Friday, April 8, 2016

Finalmente.

Ieri mi è toccato un po' perdermi.
Quanto è questo po'?
Non proprio pochissimo, perché la misura di quanto ci si è persi la dà la quantità di piacere nel ritrovarsi. Da questo capisco che mi ero persa un bel po'.
Perché.
Essere qui seduta a scrivere nel mio blog mi dà gioia pura e lo amo. 
Vedere le mie mani mi dà gioia.
Sento il bisogno profondo di riancorarmi alle mie cose, cioè di scrivere e disegnare, cosa che fra poco farò. Fra poco però.
Stamattina sono andata a lezione, anche se la mia energia non era al massimo e era la tipica situazione in cui avrei detto 'ma no, oggi me ne sto qui e vado domani'. Stamattina sono andata e basta, perché aspettare che l'energia sia giusta per fare le cose è una stupida trappola. Se ci si casca dentro si passa la vita ad aspettare e io che sono la regina dell'impazienza di questa roba me ne intendo. 
Aspettare le condizioni giuste serve solo a rimandare, perché sono già qui e ora e se non ci sono ancora, allora si formano facendo, non aspettando. Ecco perché oggi era molto meglio stare alla sbarra che restare a guardarla da lontano, aspettando momenti migliori.
Anche questa anomala lucidità mi dà la misura del disorientamento.
Ieri ho fatto un viaggio, sia fisico che metaforico.
Il significato di questo metaforico però non lo conosco. Cioè, non so a cosa questa ipotetica metafora si riferisca. So che non era solo un viaggio fisico, ma quale altro tipo di viaggio abbia fatto dentro a quello fisico e dove mi abbia portato non lo so.
Da qualche parte ho letto che quando non sai bene cosa fare, puoi cominciare col definire cosa non vuoi fare. Ecco, io cosa voglio fare non lo so, perché non lo so quasi mai, ma sapevo bene che quel qualcosa che faceva parte della mia vita non lo volevo più. 
In fondo si tratta di una sciocchezza, di poca cosa, ma qui entra in gioco il viaggio metaforico. A volte una scelta si porta dietro roba molto più profonda.
Ieri ho riguardato negli occhi un mondo di cui mi ero un po' dimenticata e che non mi appartiene. Un mondo che ti può anche abbindolare, se te ne lasci affascinare. Ma chiunque abbia letto una manciata di fiabe sa che il genio della lampada andrebbe evitato come la peste.
Quando lui esce, tutto blu, enorme e dice 'talpa, sono qui per te, esprimi pure i tuoi tre desideri e io li esaudirò', la talpa deve semplicemente rispondere 'no, grazie, signor genio, io ho già tutto quel che mi serve, quindi ti ringrazio, ma torna pure nella lampada e passa una buona giornata. Ciao ciao'.
Questo si deve fare con i geni. E io questo ho fatto.
Questa specie di genio di fronte alla mia (secondo lui) scelleratezza, ha chiesto se avessi qualcuno che mi consigliasse, se fossi in qualche modo assistita. Se fossi stata un uomo nessuno si sarebbe mai permesso di farmi una domanda simile. Ma non mi sono imbizzita, perché in tutto il giorno avrò detto dieci parole e perché ieri ho capito che quella guerriera che ero nella vita precedente è ancora ben presente e che a volte il modo migliore per essere una guerriera non è combattere, ma ritirarsi.
Questo ho fatto, mi sono ritirata e sono rimasta a guardare. Vecchi schemi, vecchie forme di pensieri, vecchi mondi, in cui, ancora una volta, il mio non trovava spazio e per mio intendo semplicemente ciò che sono e ciò che conta per me.
E cosa è che conta per me?
Questo conta, questo posto dove sono seduta ora, queste mie mani, la mia sbarra di stamattina. Conta quel che sono.
Conta Paperino che mi fa da guida e la leggerezza e le mie bizze con TT e soprattutto conta il sapere, ora, che anche se non conta per nessun altro al mondo, non importa, perché l'importante è che conti per me.
Dalla talpa guerriera, che è molto felice di essere qui, è tutto.
Per ora.

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