Sunday, September 7, 2014

Il ritiro della talpa.

Mentre pedalavo lungo la pista automatica per recarmi al luogo della regatina, mi affianca una bici. Non la vedevo ma solo a sentirla si capiva che era una di quelle serie, che scalpitano a stare dietro a quelli come me.
Però non mi superava.
'Vai!'. Pensavo io.
Poi mi affianca e anziché superarmi, come pensavo e speravo, mi afferra per una spalla e inizia a tirarmi.
Ma chi è questo? Che faccio, gli tiro una pedata e lo butto nel fosso, mi scrollo e gli faccio perdere l'equilibrio, infilo la mia ruota nella sua, gli lancio la bici addosso mentre scendo, lo maltratto verbalmente, lo prendo per la maglietta e lo tiro giù dalla bici...'
Ma i miei pensieri vengono interrotti da un 'Non avere paura, dai, vai vai!'. E poi 'Sono io!' Perché doveva avermi vista un po' perplessa.
Era il mastro biciclettaio e sulla paura non si riferiva ai miei pensieri assassini ma alla velocità.
'Dove vai?'. Mi fa, mentre mi tira rischiando di farmi scatafasciare.
'A fare una regata col wind surf'.
'Va bene, io giro di qua, ciao'.
E dopo un secondo è sparito, schifato dalla mia lentezza e dallo sport che stavo andando ad esercitare, sulle acque e non sulle piste, su una tavola e non su due ruote.
Però io ci ho visto un segno. Vincerò la regata, mi sono detta, perché il mastro mi ha detto di non avere paura, vai vai e anche se lui si riferiva alla bici, io lo posso piazzare dove voglio.
Ma mi sa che c'è stato un erroruccio.
Perché non solo non ho vinto, mi sono ritirata dopo i primi due bordi.
Prima di iniziare mi era già passata tutta la voglia perché tutto quel fermento mi creava ansia e io sono contro l'ansia.
I due minuti alla partenza mi facevano venire addirittura la tachicardia, tanto più che io ero ancora di poppa che cercavo di raggiungere una postazione decente per partire.
Poi lei mi ha urlato parti e nei primi due bordi sono caduta due volte e dice che di bolina tutte le volte che caschi perdi quello che hai guadagnato, in termini di distanza e poi mi sono quasi fracassata contro la prua di una nave parcheggiata e poi ho dato una botta con la gamba che quando sono risalita credevo potesse smettere di sostenermi per la vita e ho iniziato a pensare che sono una danzatrice e le gambe mi servono.
Allora mi sono seduta sulla tavola, perché ho capito che la mia energia era negativa e con quella non si va da nessuna parte, e che a me i tempi, le partenze, gli allineamenti, le velocità e le azzuffate per arrivare tutti a una stessa boa, mentre il mondo ne è pieno, mi danno ansia e zero divertimento.
Non tutti siamo nati per le gare.
Quindi, quando è venuto il gommone per portarmi a prendere la vela più piccola, perché loro vorrebbero sempre farti ripartire e questo è bello, io ho risposto che per oggi ne avevo abbastanza.
Tornando a casa sulla mia bici, felice di essermi liberata da tutta quell'ansia, ho pensato perfino che il mio non voler mai gareggiare potesse nascondere un desiderio opposto, tipo che sono talmente competitiva da aver paura di perdere.
Perché Marcel mi insegna a vedere le pulsioni dell'animo mascherate.
Però non ho ricordo nella mia vita, anche quando ero una piccola bambina, di aver provato piacere nel vincere. Non me ne è mai importato nulla, mi piaceva moltissimo giocare, ma vincere non mi interessava.
E in ogni caso, anche se fosse così, non credo sia un problema di cui dovrei preoccuparmi.
Lottare con una boa, per imparare a girarci intorno, per me è più che sufficiente.
Sulla via del ritorno, a metà percorso, in una piazza, proprio mentre arrivavo, hanno cominciato a suonare l'inno e questa mi è sembrata un'ironia del tutto fuori luogo, da parte dell'universo.
A meno che non volesse dirmi che sono ugualmente vincitrice.
Ma di cosa, esattamente?

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