'Ecco talpa, ti annoiavi?'
Il mare ieri è passato da un livello quasi uno a un livello tre quasi quattro.
Lì per lì pensavo si fosse imbizzito dopo aver letto il mio post, ma poi ho capito che forse non era così.
I primi due giorni che sono uscita da sola mi ha fornito un mare piatto e un vento lieve, per farmi acquistare fiducia. Perché se mi avesse dato subito le condizioni di ieri, mi sarei imbizzita, spaventata e non sarei più uscita. Lui, conoscendo il mio caratteraccio, ha deciso di accompagnarmi, in mancanza dell'insegnante, in questo percorso solitario.
Perché lì sulla spiaggia tutti erano tranquilli, presi dalle loro attività e indifferenti, come deve essere, alle mie prove di coraggio, di abilità, di carattere, di talposità a trecentossessanta gradi. Lì il mondo non era cambiato, mentre tra me, il mare e la tavola succedeva di tutto, anche se non saprei definire 'tutto'.
Ieri il vento ci ha provato a strapparmi la vela di mano 'dammela', 'no!' e infatti non gliel'ho data.
Però sono caduta in una trappola, che è quella del non cadere.
Siccome i primi tempi passavo più tempo a galleggiare e a ritirare su la vela, quando ho visto che riuscivo a stare sulla tavola, mi è sembrato un salto grandissimo e ho voluto mantenerlo quel salto. Cercando di non cadere.
E così è stato. Sono tre giorni che non cado.
Ma se voglio andare avanti e imparare a fare le manovre più veloci e altre cose che neanche so, devo riprendere a cadere.
Perché per un po' è bello non finire in acqua, ma se poi diventa l'unico obiettivo, si rimane lì, incastrati fra parametri di equilibrio asciutti e tranquilli, convinti di fare progressi, mentre l'unico progresso che si sta facendo è quello di sudare invece di fare un bel bagno.
I parametri di equilibrio vanno scomposti e messi in discussione di continuo.
Quindi cadere deve essere l'obiettivo e non rimanere sulla tavola.
Certo che così non ci si capisce niente, però. Dice la talpa che è in me.
È proprio così che deve essere.
Perché è dal caos che nasce una stella danzante.
Dalla stasi, non nasce un bel niente.
E quindi ieri, mentre pensavo 'non devo cadere non devo cadere non devo cadere' e stavo attenta con mani, piedini e tutto il resto, di colpo mi sono sentita prigioniera di una stupida conquista.
Invece sì che devo cadere.
Intanto oggi torno nella city e ieri, salutando la tavola e la vela che sono state mie amiche in questi giorni e legandole a una boa, mi ci è venuto un groppo in gola e ho dovuto trattenere una lacrimuccia, che ora è lì che vaga dentro di me, quindi forse sarebbe stato meglio lasciarla cadere nel mare, accanto alla tavola.
Il mare ieri è passato da un livello quasi uno a un livello tre quasi quattro.
Lì per lì pensavo si fosse imbizzito dopo aver letto il mio post, ma poi ho capito che forse non era così.
I primi due giorni che sono uscita da sola mi ha fornito un mare piatto e un vento lieve, per farmi acquistare fiducia. Perché se mi avesse dato subito le condizioni di ieri, mi sarei imbizzita, spaventata e non sarei più uscita. Lui, conoscendo il mio caratteraccio, ha deciso di accompagnarmi, in mancanza dell'insegnante, in questo percorso solitario.
Perché lì sulla spiaggia tutti erano tranquilli, presi dalle loro attività e indifferenti, come deve essere, alle mie prove di coraggio, di abilità, di carattere, di talposità a trecentossessanta gradi. Lì il mondo non era cambiato, mentre tra me, il mare e la tavola succedeva di tutto, anche se non saprei definire 'tutto'.
Ieri il vento ci ha provato a strapparmi la vela di mano 'dammela', 'no!' e infatti non gliel'ho data.
Però sono caduta in una trappola, che è quella del non cadere.
Siccome i primi tempi passavo più tempo a galleggiare e a ritirare su la vela, quando ho visto che riuscivo a stare sulla tavola, mi è sembrato un salto grandissimo e ho voluto mantenerlo quel salto. Cercando di non cadere.
E così è stato. Sono tre giorni che non cado.
Ma se voglio andare avanti e imparare a fare le manovre più veloci e altre cose che neanche so, devo riprendere a cadere.
Perché per un po' è bello non finire in acqua, ma se poi diventa l'unico obiettivo, si rimane lì, incastrati fra parametri di equilibrio asciutti e tranquilli, convinti di fare progressi, mentre l'unico progresso che si sta facendo è quello di sudare invece di fare un bel bagno.
I parametri di equilibrio vanno scomposti e messi in discussione di continuo.
Quindi cadere deve essere l'obiettivo e non rimanere sulla tavola.
Certo che così non ci si capisce niente, però. Dice la talpa che è in me.
È proprio così che deve essere.
Perché è dal caos che nasce una stella danzante.
Dalla stasi, non nasce un bel niente.
E quindi ieri, mentre pensavo 'non devo cadere non devo cadere non devo cadere' e stavo attenta con mani, piedini e tutto il resto, di colpo mi sono sentita prigioniera di una stupida conquista.
Invece sì che devo cadere.
Intanto oggi torno nella city e ieri, salutando la tavola e la vela che sono state mie amiche in questi giorni e legandole a una boa, mi ci è venuto un groppo in gola e ho dovuto trattenere una lacrimuccia, che ora è lì che vaga dentro di me, quindi forse sarebbe stato meglio lasciarla cadere nel mare, accanto alla tavola.
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