuse nel personaggio, solo lui può crearle, svilupparle e se non cresce lui stesso, le storie rimangono incastrate al suo interno, come in un bozzolo che non si apre.
Se lui non cammina, anche la storia rimane ferma.
Cosa posso farci?
Io un altro modo per ora non riesco a trovarlo, posso solo seguire un filo che mi porta. E lo so che essere portati del tutto non va bene, ma è anche vero che sono io che scrivo, quindi chi mi porta può farlo solo attraverso me.
Senza di me, non potrebbe esistere.
Quindi forse ho risposto alle mie domande, ma so che continuerò a farmele e so che capirò solo facendo e che questo è un giro vizioso.
Ma qual è il problema, in fondo?
Che tipo di paura dovrei avere?
Eppure ne ho.
O forse anche questa è una scusa.
E poi mi vengono mille dubbi, sui metodi che uso, sulle domande che non mi faccio, sui piani che non riesco a fare, sul mio modo disordinato di scrivere, sulla mancanza di un punto di arrivo, e so che l'unica risposta sta nel fare, che solo facendo capirò qual è il mio metodo.
Ma forse no.
Viene prima il metodo o prima il fare?
Un passo alla volta.
Ma quale passo?
Qual è quello giusto e ce n'è uno giusto e uno sbagliato?
E...
Non faccio che riempirmi di tutte queste domande, che si acquietano solo mentre scrivo, per tornare alla carica appena smetto.
È così importante sapere dove andare?
È proprio vero che esiste un solo metodo per tutti?
Perché io ci ho provato e a fare una scaletta non ci riesco. Proprio non ce la faccio.
Io non lo so cosa vuole fare il mio personaggio, devo seguirlo perché le mie vaghe sensazioni acquistino una certa concretezza. E non ho che questo, vaghe sensazioni.
È il personaggio che traccia la sua strada, o forse lo facciamo insieme, ma non so cosa farà nel prossimo passo, se prima non avrà compiuto questo.
Perché le mie storie, brutte o belle che siano, importanti o meno, sono racchiuse nel personaggio, solo lui può crearle, svilupparle e se non cresce lui stesso, le storie rimangono incastrate al suo interno, come in un bozzolo che non si apre.
Se lui non cammina, anche la storia rimane ferma.
Cosa posso farci?
Io un altro modo per ora non riesco a trovarlo, posso solo seguire un filo che mi porta. E lo so che essere portati del tutto non va bene, ma è anche vero che sono io che scrivo, quindi chi mi porta può farlo solo attraverso me.
Senza di me, non potrebbe esistere.
Quindi forse ho risposto alle mie domande, ma so che continuerò a farmele e so che capirò solo facendo e che questo è un giro vizioso.
Ma qual è il problema, in fondo?
Che tipo di paura dovrei avere?
Eppure ne ho.
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