Saturday, April 30, 2016

Piccoli inconvenienti.

Da quando ho ripreso a strimpellare la mia chitarrina, la mia cucina è peggiorata.
Nemmeno io credevo fosse possibile, pensavo non ci fosse margine di peggioramento, invece c'era. La pasta scuoce puntualmente e le spinacine ne escono ancora più carbonizzate. Per fortuna non cucino quasi altro, quindi i danni culinari si fermano qui, un danno tutto sommato sopportabile, considerando che la ricompensa consiste nel diventare una grande musicista. Cosa vuoi che sia un po' di sbruciacchiato e di pasta molliccia, in confronto?
Il motivo per cui le due cose sono correlate in un progresso inversamente proporzionale è che, appena metto qualcosa sul fuoco, decido di utilizzare quel noioso tempo di attesa per esercitarmi nell'arte della chitarra. Alla fine la mia linea di apprendimento si conterà sulla base del numero di spinacine bruciate e di pasta immangiabile. Se credessi nel sacrificio come punizione necessaria alla ricompensa, il tutto potrebbe avere un senso, ma purtroppo non la penso così, anzi credo esattamente il contrario. Nonostante questo, il mio cibo continua a bruciare.  E io continuo a suonare.
E a imparare?
Ehm.
Oggi ho cercato di inserire il metronomo. C'è un vantaggio nel fatto di aver ripetuto così tante volte la prima settimana del corso, ed è che il signor Thaddeus nella prima lezione elenca gli oggetti fondamentali, che io naturalmente mi ero affrettata a comprare, a parte la chitarra (classica) che avevo già.
Lui dice che senza metronomo non si può vivere. Fondamentale lo chiama. Figuriamoci se non correvo a comprarlo e se mi rassegnavo a vivere senza.
Ma quella scatolina grigia con quel tic tic mi fa venire un'ansia che poche cose nella vita mi hanno generato con tale intensità e allo stesso modo del canto, quando lo accendo, anziché guidarmi e sostenermi, mi manda in tilt e quel che prima, senza di lui, almeno un po' riuscivo a farlo, me lo fa sparire. Tra un tic e l'altro a me non mi ci sta niente. All'inizio credevo bastasse diminuire la velocità per ovviare a tale problema, anche se questo significa suonare una nota ogni mezz'ora e addormentarsi sulla chitarra, ma neppure questo funziona, perché al primo tic il mio cervello si impalla, le dita si intrecciano e prima che capisca cosa devo fare, l'latro tic sopraggiunge, inesorabile.
Io la scatolina grigia che si chiama metronomo, la odio.
Io voglio suonare senza tempo, a modo mio.
Però quando lo faccio, non mi sento tranquilla.
Non lo sono con l'oggetto infernale e non lo sono senza.
E allora mi ripongo la solita domanda: perché insisto a cimentarmi in imprese che sono chiaramente al di sopra delle mie possibilità?
Non ho mai trovato una risposta a questa domanda e qualcosa mi dice che non la troverò mai e qualcos'altro mi dice che continuerò a confrontarmi con queste prove impossibili e a bruciare le spinacine.

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