Dunque.
Io ora, che sono quasi le due, dovrei mettermi a lavorare.
Ma mi riesce un po' difficile, non solo mentalmente, anche fisicamente, perché non riesco a stare seduta. Non si tratta di inquietudine o che so io, ma piuttosto di una certa allegria del corpo che non mi permette di stare in una sola posizione.
Non ci sono riuscita per mangiare, figuriamoci se ce la posso fare per scrivere. Mentre pranzavo mi sono alzata una decina di volte, per cambiare musica, nonostante abbia anche un telecomando, per provare l'equilibrio sul primo e secondo dito, per sentire le gambe... già loro.
Perché oggi, dopo quattro giorni di scuola chiusa, sono tornata a lezione. La mia insegnante, durante il nostro panciolle non è stata ferma, ma è andata a fare un corso alla scala e ne è tornata piuttosto rinvigorita. Io la adoro la mia insegnante. Anche se oggi, mentre si accaniva sulle mie ginocchia, mi ha detto 'ho parlato anche delle tue gambe alla scala'.
Ecco. Non ho chiesto cosa avesse detto di loro, ho preferito non approfondire. Alcuni (non so bene chi) dicono che è bene che si parli di noi, bene o male non importa, purché se ne parli. Io ci ho pensato a questa cosa qui, se mi piacerebbe che si parlasse di me o no, senza stare a considerare per il momento il bene o il male, che forse è vero che è irrilevante e sono arrivata alla conclusione che no, non credo che mi piaccia e ho capito anche che la mia condizione ideale sarebbe che, dopo ogni mia apparizione nel mondo, ci si dimenticasse della mia esistenza. Finché ci sono, bene e quando non ci sono, come se non fossi mai esistita. Questo mi piacerebbe.
Comunque, per tornare a loro, il tenore del discorso sulle mie gambe alla scala credo sia stato tipo quello che potrebbero avere i signori British, a Dawnton Talp, dopo la mia miserevole, seppur coraggiosa, prova.
'Cara, ma te la ricordi quella straniera, italiana, che è venuta qui a leggere? Poverina, quanto non avrei voluto essere nei suoi panni. A un certo punto ho creduto proprio di doverla soccorrere con dei sali. Beviamoci sopra un tè e non pensiamoci più, certe cose non meritano di essere ricordate e poi non credo facciano bene alla pelle'.
La cosa bizzarra è che, nonostante questo, io persista.
Perché dentro di me, in realtà, io vorrei imparare a danzare come la Zakharova, a scrivere come Murakami Haruki, a disegnare come Leonardo da Vinci, che è mio amico, a dipingere come Matisse, a suonare come Ben Harper e forse tante altre cose che ora non mi vengono in mente.
Diciamo che se fossi una che si accontenta facilmente, potrebbe bastare, ma invece non è così. Perché c'è un inghippo, che rende tutto molto più complicato. Ed è che invece l'unica persona che devo cercare di imitare sono io, me stessa, me medesima.
E il motivo, tanto semplice quanto difficile è la sua messa in atto, è che nessuno può fare me meglio di quanto non possa fare io.
Questo rende tutto davvero molto complicato.
Ma ci proverò, perché la talpa ci prova sempre. Diciamo quasi sempre.
Io ora, che sono quasi le due, dovrei mettermi a lavorare.
Ma mi riesce un po' difficile, non solo mentalmente, anche fisicamente, perché non riesco a stare seduta. Non si tratta di inquietudine o che so io, ma piuttosto di una certa allegria del corpo che non mi permette di stare in una sola posizione.
Non ci sono riuscita per mangiare, figuriamoci se ce la posso fare per scrivere. Mentre pranzavo mi sono alzata una decina di volte, per cambiare musica, nonostante abbia anche un telecomando, per provare l'equilibrio sul primo e secondo dito, per sentire le gambe... già loro.
Perché oggi, dopo quattro giorni di scuola chiusa, sono tornata a lezione. La mia insegnante, durante il nostro panciolle non è stata ferma, ma è andata a fare un corso alla scala e ne è tornata piuttosto rinvigorita. Io la adoro la mia insegnante. Anche se oggi, mentre si accaniva sulle mie ginocchia, mi ha detto 'ho parlato anche delle tue gambe alla scala'.
Ecco. Non ho chiesto cosa avesse detto di loro, ho preferito non approfondire. Alcuni (non so bene chi) dicono che è bene che si parli di noi, bene o male non importa, purché se ne parli. Io ci ho pensato a questa cosa qui, se mi piacerebbe che si parlasse di me o no, senza stare a considerare per il momento il bene o il male, che forse è vero che è irrilevante e sono arrivata alla conclusione che no, non credo che mi piaccia e ho capito anche che la mia condizione ideale sarebbe che, dopo ogni mia apparizione nel mondo, ci si dimenticasse della mia esistenza. Finché ci sono, bene e quando non ci sono, come se non fossi mai esistita. Questo mi piacerebbe.
Comunque, per tornare a loro, il tenore del discorso sulle mie gambe alla scala credo sia stato tipo quello che potrebbero avere i signori British, a Dawnton Talp, dopo la mia miserevole, seppur coraggiosa, prova.
'Cara, ma te la ricordi quella straniera, italiana, che è venuta qui a leggere? Poverina, quanto non avrei voluto essere nei suoi panni. A un certo punto ho creduto proprio di doverla soccorrere con dei sali. Beviamoci sopra un tè e non pensiamoci più, certe cose non meritano di essere ricordate e poi non credo facciano bene alla pelle'.
La cosa bizzarra è che, nonostante questo, io persista.
Perché dentro di me, in realtà, io vorrei imparare a danzare come la Zakharova, a scrivere come Murakami Haruki, a disegnare come Leonardo da Vinci, che è mio amico, a dipingere come Matisse, a suonare come Ben Harper e forse tante altre cose che ora non mi vengono in mente.
Diciamo che se fossi una che si accontenta facilmente, potrebbe bastare, ma invece non è così. Perché c'è un inghippo, che rende tutto molto più complicato. Ed è che invece l'unica persona che devo cercare di imitare sono io, me stessa, me medesima.
E il motivo, tanto semplice quanto difficile è la sua messa in atto, è che nessuno può fare me meglio di quanto non possa fare io.
Questo rende tutto davvero molto complicato.
Ma ci proverò, perché la talpa ci prova sempre. Diciamo quasi sempre.
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