Accade questo.
Quando vado nella casina sul mare sono felice di arrivare e dispiaciuta di ripartire.
Quando arrivo nella city sono felice di arrivare e dispiaciuta di ripartire.
Direi che la situazione è equilibrata.
Detto questo, ieri il mio viaggio era appena iniziato che grosse gocciolone d'acqua hanno iniziato a bussare nei vetri chiedendo ripetutamente di entrare, senza alcun riguardo per i vetri né per le facce che c'erano dietro. Era un'acqua prepotente, che però nessuno ha fatto entrare perché con la prepotenza si va poco lontano.
Nel vagone c'era un tale freddo che tutti quelli che viaggiavano con me si erano trasformati in orsi polari. Io, siccome fino a poco prima ero sull'acqua e non c'era posto nella mia testa ventosa per riflettere su temperature diverse, ho adottato il metodo che in queste circostanze funziona. Penso di essere al caldo e fortifico la pelliccetta naturale. Dopo un po' il freddo per me non era più un problema. Del resto il tempo passato a riflettere sulle temperature è sprecato.
Però, scendendo dal treno mi aspettavo di trovare il caldo, e di provare quella sensazione che in estate, quando si esce da un frigorifero, fa apprezzare le altissime temperature per una manciata di secondi e si rabbrividisce di piacere anche se fa caldissimo. Marcel impiegherebbe circa due pagine e mezzo del Kindle per descrivere questa sensazione. Ecco, nella city invece c'era freddo anche fuori, ma non pioveva più.
Caspita, sono giunta nell'inverno, ho pensato.
Ma tanto per farmi capire che ero in errore e che saltare a conclusioni affrettate non è buona abitudine, mi ha regalato un arcobaleno sul ponte e un cielo di quelli che si ricordano a lungo, anche senza fotografarli.
I miei piedi si sono inzuppati d'acqua, perché le scarpe sono tutte rotte, ma i vari pezzi, non so bene come, si tengono insieme e io non le butterò via finché non si separeranno l'uno dall'altro, perché mi piacciono così. Ma non posso affidarmi a loro per lunghi percorsi, tipo una vacanza ecco.
Poi ho ritirato un libro (come se ne avessi pochi) e ho scoperto che la copertina è molto simile all'ultimo quadro che ho fatto, quindi credo che mi abbiano copiato, anche se il mio quadro non l'ha visto nessuno.
E poi ho deciso che farò un piano di lavoro per l'inverno, con tutte le attività che voglio portare avanti, perché come mi ha detto il mastro biciclettaio quando mi spiegava i percorsi, se guardi il sasso davanti alla ruota è sicuro che ci inciampi, per scegliere il percorso devi alzare lo sguardo almeno venti metri avanti a te.
I piani in genere mi riescono bene e mi diverto anche a farli. È mantenerli che mi riesce leggermente più difficile.
Intanto nel we sarò di nuovo sulla costa perché ho promesso di presenziare ai campionati di wind surf. Io naturalmente vorrei stare in mezzo al mare a vederli ma qualcosa mi dice che finirò a fare panini e pane al pomodoro.
Non partecipo giusto per non farli sfigurare.
Quando vado nella casina sul mare sono felice di arrivare e dispiaciuta di ripartire.
Quando arrivo nella city sono felice di arrivare e dispiaciuta di ripartire.
Direi che la situazione è equilibrata.
Detto questo, ieri il mio viaggio era appena iniziato che grosse gocciolone d'acqua hanno iniziato a bussare nei vetri chiedendo ripetutamente di entrare, senza alcun riguardo per i vetri né per le facce che c'erano dietro. Era un'acqua prepotente, che però nessuno ha fatto entrare perché con la prepotenza si va poco lontano.
Nel vagone c'era un tale freddo che tutti quelli che viaggiavano con me si erano trasformati in orsi polari. Io, siccome fino a poco prima ero sull'acqua e non c'era posto nella mia testa ventosa per riflettere su temperature diverse, ho adottato il metodo che in queste circostanze funziona. Penso di essere al caldo e fortifico la pelliccetta naturale. Dopo un po' il freddo per me non era più un problema. Del resto il tempo passato a riflettere sulle temperature è sprecato.
Però, scendendo dal treno mi aspettavo di trovare il caldo, e di provare quella sensazione che in estate, quando si esce da un frigorifero, fa apprezzare le altissime temperature per una manciata di secondi e si rabbrividisce di piacere anche se fa caldissimo. Marcel impiegherebbe circa due pagine e mezzo del Kindle per descrivere questa sensazione. Ecco, nella city invece c'era freddo anche fuori, ma non pioveva più.
Caspita, sono giunta nell'inverno, ho pensato.
Ma tanto per farmi capire che ero in errore e che saltare a conclusioni affrettate non è buona abitudine, mi ha regalato un arcobaleno sul ponte e un cielo di quelli che si ricordano a lungo, anche senza fotografarli.
I miei piedi si sono inzuppati d'acqua, perché le scarpe sono tutte rotte, ma i vari pezzi, non so bene come, si tengono insieme e io non le butterò via finché non si separeranno l'uno dall'altro, perché mi piacciono così. Ma non posso affidarmi a loro per lunghi percorsi, tipo una vacanza ecco.
Poi ho ritirato un libro (come se ne avessi pochi) e ho scoperto che la copertina è molto simile all'ultimo quadro che ho fatto, quindi credo che mi abbiano copiato, anche se il mio quadro non l'ha visto nessuno.
E poi ho deciso che farò un piano di lavoro per l'inverno, con tutte le attività che voglio portare avanti, perché come mi ha detto il mastro biciclettaio quando mi spiegava i percorsi, se guardi il sasso davanti alla ruota è sicuro che ci inciampi, per scegliere il percorso devi alzare lo sguardo almeno venti metri avanti a te.
I piani in genere mi riescono bene e mi diverto anche a farli. È mantenerli che mi riesce leggermente più difficile.
Intanto nel we sarò di nuovo sulla costa perché ho promesso di presenziare ai campionati di wind surf. Io naturalmente vorrei stare in mezzo al mare a vederli ma qualcosa mi dice che finirò a fare panini e pane al pomodoro.
Non partecipo giusto per non farli sfigurare.
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